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Anno V n° 11 NOVEMBRE 2009 - EVENTI Mostra di fotografia |
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La mostra - promossa dal Comune di Milano, prodotta da Palazzo Reale e Civita, ideata e curata da Tanja Solci - propone un’eccezionale raccolta di quasi 200 scatti che accompagnano il visitatore in un racconto, che si snoda in un percorso dove volti, colori, paesaggi e luci, pervasi da una magica atmosfera, segnano l’identità di paesi come l’Afghanistan, l’India, il Tibet, la Birmania, colti attraverso l’obiettivo di uno dei maestri del fotogiornalismo, premiato già due volte con il World Press Photo Awards, il premio Nobel della fotografia. Nata e pensata per Milano, da un team interamente milanese, la mostra è la narrazione del viaggio silenzioso che Steve McCurry ha più volte intrapreso nel Sud e nell’Est del mondo - da qui il titolo - dove si è trasformato in osservatore per renderci testimoni di luoghi che sembrano non incrociare il nostro sguardo. “La sequenza di immagini presentata nella mostra SUD-EST – afferma Steve McCurry - evoca l’ampio mosaico dell’esperienza umana e i miei incontri casuali con sagome e ombre, acqua e luce. Ho voluto trasmettere al visitatore il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell’essere estraneo si mescola alla gioia della familiarità”. “Con questa prima grande personale di Steve McCurry abbiamo voluto offrire uno schermo per una storia, una scena per un racconto per accogliere gli sguardi e i volti di una trentennale carriera d’artista votata alla bellezza e all’impegno – spiega l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Massimiliano Finazzer Flory - Attraverso un viaggio reale e uno simbolico, possiamo cogliere negli scatti profondi, drammatici, ma anche liberatori e intrisi di sorrisi e silenzi, lo specchio dell’anima sia di un’infanzia rubata, sia di quella poetica tragicità che ha accompagnato la storia dei popoli che vivono a Sud-Est. Un invito a riflettere sull’Altro, sul senso di appartenenza, identità e accoglienza fra le culture e le civiltà. Continua così a Palazzo della Ragione un affascinante percorso incentrato sull’arte della fotografia”.
Le 200 fotografie rompono il tradizionale rapporto frontale con il visitatore. Il suggestivo allestimento di Peter Bottazzi propone metaforici rami di alberi in un’installazione appositamente pensata per Palazzo della Ragione. Uno spazio unico nel centro di Milano, sede del Comune dedicata alle mostre fotografiche. Ragazze afgane, monaci, bambini tibetani si animano in una fitta foresta dove tutto è sospeso. Si potrà camminare e immergersi nel mondo del fotografo americano fino quasi a sentire i rumori e gli odori del luoghi rappresentati. Si diventa scorci di realtà, mescolandosi alla bellezza del racconto fotografico e del mondo incontrato da McCurry. STEVE McCURRY SUD-EST Milano, Palazzo della Ragione (piazza Mercanti 1) 11 novembre 2009 - 31 gennaio 2010 Orari Da martedì a domenica h 9.30 - 19.30 Giovedì h 9.30 - 22.30 Lunedì h 14.30 - 19.30 La biglietteria chiude un’ora prima Biglietti € 8,00 intero € 6,50 ridotto under 18 e over 65, gruppi di minimo 15 - massimo 25 persone, titolari di coupon e convenzioni € 3,00 ridotto speciale scuole Gratuito per minori di 6 anni, un accompagnatore per gruppo, due insegnanti accompagnatori per classe, giornalisti, disabili e accompagnatore INFO: www.stevemcurrymilano.it tel. 02.43353522 servizi@civita.it Ideata e curata da Tanja Solci
Seconda sezione: Silence and travel. Tema portante della sezione è il viaggio attraverso le culture e il silenzio. Le fotografie di McCurry rappresentano persone in preghiera, scenari di silenzio. Lo spettatore segue e vive insieme all’artista non solo i suoi viaggi fisici nei differenti paesi che egli ha percorso ma anche lo stupore di fronte al rapporto dell’essere umano con l’Assoluto. Terza sezione: War. Proprio tornando da un viaggio in Tibet, era il 10 settembre 2001, Steve McCurry assiste il giorno dopo, dalla finestra del suo studio di New York, alla distruzione delle Torri Gemelle. Un passaggio improvviso e scioccante: dal silenzio del viaggio insieme al Dalai Lama alla scena del crollo delle torri. Le sue fotografie sono vicine ad altre fotografie, che raccontano anch’esse la guerra, la tragedia, il dramma dell’umanità contro l’umanità. Non c’è nessuna retorica in questa sezione. La tragedia è colma di “poesia”, il dolore viene trasfigurato dall’armonia delle immagini. Questo albero è il cuore della mostra. Bellezza e tragedia si intrecciano, comunicando il mistero della condizione umana sulla terra. Quarta sezione: Joy and life. È l’uscita dalla guerra. Le fotografie di McCurry immortalano scenari di allegria, intensità di colori, vita che scorre e fluisce. Anche qui non vi è retorica. La bellezza è bellezza poetica, come se l’interruzione della guerra non avesse potuto incidere sull’essenza della vita nei suoi strati più profondi e nei suoi gesti quotidiani. Quinta sezione: Children. La quinta sezione riporta lo spettatore a riflettere su uno dei temi più drammatici della storia dell’umanità: lo sfruttamento dei bambini, che vede nei bambini soldato l’apice della sua rappresentazione. La sezione indica anche che forse non può esistere autentica gioia senza piena consapevolezza del dolore. Le fotografie di bambini costretti a rinunciare alla propria infanzia sono penetranti: dallo stupore alla paura, dalla solitudine alla necessità di assumere uno sguardo adulto, innaturale. L’impianto della mostra si conclude con la sezione dal titolo Beauty. Qui s’incontrano tre immagini, una delle quali è il celebre scatto della bambina afgana dagli occhi verdi, diventata ormai un’icona della fotografia contemporanea. Le altre due sono anch’essi ritratti (una studentessa afgana con i libri in mano e una ragazza pakistana con uno scialle verde), che per il curatore testimoniano altre due icone femminili del nostro tempo attraverso l’opera di McCurry. Nel percorso saranno presentate tre ulteriori sezioni fotografiche, costruite come “cortometraggi”, con una fila ininterrotta di fotografie che compongo tre diverse storie: Monsoni, Aids, Ritratti. L’esposizione si avvale della preziosa partecipazione di Arnoldo Mosca Mondadori per l’elaborazione dei contenuti, di Stefano Senardi che ha seguito la costruzione della mostra fin dalla sua origine, Roberto Da Pozzo per la progettazione grafica e di Biba Giacchetti che con la sua agenzia SudEst57 segue le relazioni del fotografo in Italia. Sud-Est, il titolo della mostra è un omaggio allo stretto legame che McCurry ha con questa parte del mondo e con la sua agenzia italiana. Steve McCurry. Note biografiche Nato a Philadelphia nel 1950, Steve McCurry studia cinema e storia alla Pennsylvania State University.
Dopo tre anni decide di recarsi in India per qualche mese e comporre il suo primo vero portfolio con immagini di questo viaggio. Si ferma invece due anni e, dopo la pubblicazione del suo primo lavoro importante sull’Afghanistan, collabora con alcune delle riviste più prestigiose: Time, Life, Newsweek, Geo e il National Geographic. Inviato su mille fronti di guerra, da Beirut alla Cambogia, dal Kuwait all’ex Jugoslavia, all’Afghanistan, Steve McCurry si è sempre spinto in prima linea rischiando la vita pur di testimoniare gli effetti e le conseguenze dei conflitti in tutto il mondo. Membro dell’agenzia Magnum dal 1985, vincitore molti premi fotogiornalistici (tra cui alcuni World Press Photo Awards) autore del celeberrimo reportage sulla ragazza divenuta icona del conflitto afghano sulle pagine del National Geographic nel mondo, Steve McCurry è uno dei maestri contemporanei del fotogiornalismo. Ogni suo ritratto racchiude un complesso universo di esperienze, storie, emozioni, dolori, paure, speranze. «Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te», spiega McCurry. Veterano di National Geographic, sempre in viaggio, più facilmente in qualche parte dell’Asia che non in America, Steve McCurry ha fatto del viaggiare una sua dimensione di vita: «Perché già il solo viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse, mi procura gioia e mi dà una carica inesauribile».
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