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Anno V n° 11 NOVEMBRE 2009 TERZA PAGINA |
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La natura cambia pelle. E noi?
Di Adriana Libretti
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I tempi umani sono diversi da quelli del regno vegetale. Sarebbe meraviglioso rigenerarsi ogni anno, trasformarsi a fondo ciclicamente, germogliare. Ma noi siamo più lenti e più veloci al tempo stesso. Restii a cambiare dentro, rapidissimi nel consumare ogni attimo, ogni oggetto del desiderio, ogni stagione. Sfasati, forse l’aggettivo che ci si addice di più è questo. La saggezza, l’equilibrio non sembrano caratteristiche appartenenti alla nostra specie. La storia insegna che l’uomo, sostanzialmente, non cambia. Imperfetto com’è, aspira da sempre al potere assoluto. Ed è infelice. Eppure tanti sono i tentativi che mettiamo in atto per cercare di migliorarci, di raggiungere un certo benessere, almeno per qualche istante. Strategie psicologiche, esercizi fisici, meditazioni, trattamenti di vario genere. Ma gli squarci di cambiamento faticosamente conquistati vanno bruciati in un lampo per qualsiasi sciocchezza e ogni volta bisogna ricominciare tutto daccapo. Forse dovremmo fermarci. A guardare, ascoltare. Pochi sono quelli, tra noi, che riescono davvero ad essere empatici, a intuire cioè che cosa sta dietro alle parole dell’interlocutore, a sentire insieme a lui. Spesso chi fa una domanda non aspetta nemmeno la risposta. Meglio tacere, allora. E prendere a modello la natura, che non è sempre buona, ma quanto meno si guarda bene dal tradirsi da sola. La natura non può cambiare il proprio corso, l’uomo però la sta cambiando, cerca perfino di programmare le giornate di pioggia e quelle di sole: i nostri aerei spargono varie sostanze sulle nubi, al fine di governare i cieli. Governare noi stessi è l’ultimo dei pensieri. L’uomo è un animale pensante, possiede il grande dono della coscienza, è in grado di ipotizzare, di progettare il futuro. Ma non è l’unico abitante del pianeta, per fortuna; la dittatura antropocentrica è dannosa. Meglio sarebbe cambiare pelle interrogandosi, prima di compiere importanti scelte, assumendosi in pieno le responsabilità delle proprie, a volte devastanti, azioni. “Tu, tu che sei diverso, almeno tu nell’universo…” dice un noto brano di musica leggera. Diverso da come è stato finora come specie (non solo come maschio); è questa l’associazione che mi viene da fare al momento, mentre canticchio mentalmente, immaginandomi queste parole in bocca alla terra. Evoluto nella ragione e nello spirito. Ecco ciò che auspico per tutti noi, per l’uomo a venire e per l’universo. Foto di Daria Mascotto |
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