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Tremonti smentisce, ma... c'è poco da smentire!

La politica che viviamo è fatta di chiacchiere, boutade da istrioni e promesse non mantenibili. Intanto andiamo a fondo.

Di Giovanni Gelmini


23 Ottobre 2009 - Nel pomeriggio è stato diffuso dal MEF in un comunicato brevissimo e sconcertante:

    Comunicato Stampa N° 159 del 23 ottobre 2009
    Dichiarazione del Ministro dell'Economia e Finanze, Giulio Tremonti

    Produzione di note di agenzie a mezzo note di agenzie. Ho difficoltà a riconoscermi in questo tipo di catena produttiva. Per quanto mi riguarda nessuna delle note in circolazione corrisponde a verità.
    ————
    Roma, 23 ottobre 2009

Tutto qui, poche righe e nessun riferimento specifico. È evidente che Tremonti si riferisce alla serie di voci ed illazioni che lo davano per sconfitto e dimissionario (o dimissionato) dall'incarico di Ministro dell'Economia, dopo l'annuncio, fatto da Berlusconi in una lettera di saluto inviata all’assemblea della CNA (una delle associazioni di artigiani), di voler abolire l'IRAP.

Per un momento avevo pensato che Tremonti parlasse di tutte le sue affermazioni di solidità dei nostri conti, ma così non è! Appare evidente che ormai la gestione della politica economica in Italia è fatta di annunci pubblicitari o di affermazioni che negano l'evidenza; chi invece dice le cose come stanno è un “disfattista”.

A Berlusconi possiamo addebitare di fare promesse perniciose per i conti pubblici. Ne è un bell'esempio la cancellazione dell'ICI, che non ha certo dato benefici alle famiglie normali, proprietarie di una casa normale, già esente da ICI, ma ha portato benefici solo ai possessori di abitazioni di lusso e ha messo in difficoltà i Comuni e consumato una bella fetta del bilancio. Comunque la cancellazione dell'ICI non ha diminuito la pressione fiscale. Così la cancellazione dell'IRAP non potrà che tradursi in un cambiamento di voce: invece di IRAP si chiamerà in un altro modo, ma quei soldi nelle casse dello Stato devono entrare. Neanche gli imprenditori credono che questa sarà una “realtà vera”, ma solo uno dei giochi di prestigio, che non cambiano la realtà, anzi in genere la peggiorano.

Quello che si deve fare non è certo confondere la carte, ma semplificare la burocrazia, pagare nel giusto tempo i debiti verso le imprese e sostenere le imprese, non a pioggia, ma secondo una precisa politica che spinga verso l'innovazione e il miglioramento della competitività, senza danneggiare l'occupazione.

Le riduzioni di tasse sono certo le benvenute, ma, come ha sostenuto Epifani, per prima cosa si dove ridurre la tassazione dei redditi più bassi, così, oltre a fare una cosa buona da un punto di vista sociale, si aiuta la ripresa dei consumi, i quali non si rilanciano se mancano i soldi nel portafoglio.

Ma a questo punto arriva la presentazione del conto a Tremonti.

Cosa ha fatto fino ad ora se non innalzare il debito pubblico, senza far partire quelle azioni urgenti di sostengo all'economia?

Quando si dice: rilanciare gli investimenti, non si parla del Ponte di Messina o di altri monumenti alla vanità, ma di investimenti immediatamente cantierabili e spendibili, cosa che non può fare lo Stato in prima persona, ma solo i Comuni e le tanto vituperate Province.
Per fare questo c'erano due vie, entrambi percorribili: la prima, modificare il patto di stabilità, lasciando ai Comuni, che hanno le capacità, finanziarie, di procedere con i loro progetti, l'altra di non usare i fondi per la perequazione economica per mantenere le promesse elettorali o di facciata.

Il risultato di questa, che potremmo appellare “non politica economica”, è che i nostri conti sono disastrosi, anche se il nostro Ministro dell'Economia continua a negarlo. L'ISTAT e Bankitalia, però, ci forniscono elementi che contraddicono l'ottimismo e il semi-buonumore di Tremonti.
Oggi l'Istat ha pubblicato la “Notifica dell’indebitamento netto e del debito delle Amministrazioni Pubbliche secondo il Trattato di Maastricht”; pochi dati, ma molto significativi.

È evidente che il debito pubblico è fuori controllo e cresce in assoluto, il peggioramento del rapporto Deficit / Pil è dovuto solo in piccola parte alla diminuzione del reddito nazionale, la crescita del deficit è in assoluto del 10% e questo è dovuto, a mio avviso, solo alla incapacità di controllo della spesa.

E si ritorna al punto iniziale: per ridurre le tasse, come è indispensabile, si devono ridurre gli sprechi di una politica fatta da incapaci, anche se validamente eletti dal popolo.


Vedere anche:
in Spaziodi Magazine. Ottobre 2009

 Ma la crisi è finita o no?
I consumi sono fermi, la disoccupazione aumenta, solo l’indice della produzione è cresciuto apparentemente in agosto, ma una rodine fa primavera? Cosa manca per tornare ad essere una potenza industriale mondiale?
di Giovanni Gelmini


I DOCUMENTI:
Dall' Istat
Testimonianza del Direttore Generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni Al Senato della Repubblica 15 ottobre 2009
Attività conoscitiva per l’esame dei documenti di bilancio per il periodo 2010-2012
Un quadro autorevole e preciso, ma non ottimistico, dello stato delle finanze italiane

in Spaziodi Magazine. Settembre 2009

di Il Nibbio............

Da uno studio della Banca d’Italia
Quali politiche per il Sud?
La debolezza socio economica del sud non diminuisce anzi tende a divaricare dal nord. Quale è stata l’efficienza delle politiche economiche nell’ultimo decennio?
di G.G.

Quasi tutte le debolezze dell’economia italiana si manifestano soprattutto nel Sud: partecipazione al mercato del lavoro, povertà e disuguaglianza, capacità di competere sui mercati internazionali, grado di concorrenza, infrastrutture materiali e immateriali, qualità del capitale umano e del capitale sociale, efficienza della pubblica amministrazione; in tutti questi ambiti il paese nel suo complesso è in grave ritardo rispetto alle altre economie avanzate. In ognuno di essi i problemi sono più acuti nel Sud.
Dall’introduzione nello studio della Banca d’Italia “Quali politiche per il Sud? Il ruolo delle politiche nazionali e regionali nell’ultimo decennio”
di Luigi Cannari, Marco Magnani e Guido Pellegrini


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