REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno V n° 12 DICEMBRE 2009 TERZA PAGINA


Presepe napoletano: tra tradizione e novità
Di Francesca Romana Rodigari



A Natale, è d’obbligo per ogni famiglia costruire il proprio presepe. Questa rappresentazione, a Napoli, ha trovato il luogo della sua più grande espressione artistica in quanto, nel corso dei secoli, la sua importanza è cresciuta notevolmente e ha raggiunto altissimi livelli di specializzazione nell’ambito dell’artigianato. Nei vangeli di Luca e Matteo, infatti, viene narrata la nascita di Gesù in una povera mangiatoia a Betlemme. Quest’ultima prende successivamente il nome di Presepe; l’origine latina del termine praesepium sottolinea il luogo dell’evento sacro.

La costruzione del presepe napoletano ha delle regole fisse, che sottendono ad una tradizione di consuetudini di simboli ben precisi.
Un personaggio importantissimo è Benito: esso fa riferimento a un passo delle Sacre Scritture, al momento in cui gli angeli diedero l’annunzio ai pastori, evidenziando in questo modo la rinascita implicita nel cristianesimo. Benito, inoltre, è colui che sogna il presepe.
Un altro è il vinaio Cicci Bacco, che rappresenta il retaggio delle divinità pagane, in contrapposizione al messaggio evangelico di Gesù che di lì a poco istituirà il sacramento dell’Eucarestia. Il personaggio si presenta davanti alla cantina con un fiasco di vino.
Poi, vi è il pescatore (allegoria del pescatore di anime), il quale riporta al divieto del III secolo di raffigurare Dio.
In ultimo ritroviamo i due compari, zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, che sono la personificazione del Carnevale e della Morte. La leggenda deriva dall’usanza partenopea di attribuire ad un teschio poteri profetici tanto che le persone lo interpellavano per chiedere consigli sui numeri da giocare al lotto. Il cranio che prende il nome di “A Capa ‘e zi’ Pascale, si trova presso il cimitero delle Fontanelle di Napoli

. Nella tradizione del presepe settecentesco anche i luoghi rappresentano le principali attività lavorative e i commerci che si svolgevano all’epoca. Si possono interpretare arti e mestieri come personificazioni dei mesi: Gennaio: macellaio o salumiere Febbraio: venditore di ricotta e formaggio, Marzo: pollivendolo, Aprile: venditore di uova, Maggio: una donna che vende ciliegie, Giugno: panettiere ,Luglio: venditore di pomodori, Agosto: venditore di cocomeri, Settembre: contadino o seminatore, Ottobre: vinaio, Novembre: venditore di castagne, Dicembre: pescivendolo. Il suo microcosmo individua nel mercato, il luogo della sua rappresentazione.

Ritroviamo il ponte, come chiaro simbolo del passaggio tra il mondo dei vivi e dei morti, e il fiume, legato alle mitologie della morte e della nascita della divinità.
Non manca il forno come richiamo dell’Eucarestia e l’osteria che riconduce ai pericoli del viaggiare: questo, proprio perché i vangeli narrano del rifiuto delle osterie e delle locande di dare ospitalità alla Sacra Famiglia. Il dissacrante banchetto che avviene in queste ultime è simbolo delle cattiverie del mondo che terminano con la nascita di Gesù.

Altri poi sono i figuranti, che assumono connotati anacronistici rispetto alla raffigurazione, come la Chiesa e il crocifisso e il monaco, che viene letto in chiave dissacrante, come segno di unione tra sacro e profano.

Le figure femminili hanno una valenza particolare. La zingara, ad esempio, rappresenta il dramma di Cristo poiché porta con sé un cesto di arnesi di ferro, metallo che serve per la costruzione dei chiodi della Crocifissione; la meretrice, invece, viene contrapposta alla purezza della Vergine.
Una statuina, che secondo alcune interpretazioni prende il nome di Stefania, è una giovane vergine che, quando nacque il Redentore, decise di incamminarsi verso la grotta per adorare il bambinello. La ragazza venne bloccata dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare la Madonna; Stefania però prese una pietra, l’avvolse nelle fasce, si finse madre e, in questo modo, riuscì ad arrivare al cospetto di Gesù il giorno successivo. Alla presenza di Maria si compì un miracoloso prodigio: la pietra starnutì e divenne bambino, santo Stefano, il cui compleanno si festeggia il 26 dicembre.

La tradizione e l’estro degli artigiani napoletani non si è conclusa nel XVIII secolo. In questi ultimi anni, i maestri Pastorai hanno inventato sempre nuove statuine.
Il presepe diviene mezzo di identificazione partenopea, dunque si potrebbe definire come l'antesignano di quel realismo che ha caratterizzato le rappresentazioni teatrali e le produzioni cinematografiche napoletane.

Non c’è nulla di cui meravigliarsi se per le vie della famosa San Gregorio Armeno possiamo ritrovare, tra le varie bancarelle, statuine di personaggi conosciuti, come Totò, Berlusconi, Barack Obama, Prodi e tanti altri. La novità di quest’anno, ad esempio,consiste in un gruppo di pastori, che preoccupati per la nuova influenza, indossano sul volto una mascherina.


© Riproduzione vietata, anche parziale, di tutto il materiale pubblicato