REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno V n° 12 DICEMBRE 2009 TERZA PAGINA


Una banale questione di soldi
Di Annamaria Francese



La giornata trascorse lenta e stanca e a sera Annalisa sentiva le gambe gonfie e una voglia insopprimibile di dormire. Tornò a casa con l'idea di mettere in tavola un qualsiasi piatto le riuscisse di preparare per Guido e andarsene a letto di corsa. Non vedeva il marito dal mattino, perché non era tornata per il pranzo (spesso la pausa troppo stiracchiata si risolveva con un panino e un caffè con i quali tirava fino alla chiusura).Ciò però non le impediva di desiderare il letto più che la sua vicinanza.
La stanchezza di un quotidiano squallido cancella anche le velleità passionali e lei lo sapeva. E forse non era solo questo, era anche il ripetersi delle stagioni, delle parole e dei gesti. L'usura dei sentimenti che non hanno in sé la forza di rigenerarsi.
Apparecchiò la tavola e visto che Guido tardava, ingoiò due bocconi, lasciò ogni cosa pronta e andò a dormire.

Molte ore più tardi fu svegliata dal marito che barcollando al buio si infilava nel letto.
Lei accese la luce sul comodino e sbirciò l'orologio.
Le tre.
Dove era stato fino a quell'ora?
Le sembrò di sentire un leggero odore di alcool e si voltò a guardarlo, sollevando appena le palpebre.

Guido le sorrise:
"Sss... -bofonchiò- dormi, sono stato a giocare a carte. Anzi, ho vinto e ti ho lasciato un po' di soldi in cucina".

Un po' di soldi- pensò lei- Ma quanto avrà vinto?

Il sonno la vinse e non aveva voglia di pensare. Ne avrebbe parlato il giorno dopo.

Al mattino si svegliò che era già tardi.
Guardò la sveglia sul comodino e si accorse che non aveva suonato.
Erano le nove, Guido era già uscito e lei non se ne era neppure accorta.
Pensò che cominciava a perdere colpi.
Telefonò al negozio con una scusa che giustificasse il ritardo, ma il signor Mario stranamente era di buon umore e le disse di non preoccuparsi.

Annalisa pensò che quella era una giornata insolita, così come lo era il sole che entrava dal balcone. E le stranezze non erano finite. Sul tavolo della cucina trovò 400 euro ed ebbe un attimo di smarrimento.
Di nuovo si chiese:"Ma quanto aveva vinto Guido ieri sera?"
Che lei sapesse non era il tipo da giocare tanto e poi non disponeva certo di molti soldi per farlo. Pensò che intanto lei con quei 400 aveva risolto il problema dell'assicurazione e uscì di casa con passo più leggero.

La signora Gemma alla finestra la salutò con la solita vocina stridula: "In ritardo oggi, eh?". Lei abbozzò un sorriso e corse via.

Quella sera pioveva e mentre in casa si spandeva l'odore di minestra e luci e tv accese davano all'appartamento un insolito calore, Guido cominciò a parlare. Era un strano discorso tutto infarcito di termini come opportunità, osare prima che sia troppo tardi, rischio calcolato, dove ogni tanto ricorreva la parola soldi.
Annalisa ascoltava interdetta. Per la prima volta dopo anni, suo marito la sorprendeva. E non avrebbe saputo dire se la cosa le piaceva o no.
Non aveva ben capito i termini della questione, ma aveva visto negli occhi dell'uomo uno sguardo vivace, un'eccitazione che gli arrossava gli zigomi e sembrava renderlo più giovane. La ragione le diceva che indietro non si torna ed è difficile ricominciare, ma non ebbe cuore di indagare oltre e magari disilluderlo. Per una volta volle essere sua complice dargli la sensazione di non essere solo. Lo chiamò a tavola e lo lasciò parlare finché ne ebbe voglia.

Cenarono quasi in allegria ed erano ancora allegri quando si avviarono a letto. Quella notte l'entusiasmo di lui la coinvolse, sentì un calore nuovo invaderla mentre si abbracciavano e la passione fu quella di un tempo, come per incanto.
Domani, avrebbe approfondito domani, avrebbe chiesto domani. Fuori la pioggia cadeva con scrosci densi e raffiche di vento, ma lei sentiva il rumore degli scogli infrangersi sulla scogliera, sentiva l'onda lambirle le gambe, ma non riuscire a spegnere la fiamma che la pervadeva.

Aveva solo 16 anni, la vita era bella e i domani erano tanti davanti a loro. Mise le mani nei capelli di Guido e li sentì folti e ricci come un tempo, il suo corpo la schiacciava, ma non le pesava, il suo respiro era affannoso e caldo e lei sentì una lacrima di piacere scenderle sul viso, mentre tratteneva i suoi gemiti. Continuò a tenerlo stretto a lei, anche dopo, nel buio della stanza mentre la luce che filtrava da fuori dipingeva un filo sottile sulla parete. Sembrava un raggio di sole.

La mattina dopo Guido era già uscito quando lei si svegliò, ma aveva lasciato sul tavolo altri 200 euro. Vicino però aveva messo un rametto di geranio staccato dalle due stente piante che Annalisa aveva sul balcone.
Lei sorrise e ricordò quando lui, in passato, il sabato e la domenica le portava il caffè a letto. C'era sempre un rametto come quello vicino e una volta furono due foglioline di prezzemolo, perché non aveva trovato altro. Era molto tempo fa, ma oggi, chissà perché tutte quelle cose le sembravano più vicine.

L'aria era fresca, ma non pioveva più, Annalisa pensò che qualcosa forse poteva ancora cambiare, ma allontanò il pensiero, ingoiò il caffè bollente e con esso il sorriso stupido che le si era stampato in viso.

Non voleva illudersi. Uscì di casa, in tempo questa volta,salutando lei per prima la signora Gemma. Uno spicchio di sole illuminava l'asfalto bagnato e sembrava colorare il giorno.

La polizia arrivò al negozio alle 11 e trenta. Lei stava mettendo via un abitino di cotone azzurro che guardò con tenerezza ed ebbe un sussulto nel vedere i due uomini. Poi prese la sua borsa e li seguì.

Nessuna lacrima nel cuore gelato, nessuna crisi, nessuno svenimento. Fu quasi come un sollievo, come una cosa aspettata da tempo, inconsciamente, come un confine netto tra il prima e il dopo, una cosa che tocca a tanti nella vita e lei era sempre vissuta nel timore di quel giorno.
Ecco perché, ora che era arrivato, era quasi rilassata, consapevole che ciò che era accaduto, non poteva più ripetersi.
Quello era il momento.
Suo marito era morto.
Quello che lei ancora non sapeva era come. Aveva pensato ad un incidente sul lavoro, quando aveva visto i poliziotti, invece no!
Glielo dissero al commissariato e lei allora crollò.

Un tremito irrefrenabile la scuoteva tutta, una vera crisi di panico, mista a incredulità.
Ucciso!?
Ucciso!?
Ma come, perché quando?.
Le risposte le ebbe tutte o quasi. All'alba, con un colpo di pistola alla testa. Il perché non era chiaro, anche se sembrava quasi un'esecuzione. Poi ci fu l'obitorio, la vista del corpo, di quello stesso corpo che caldo e vibrante aveva avuto la notte prima su di sé e che ora sembrava quello di un estraneo, pallido e violaceo. E freddo.

La riaccompagnarono a casa appena stette meglio.
L'avevano pregata di portare un abito per suo marito, la tuta che indossava sporca di sangue serviva per i vari esami della polizia. Quell'incombenza la tenne occupata per un po' e frugare tra le sue cose le diede un senso di intimità. Un abito grigio, quello del matrimonio del nipote. L'aveva messo solo due volte, forse poteva andare bene. Si piegò per cercare le scarpe, quelle buone, delle feste e fu così che la vide, seminascosta dalle scarpe e dalle tute da lavoro.

Era una borsa sportiva, di quelle che si usano nelle palestre, nuova ed elegante. Di marca. Non apparteneva certo a Guido.
La tirò a sé e l'aprì. Allora capì.
Non tutto con chiarezza, ma capì. Prima di chiamare la polizia affondò le mani nella borsa e tirò fuori un mazzo di banconote, poi un altro, poi un altro ancora. E mentre li spandeva accanto a sé sul pavimento, le lacrime finalmente cominciarono a scenderle sul viso, copiose, bagnandole le labbra, il vestito di lui che ancora aveva in grembo e gli euro che stringeva tra le mani.

Soldi, soldi.
Dopotutto di questo si trattava. Una banale storia di soldi.


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