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Censis - Il Rapporto annuale 2009 in pillole

I soggetti economici dello sviluppo

dal 43° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2009



L’industria alla prova della crisi. Nel corso del 2009 il sistema manifatturiero italiano ha registrato una flessione di più del 10% della produzione, del 24% delle esportazioni, dell’1% del numero di imprese. Il processo di ristrutturazione colpisce larga parte del made in Italy (4.000 imprese in meno a metà anno), con effetti più marcati sul comparto del tessile (-3,9% di imprese), del legno (-2,8%) e della meccanica (flessioni superiori al 2%). Tengono i comparti della produzione di mezzi di trasporto (il numero di aziende è cresciuto del 3,9%, anche se le performance in termini di fatturato sono molto negative), del recupero e riciclaggio di materiali (+3,1%), l’editoria e la stampa (+2,4%), l’alimentare (+2,2%). Ma si vedono segnali di riposizionamento di molte imprese esportatrici su mercati relativamente nuovi: nella prima parte del 2009 si è registrata una flessione dei valori medi unitari dei prodotti italiani esportati nei Paesi dell’Ue (-1,6%) e un parallelo incremento dei prezzi delle esportazioni verso l’India (+11,5%), la Cina (+10,7%), il Brasile (+9,6%) e il Medio Oriente (+5,2%).

Per una partnership nuova tra imprese e sistema bancario. Si segnala una contrazione del credito concesso al tessuto produttivo a tassi superiori al 2% rispetto all’anno precedente, pur in presenza di un immutato fabbisogno di risorse finanziarie da parte delle aziende (nel primo semestre dell’anno il 32,6% delle imprese ha aumentato la propria esposizione, mentre soltanto il 16,8% l’ha ridotta). Nel primo semestre del 2009 il 39,1% delle imprese si è avvalso dello scoperto bancario e il 36,8% ha avuto accesso a prestiti a breve o a lungo termine. Soltanto il 40,5% delle realtà produttive nazionali (l’11% in meno rispetto alla media comunitaria) ha usato invece risorse proprie per finanziare l’attività. Nonostante le restrizioni dell’offerta di credito, il 71,2% delle domande di finanziamento presentate ha ottenuto esito positivo, il 20,3% è stato accolto soltanto parzialmente, l’8,5% è stato respinto: una quota comunque inferiore rispetto a quella che si registra in ambito comunitario (10,3%). Nel biennio precedente alla crisi, però, le domande accolte integralmente erano state l’86,5% del totale, quelle accettate parzialmente il 12% e quelle respinte soltanto l’1,5%. Se il 39,2% delle imprese europee ritiene di non incontrare ostacoli per ottenere un finanziamento bancario, in l’Italia la quota si riduce al 16,1%, mentre il 37% delle nostre imprese (contro il 26,1% di quelle europee) teme di non disporre di garanzie adeguate e il 36,9% (a fronte del 20,2%) ha il timore che i costi o i tassi d’interesse saranno troppo elevati.

Green economy italiana tra mito e realtà. Le stime sul fatturato della green economy italiana si aggirano attorno ai 10 miliardi di euro, con un impatto sul mercato del lavoro da qui a dieci anni variabile tra 100 mila e un milione di nuovi addetti. Nel 2008 l’energia prodotta da fonti rinnovabili ha coperto il 16,5% dei consumi nazionali, e la produzione è aumentata del 24,5% in soli cinque anni. Il fatturato dei principali comparti delle rinnovabili è aumentato del 191% in cinque anni e nel 2008 supera i 5 miliardi di euro, mentre l’occupazione diretta e dell’indotto è cresciuta del 220%, con più di 20 mila posti di lavoro creati. L’energia verde rappresenta un’occasione da non perdere, soprattutto per un Paese come l’Italia naturalmente dotato di fonti rinnovabili come il vento e il sole. Ma la capacità della green economy di trasformare la sfida climatica in crescita economica e occupazionale dipenderà dalle politiche messe in atto per accompagnarne lo sviluppo.

Innovazione e metamorfosi della distribuzione commerciale. La quota delle imprese del commercio cessate sul totale delle attive è passata da livelli inferiori al 7% nella prima metà del decennio a quasi il 9% nel 2008. Se negli anni che vanno dal 2000 al 2004 le imprese commerciali che si cancellavano dai registri del sistema camerale erano poco più di 50 mila, nell’ultimo biennio hanno superato quota 70 mila: un trend che sembra confermarsi anche per il 2009. Aumentano però le grandi superfici specializzate, dalle 909 del 2002 alle 1.465 del dicembre 2008, con un incremento della superficie di vendita del 66,9% e dell’occupazione del 119,5%, arrivando a una superficie media unitaria di circa 3 mila mq e 30 addetti. Per la distribuzione al dettaglio, i centri commerciali rappresentano uno dei modelli di maggiore successo: in Italia se ne contano 659 (151 nella sola Lombardia) e le nuove aperture previste per il triennio 2009-2011 sono 232.

Nella pluralità del Mezzogiorno, per trasformare i vincoli in opportunità. Permane la sensazione che l’Italia sia condannata a procedere a due velocità. Secondo l’opinione di un campione di esperti contattati dal Censis (rappresentanti del mondo produttivo, istituzionale e accademico meridionale), nei territori del Sud l’attuale congiuntura potrebbe avere un impatto ancora più negativo che nel resto del Paese (48,5%), mentre solo il 24,8% è convinto che gli elementi di vitalità del territorio lascino prevedere una pronta ripresa. Il Sud d’Italia è in realtà un’area molto differenziata al proprio interno, che vede coesistere zone attive e relativamente dinamiche con altre in declino. Le due province con i maggiori livelli di produttività e ricchezza rispetto alla media del Mezzogiorno sono quelle più industrializzate: la provincia di Napoli (con 7 sistemi locali del lavoro) e di Bari (5), dotate di un sistema produttivo complesso e diversificato.

Consumi e stili di vita degli italiani in un anno tutto in salita. Lievi segnali di ripresa dei consumi sono emersi nel secondo trimestre dell’anno rispetto al primo (+0,3%), ma l’inversione del ciclo appare ancora lontana. Nei primi mesi del 2009 il 43% delle famiglie italiane ha affrontato la crisi risparmiando di più. Tale percentuale è salita a metà anno al 46,2% e il 25% ha dichiarato di aver tagliato le spese non necessarie. Tra gennaio e giugno le persone che guardano al futuro con ottimismo sono passate dal 52,4% al 57%: un buon segnale, che tuttavia va letto insieme all’incremento dei pessimisti, passati dal 30,2% al 32,7% (mentre si riduce la quota di chi si dichiara incerto sul futuro).

Gli italiani e il gioco delle scommesse. Il settore delle scommesse pubbliche sembra non risentire della fase di crisi, crescendo a ritmi sostenuti e coinvolgendo ormai circa 30 milioni di italiani di ogni appartenenza sociale. La raccolta nei primi 9 mesi del 2009 (oltre 39,3 miliardi di euro) è aumentata del 14,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel 2008 il gettito fiscale derivante dal settore ha comportato entrate per lo Stato pari a 7,7 miliardi di euro. Nei primi 9 mesi dell’anno le entrate dal gioco raggiungono già i 6,7 miliardi di euro e si stima che a fine anno l’apporto fiscale supererà gli 8 miliardi di euro. Grazie all’uso combinato di tecnologie e servizi innovativi, come il gioco on line, aumentano gli addetti della filiera del gioco (+27,5% tra il 2005 e il 2007) e i ricavi (+77,2%). Nel 2008 su 100 scommesse sportive, poco meno di 30 sono state giocate in modalità remota: le scommesse sportive hanno inciso per oltre il 72% sul totale della raccolta on line. Con l’introduzione degli skill games (soprattutto il poker) le scommesse sportive hanno perso la leadership della raccolta on line, che ad aprile 2009 valeva il 37% del totale. Nel 2008 il primato (a livello assoluto e pro-capite) delle somme giocate al Superenalotto spetta alle province delle maggiori aree metropolitane del Paese: al primo posto Milano con un giocato pro-capite di 77,8 euro, poi Roma con 69,1 euro.

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