REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
||
Articoli letti 15262885 RSS |
Vedi tutti gli articoli di
|
stampa |
Anno VI n° 1 GENNAIO 2010 - TERZA PAGINA |
||||||||||||||||
Stando alle notizie riportate dallo Zanetti e dal Bartoli, il Bortoloni, ancora molto giovane, si trasferisce a Venezia dove entra nella bottega del pittore veronese Antonio Balestra, uno degli artisti più affermati del momento nell’ambiente veneto. Questo apprendistato permette al giovane Bortoloni di apprendere i “primi fondamenti dell’arte”, nonché di assorbire e combinare in maniera originale elementi derivati da diversi artisti. Sebbene non possa essere definito il seguace o l’imitatore di nessuno, è indubbio che egli abbia studiato le opere dei più importanti pittori dell’epoca presenti a Venezia (Louis Dorigny, Federico Bencovich, Giambattista Piazzetta e Sebastiano Ricci) così come quelle di alcuni artisti seicenteschi (come Giulio Carpioni). L’esordio di Mattia Bortoloni è sancito dall’opera svolta in qualità di frescante presso il palazzo padovano della famiglia Cornaro, incarico in parte confermato da una ricevuta di pagamento. La prima opera conosciuta risulta essere invece l’importante ciclo ad affresco di Villa Cornaro a Piombino Dese, con episodi tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento. Questa commissione, documentata dal 1716 -1717, fa presupporre che Bortoloni avesse già terminato la sua formazione presso la bottega del Balestra, anche se il suo nome compare nel registro della Fraglia dei pittori veneziani solo nel 1720. In seguito il Bortoloni sposa Vittoria Vettorelli, conosciuta nel periodo di attività svolta presso Villa Cornaro. I documenti di matrimonio datano al 1717 permettendo di stabilire che nel luglio dello stesso anno il ciclo era portato a termine.
Nel 1723 partecipa al concorso per la decorazione del soffitto della cappella di San Domenico nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia con il quale ha l’occasione di confrontarsi con l’illustre coetaneo Giambattista Tiepolo e con un già affermato Giambattista Piazzetta, ricavando insegnamenti utili da questa esperienza. Dal 1729 Mattia Bortoloni è attivo nella Chiesa di San Nicola da Tolentino per la sua più importante commissione, l’affresco della volta del coro, che curiosamente coincide con l’interruzione di ogni altro incarico, forse dovuta all’imporsi dell’astro di Giambattista Tiepolo. Questo lavoro, conclusosi nel 1732, costituisce comunque l’apice delle imprese realizzate in area veneta in cui lo stile, evolutosi ormai dalla maniera del francese Louis Dorigny presente anche a Piombino Dese, si orienta verso una più scoperta eleganza formale derivata da Sebastiano Ricci. Interessante per altri versi il suo intervento a Ferrara, voluto dal cardinale Tommaso Ruffo e probabilmente reso possibile grazie alla mediazione dei Padri Teatini ferraresi, che potevano verosimilmente conoscere il pittore dai contatti con i loro confratelli veneziani. Dal 1739 Bortoloni si trasferisce poi nel capoluogo lombardo dove riprende la sua attività di frescante. Le prime opere note, ascrivibili a questo periodo, sono gli affreschi della Capella del Santissimo Sacramento presso il Duomo di Monza, seguono quelli nella Chiesa di Santa Barnaba a Milano, nel castello Visconteo a Brignano d’Adda, ma anche nei palazzi milanesi Dugnani e Clerici. Attorno al 1745 – 1746 Mattia Bortoloni inizia invece la sua esperienza piemontese, dapprima a Torino a Palazzo Barolo e in seguito nel cuneese, nel santuario di Vicoforte a Mondovì dove decora la cupola con la Glorificazione di Maria Santissima nel mondo pagano ed ebraico, nella Chiesa Cattolica e nella Gloria del Paradiso e la parete del refettorio con la Cena in Emmaus.
Ma Bortoloni non è solo frescante. Importanti tele della prima metà degli anni Trenta sono autentici capolavori per la qualità coloristica, la raffinata invenzione compositiva ed una accento quasi bizzarro.
Il sito utilizza cockies solo a fini statistici, non per profilazione. Parti terze potrebero usare cockeis di profilazione
|