Sebbene l’attività di Mattia Bortoloni si sia svolta in centri che offrivano occasioni ben superiori a quelle che l’artista poteva trovare in patria, anche nel territorio di origine egli ha avuto possibilità di esprimere la propria arte.
Sue opere su tela realizzate per committenza polesana sono esposte a Palazzo Roverella, ma una testimonianza della sua abilità di decoratore ad affresco è a Fiesso Umbertino, nella residenza che fu dei Morosini e poi dei Vendramin (oggi Municipio): la villa, progettata da Andrea Tirali e realizzata nel 1706, ha il salone centrale ottagono decorato con quattro affreschi a monocromo i cui soggetti celebrano le gesta di Alessandro Magno, personaggio di moda nella decorazione delle residenze signorili, di città o di villa, nel XVIII sec.
A Fiesso, oltre alla Villa Morosini-Vendramin, merita attenzione la Chiesa parrocchiale intitolata alla Natività di Maria: in testa alla navata sinistra è il mirabile “altare dorato”, di legno intagliato finemente (XVI sec.); il grande Crocifisso di bronzo dietro l’altare maggiore è opera moderna (1964), di intensa drammaticità, dello scultore fiessese Gino Colognesi; alle pareti della navata centrale sono appesi quadri di scuola ferrarese del XVII secolo, alcuni dei quali sono attribuiti a Carlo Bononi, a suo nipote Leonello e a Giuseppe Caletti; infine si può considerare il soffitto scompartito in 99 cassettoni dipinti con storie di Maria e di S. Carlo Borromeo.
Non c’è dubbio che il Bortoloni faccia parte della schiera dei decoratori settecenteschi che hanno avuto in Giambattista Piazzetta e in Giambattista Tiepolo i massimi esponenti, incontrando il gusto della più provveduta (culturalmente ed economicamente) committenza veneziana e veneta. Anche in Polesine si hanno riflessi di tale fase culturale: per decorare chiese, palazzi e ville sono stati chiamati artisti di diversi livelli ma comunque, almeno al loro tempo, apprezzati. In particolare va ricordato Francesco Zugno (1700/09-1787), uno dei più personali seguaci di Giambattista Tiepolo, che a Fratta Polesine, nella Chiesa parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo, decorò il soffitto.
Il paese di Fratta si segnala fra i centri abitati polesani per la caratterizzazione che gli è data dalla presenza di diverse ville signorili, a cominciare dalla villa Badoer eretta dal Palladio alla metà del XVI sec., e dalla vicina e coeva villa Loredan-Grimani-Molin (oggi Avezzù Pignatelli), di chiaro carattere palladiano: testimoni di una singolare stagione che rese il piccolo centro abitato un luogo di riferimento culturale significativo, dove sorse un’Accademia – quella dei “Pastori Frattegiani” – alla quale aderirono personalità come Luigi Groto, Ludovico Dolce, Giovanni Maria Bonardo, ecc.: salotto che ebbe al centro la elevata figura di Lucrezia Gonzaga. La stagione fu relativamente breve, ma lasciò un’impronta indelebile, che si riflette nelle più tarde costruzioni signorili e nella stessa chiesa parrocchiale per la quale fu richiesta l’opera del Bortoloni (le due tele sono esposte in Palazzo Roverella) e, per l’altare maggiore, di Pietro Baratta e di Marino Groppelli, e che successivamente – anche in conseguenza delle spogliazioni napoleoniche – poté arricchirsi di importanti opere d’arte, provenienti da Venezia: dal magnifico altare del S. Nome di Gesù, opera di Giovanni Maria Morlaiter, alle statue di Giovanni Marchiori.
Fra i decoratori attivi sulla scia di Giambattista Tiepolo non si deve trascurare il suo ultimo seguace, Giambattista Canal (1745-1825), che ricevette importanti incarichi a Venezia e che fu uno dei più prolifici decoratori di chiese. In territorio polesano egli lasciò diverse testimonianze della propria attività: la prima è ad Arquà Polesine: nella parrocchiale è sua la pala nel coro.
La chiesa di S. Andrea di Arquà, il cui interno presenta una gradevole interpretazione del gusto settecentesco veneto, conserva anche altre opere degne di attenzione: in particolare due altari provenienti dalla chiesa di S. Girolamo di Venezia, decorati con un Crocifisso e un S. Girolamo del XVIII secolo, eseguite da un anonimo ma apprezzabile scultore. Il paese mèrita di essere considerato anche per il “castello”, la piccola fortificazione fatta costruire nel 1146 dal ferrarese Guglielmo III Adelardi per difendersi dagli Estensi, e acquistata nel 1540 dalla famiglia Diedo che la adattò a residenza di villa (attualmente è sede del Municipio). Il restauro ha portato alla luce affreschi di molte stanze, che documentano lo sfarzo di cui i nobili veneziani amavano circondarsi anche nelle residenze minori.
A Rovigo Giambattista Canal lavorò in Palazzo Angeli (attualmente in restauro) e nella Chiesa di S. Rocco (oggi distrutta: ma si sono conservati l’affresco del soffitto e la pala dell’altare); a Costa e nella vicina Costiola, decorò i soffitti delle Chiese parrocchiali (rispettivamente, di S. Giovanni Battista e di S. Rocco), e altrettanto fece a Guarda Veneta nella parrocchiale di S. Domenico.
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