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 Anno VI n° 1 GENNAIO 2010    -   FATTI & OPINIONI



Rosarno: la rivolta degli schiavi
Ennesimo fatto di destabilizzazione della società. Quale è la giusta lettura?
Di Giovanni Gelmini



I fatti apparentemente sono chiari: una massa di immigrati “senza fissa dimora” si è messa in rivolta contro la cittadinanza di Rosarno.
Se proviamo a scavare sotto la prima apparenza, dobbiamo però cambiare le parole usate e con esse il significato: una massa di schiavi, a bassissimo compenso, alloggiati in modo indecente, spostati in continuo per prestare lavoro nelle terre del sud, si sono sollevati contro chi li sfrutta.

Sembra che la scintilla sia stata una provocazione veramente indecente.
Un'auto con tre giovani a bordo sarebbe passata sulla strada statale che fiancheggia il luogo dove, in una fabbrica dismessa, trovano un sommario ricovero questi lavoratori, che, appena rientrati dal duro lavoro nei campi, si preparavano per il riposo. Dai finestrini sono partite parole di dileggio e poi colpi di fucile sulla gente, provocando feriti e terrore tra gli immigrati. Questo ha fatto scattare la reazione, certamente violenta oltre le righe, certamente da vituperare, ma che è il risultato di quello che è stato per anni seminato: l'avere trattato uomini peggio delle bestie.

La dichiarazione di Domenico Ventre, ex assessore alla Protezione civile del comune di Rosarno, sciolto nel gennaio del 2008 per infiltrazioni mafiose, “Gli immigrati che vivono nel nostro comune sono continuamente assistiti e aiutati e la loro reazione di fronte all'episodio isolato che è successo ieri è assolutamente sproporzionata. Non possiamo accettare che queste persone devastino il nostro paese suscitando una situazione di paura tra gli abitanti. Mi auguro che tutto questo si concluda al più presto e che si capisca che la cittadinanza ha gli stessi diritti degli immigrati” non può che lasciare allibiti e meglio spiega la causa della sommossa. Perché mai dei lavoratori dovrebbero essere “continuamente assistiti? Questo può avvenire solo perché sono sfruttati peggio degli schiavi di Roma, forse peggio di quelli degli stati del sud in America.

Il ministro degli Interni Maroni, nel corso della trasmissione Mattino 5, ha affermato: "in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che da un lato ha alimentato la criminalità e dall'altro ha generato situazioni di forte degrado come quella di Rosarno". Si può essere d'accordo con quanto detto solo se per “situazione tollerata” si riferisce a chi sfrutta gli immigrati clandestini con del lavoro nero, praticamente non pagato, e se ci si riferisce al sistema del caporalato diffuso molto al sud, ma presente anche al nord, che è un vero e proprio sistema organizzato per lo schiavismo.

È giusto affermare che l'immigrazione clandestina ha alimentato la criminalità, ma non sono gli sfruttati da perseguire, ma la criminalità che li sfrutta. Questa sommossa è l'ennesimo segnale che la legge in vigore da anni per il controllo dell'immigrazione, la famosa Bossi Fini, è fallita. Il fabbisogno di braccia dall'estero è molto più elevato di quanto venga permesso come regolare e questo provoca la grande immigrazione clandestina e il suo sfruttamento, non il contrario, come i leghisti vogliono farci credere.

Due cose mi chiedo:

  • perché il Signor Ministro degli Interni non applica la legge contro chi dà lavoro a questi poveretti? Non è un fatto occasionale, è un sistema di lavoro in nero e di evasione delle tasse molto diffuso, come dimostrano continui episodi;
  • questo fatto destabilizzante non è per caso stato innescato volutamente da chi ha interesse a surriscaldare l'ambiente, cioè la mafia?
Viviamo in un momento in cui la criminalità organizzata manda continui segnali al Governo e agli italiani e con questo è difficile non ricordare i tempi degli attentati citati da Spatuzza.



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