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Anno VI n° 1 GENNAIO 2010 PRIMA PAGINA |
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Educazione motoria alle elementari
Era ora!
Ignorata dal ministero, forse potrà essere insegnata grazie alla volontà del CONI. Così anche l’Italia si potrebbe adeguare agli standard degli altri paesi dell’Europa
Di Silvano Filippini
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Con quarant’anni di ritardo anche l’Italia si adegua allo standard europeo per ciò che concerne l’attività motoria nella scuola elementare, ma non è certamente per merito del Ministero Pubblica Istruzione (che oggi ha acquisito l’acronimo di MIUR) o della Gelmini. Si è mosso il CONI che ha deciso (a sue spese) di introdurre il progetto di “alfabetizzazione motoria nella scuola primaria” già a partire dal corrente anno scolastico. Se andiamo indietro negli anni settanta, gli studenti degli ISEF già chiedevano l’introduzione di un insegnante qualificato nella scuola elementare, almeno come consulente e coordinatore dei maestri che non avevano una preparazione specifica in ambito motorio, sul modello del sistema francese che, attraverso i “premiers degrés d’education phisique”, gestiva l’attività motoria nelle scuole elementari con almeno quattro ore settimanali, oltre ai corsi di nuoto, resi obbligatori in tutte le scuole di ogni ordine e grado. In Italia si deve attendere il 1997 per vedere una proposta organica in tal senso, grazie al CAPDI (confederazione associazioni diplomati ISEF e Laureati in scienze motorie) che, tra l’altro, proponeva una nuova figura: il maestro specializzato in scienze motorie. Ciò per far fronte all’anomalia, tutta italiana, che affida l’attività sportiva di base alle società sportive, esterne alla scuola, le quali non possono garantire l’adeguata formazione professionale degli operatori in quanto utilizzano, quasi sempre, volontari non laureati in scienze motorie. Inoltre alcune discipline sportive non sono distribuite su tutto il territorio nazionale, ma vengono svolte “a macchia di leopardo”. Solo attraverso la scuola è possibile raggiungere tutti i bambini dai sei ai dieci anni e consentire loro l’acquisizione di quelle regole igieniche, alimentari e motorie che consentono di fronteggiare “l’avanzata” della sedentarietà, del soprappeso e dell’obesità che colpiscono questa fascia d’età. Insomma, costruire uno stile di vita sin dalla tenera età. Siccome il mondo politico si è sempre disinteressato del problema, dobbiamo risalire al 1999 per trovare la realizzazione del primo progetto (Perseus), che proponeva l’intervento triennale per la valorizzazione dell’educazione motoria, fisica e sportiva nella scuola italiana. Tale progetto contemplava l’inserimento nei circoli didattici di un consulente di educazione motoria per 12 ore settimanali con contratto di prestazione d’opera: 18 miliardi di lire, di cui solo il 50% per il consulente. Concluso il Perseus, nel 2005 è stato introdotto il piano pluriennale per la valorizzazione dell’educazione fisica e sportiva, che prevedeva una spesa iniziale di 10 milioni di euro per la realizzazione di attività progettuali. Negli anni successivi si riduceva progressivamente la cifra da mettere a disposizione, sino ai 5 milioni dell’ultimo anno. Fatto sta che la scarsità delle risorse ha fatto si che tali interventi a progetto fossero più utili alle figure dei consulenti e al miglioramento professionale dei maestri piuttosto che all’effettivo coinvolgimento degli alunni. Anche perché non si rivolgeva a tutte le scuole. A dire il vero nel 2006 c’è stata una proposta di legge (“disposizioni per l’introduzione dell’educazione motoria nella scuola primaria”) che prevedeva, finalmente, l’obbligatorietà dell’insegnamento dell’educazione motoria tramite personale laureato in scienze motorie (12.000 insegnanti con un costo di 250 milioni annui), ma non se ne fece nulla! Così come della proposta del CAPDI del 12 maggio 2008, che tendeva a generalizzare la sperimentazione a tutte le direzioni didattiche e istituti comprensivi italiani (circa 6.000) per una spesa di 22 milioni. Anche perchè, nel frattempo, stava per attivarsi la riforma della scuola primaria con l’eliminazione delle figure specialistiche a vantaggio del maestro unico (o prevalente). Figuriamoci se sarebbe stata accettata l’introduzione di un altro esperto! L’unica provincia che è riuscita a cambiare qualcosa è stata quella autonoma di Trento: nel precedente anno scolastico ha coinvolto tutte le classi quinte elementari che hanno svolto le due ore settimanali con un docente di educazione fisica. Per fortuna, a sbloccare la situazione di stallo per il resto d’Italia, sopraggiunge il recente accordo tra CONI e MIUR che consente di far partire immediatamente il progetto pilota nel periodo febbraio-maggio 2010: coinvolge 1000 plessi scolastici, per un totale di 10.000 classi e circa 250.000 bambini. Non è molto ma, almeno, si comincia! Per quest’anno il CONI investe 5 milioni di euro, che copriranno 15 settimane di alfabetizzazione motoria, per due ore settimanali, soltanto in quei plessi scolastici scelti (uno per provincia) e consentiranno anche la formazione di 100 “formatori” presso l’università di Verona. Costoro diventeranno “tutor” di circa 1000 esperti, che verranno utilizzati nei plessi scolastici “a chiamata”, attingendo dall’elenco regionale. Gli esperti dovrebbero essere pagati direttamente dal CONI attraverso le modalità della legge-Pescante, che rende esenti da tassazione sino alla soglia di 7.500 euro. Insomma ogni esperto assunto dal plesso verrà impiegato per 300 ore (30 ore x 10 classi, cioè due corsi completi) a 15 €/ora. Il progetto dovrebbe andare a regime nell’anno scolastico 2012/13, quando tutte le classi potranno usufruire dell’esperto, che affiancherà il maestro prevalente per 50 ore annue; sottolineo “dovrebbe”, perché troppe volte abbiamo assistito a progetti simili naufragati strada facendo. Proprio in questi giorni si stanno chiudendo i termini di iscrizione al progetto pilota da parte degli esperti (insegnanti ISEF o laureati in Scienze Motorie), mentre già prima di Natale avevano aderito i formatori, che stanno per iniziare il corso presso l’università di Verona. Le uniche critiche che mi sento di avanzare riguardano: - L’inopportunità di introdurre l’esperimento a metà anno scolastico, ma, in considerazione delle difficoltà di avvio di una nuova esperienza rivoluzionaria, il fatto potrebbe essere anche positivo, nel senso di “toccare con mano” la fattibilità del progetto stesso e apportare eventuali modifiche prima dell’inizio del prossimo anno scolastico. - Come inserire il progetto là dove sono già in corso altre iniziative, programmate a suo tempo, sia per le scuole che per i docenti interessati. - Una sola provincia in regioni a forte popolazione scolastica mi sembra veramente poco; infatti la regione Lombardia, di sua iniziativa, ha decurtato settanta plessi (dei 100 attribuiti) dalla provincia di Lecco (scelta dal MIUR) per regalarli alla provincia di Milano. - Dove reperire i soldi necessari per il prossimo anno (30 milioni), anche perché il CONI non naviga certamente nell’oro dopo i sostanziosi tagli subiti negli anni precedenti. Se l'intenzione del progetto è anche quella di creare nuovi posti di lavoro, la retribuzione massima consentita è di 7.500 € annue (10 classi x 50 ore annuali x 15€/h): un compenso da terzo mondo! A meno che gli esperti possano insegnare alcune ore settimanali anche nelle scuole medie; in tal caso organizzare gli orari per evitare sovrapposizioni diventerebbe un problema. |
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