Il problema economico emergente in questo periodo è l'occupazione. Continuano le agitazioni in moltissime fabbriche e la paura della perdita del lavoro attanaglia un po' tutti.
Quasi per rendere le cose più difficili, oggi il presidente dell'Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, ha lanciato un altro messaggio minaccioso: "In Italia ci sono 4 o 5 raffinerie a rischio chiusura (n.d.r di cui due già ferme). Una raffineria ha in media 4-500 dipendenti, più l'indotto che conta per tre o quattro volte. Fa 1.500 persone ad impianto, se si moltiplica per 4 o 5 il conto è fatto”. Minaccioso, perché se andiamo a guardare l'ultimo comunicato dell'U.P. Nell'ultimo anno, i consumi di prodotti petroliferi sono scesi solo del 6,4% (vedi Comunicato Stampa in Documenti) cosa che non è da considerarsi eccessiva, vista anche la politica dei prezzi alti oltre ogni ragione, tenuta dai petrolieri.
Secondo De Vita, questo vorrebbe dire una perdita di 7.000 posti tra addetti delle raffinerie e indotto. Sarebbe questo un messaggio molto preoccupante, se poi non si capisse il vero significato; infatti ecco cosa i petrolieri chiedono al governo: “"Negli ultimi 5 anni - afferma De Vita - il sistema di raffinazione ha perso 15 milioni di tonnellate, da 85-90 a circa 60 milioni. Se saranno applicate le regole 20-20-20 (n.r.d. si riferisce alla riduzione delle emissioni nocive secondo lo schema attualmente in discussione a livello UE) perderemo un'altra decina di tonnellate, arrivando a poco più di 60 tonnellate ”. È evidente il ricatto posto dai petrolieri, che evidentemente non vogliono che il loro business perda quota a favore del risparmio energetico, delle energie alternative e dell'ambiente.
Possiamo star certi che il governo ascolterà le lagnanze di De Vita, infatti è sempre molto attento alle richieste delle lobby e molto meno a cercare di affrontare i veri nodi della crisi, tra cui c'è anche quello di spingere l'evoluzione del nostro sistema verso una minore dipendenza dalle energie non rinnovabili, cioè proprio il petrolio, oltre al carbone e al nucleare.
Ma cosa è al centro delle preoccupazioni del Governo?
Se la sintesi fatta dai mass-media è corretta, sembra che due siano gli argomenti principe: difendere Berlusconi dai processi e le prossime Regionali, entrambi argomenti che non doverebbero essere del Governo. Per le elezioni, ci dovrebbero essere le segreterie di partito; per la difesa di Berlusconi è contro il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Ma sembra di leggere che le preoccupazioni non si limitino ai processi già in atto. Quanto Cancimino jr. sta rivelando in udienza ai giudici di Palermo solleva il velo su un lurido intreccio tra mafia e politica, un intreccio tutto da confermare nei nomi e nei particolari, ma già molte volte vi sono state denunce di questo tipo e quindi le cose dette dal figlio dell'ex sindaco di Palermo appaiono perlomeno possibili.
Sappiamo che i “pentiti”, assieme alle intercettazioni telefoniche, sono la via più temuta da chi fa crimini, in special modo quelli di corruzione, concussione e quelli che investono il mondo economico e finanziario. Così non sorprende l'iniziativa parlamentare del senatore del Pdl Giuseppe Valentino, che ha chiesto di modificare l'art. 192 cpp introducendo l'obbligo dell'acquisizione della prova sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Se non sorprende questo, visto che al Governo c'è addirittura un sottosegretario accusato di legami con la camorra, del quale è stato chiesto l'arresto, con conferma della Cassazione, potrebbe invece sorprendere che solo l'IDV, con Felice Belisario e Luigi Li Gotti, abbia sollevato il problema posto da questa iniziativa parlamentare, ma, se ci ragioniamo un attimo, ci accorgiamo che i rapporti criminalità e politica non possono essere un'esclusiva di un partito, di una maggioranza, ma investono tutto l'arco politico; sicuramente in tutti i partiti che hanno peso o che possono averlo in certe realtà, è pensabile che ci sia qualcuno che tiene i contatti con “l'altro mondo”. Anche per questo motivo si dovrebbe togliere alle segreterie politiche la possibilità di nominare i deputati e ridare questo compito agli elettori.
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