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 Anno VI n° 2 FEBBRAIO 2010    -   FATTI & OPINIONI



Scuola, un tema scottante che sembra irrisolvibile. La Gelmini ci tenta
Ma quale è il vero problema della “riforma” attuata? 33.000 posti di lavoro in meno
Di Il Nibbio



Che la scuola non funzioni lo sappiamo da anni e ogni riforma l'ha peggiorata. Ce lo dicono le rilevazioni dell'OCSE e anche le lagnanze delle Università.

Bisogna dire che le riforme sono state fatte avendo sempre un occhio di riguardo a un problema che non è quello della scuola, ma quello di dare posti di lavoro alle persone. Confondere il problema del posto di lavoro con quello dell'efficienza della scuola e la sua capacità di rispondere alle sue finalità è evidentemente un grosso errore, che porta la scuola a non rispondere alle sue finalità.

Vediamo cosa dice la riforma sulle finalità della scuola secondaria:

  • I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, e acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro.
  • L’identità degli istituti tecnici si caratterizza per una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico in linea con le indicazioni dell’Unione europea, costruita attraverso lo studio, l’approfondimento e l’applicazione di linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico ed è espressa da un limitato numero di ampi indirizzi, correlati a settori fondamentali per lo sviluppo economico e produttivo del Paese, con l’obiettivo di far acquisire agli studenti, in relazione all’esercizio di professioni tecniche, i saperi e le competenze necessari per un rapido inserimento nel mondo del lavoro, per l’accesso all’università e all’istruzione e formazione tecnica superiore.
Credo che sia difficile non condividere questi due brevi enunciati; il vero problema sorge quando si passa dagli enunciati ai programmi. In entrambi gli indirizzi vi sono due componenti: le conoscenze necessarie e le metodologie. Queste ultime hanno due orientamenti diversi tra licei e istituti tecnici: per i licei è il diventare culturalmente autonomi e capaci di affrontare le “situazioni, i fenomeni e i problemi”; per gli istituti tecnici si punta più alle conoscenze applicative delle metodologie, ma questo non toglie che anche in questo caso i ragazzi devono capire i metodi e diventare autonomi, specialmente nella capacità di aggiornarsi e studiare. C'è da osservare che queste finalità non solo sono condivisibili, ma in pratica sono sempre state le finalità della scuola secondaria.

È possibile insegnare le metodologie in una o due ore settimanali?
Certamente no e senza le metodologie le nozioni diventano un bagaglio pesante e inutile. Una fatica a studiare senza che vi sia un ritorno, ma la scuola è sovraccarica di insegnamenti con meno di tre ore.

Perché questo? Perché alla scuola è stato assegnato un altro compito, ben diverso da quello che è sempre stato quello enunciato; infatti, come già detto, il suo compito è stato da decenni quello di dare un posto di lavoro ai “disoccupati intellettuali”. Così fino ad ora è stato incrementato il numero di materie, i contenuti da svolgere, mai si è tolto qualcosa, anzi, spesso per occupare i “perdenti cattedra” o per completare gli orari, si sono inventate “sperimentazioni” di dubbia consistenza. Il risultato è che, a forza di sommare, il carico è diventato insopportabile, sia da un punto di vista didattico, sia da un punto di vista economico e oggi la scuola va verso il fallimento perché lo Stato non copre più i suoi costi.

Anno Zero ha messo ben in luce che il vero problema della riforma sono i 33.000 perdenti cattedra . Non che il loro problema debba essere dimenticato, anzi. Se per decenni la cattiva politica ha creato queste situazioni, oggi si deve trovare una soluzione ragionevole, ma questa non può essere a scapito dei giovani, che debbono invece avere un insegnamento adeguato. Altre dovranno essere le vie per reimpiegare, produttivamente, questo esercito di precari a vita.

Vi voglio portare un esempio del mio ragionamento.
Per la riforma è stato aperto un sito ad hoc da parte del ministero: “Costruire i nuovi Licei”, in cui è stata presentata la riforma per riceverne commenti. L'ho letto con attenzione e ho notato che quasi tutti i commenti erano di insegnanti preoccupati della perdidita della cattedra.
Uno in particolare mi ha colpito, quello di un insegnante di chimica che spezzava una lancia contro la cancellazione di questo insegnamento nei licei artistici. La professoressa faceva presente l'importanza di questa materia per capire l'uso dei materiali, in particolare nell'attività di restauro.

Come non condividere questa preoccupazione, ma dobbiamo chiederci quante ore di insegnamento dobbiamo perdisporre, per un simile insegnamento, al fine di fornire quelle conoscenze e quell'autonomia richiesta ?
Sicuramente molte ore settimanali; chiunque ha fatto chimica in un liceo sa che dopo poco si dimentica tutto, perché non si è approfondito a dovere il “metodo” per conoscere la chimica.
Allora quell'insegnamento è tempo perso, meglio che gli insegnanti di pittura diano le quattro nozioni necessarie sui pigmenti dei materiali, al fine di evitare danni, e quelli di scienze le altre quattro informazioni utili per evitare ulteriori pasticci nel trafficare con solventi, acidi e così via.
Cosa fare invece?
Organizzare un vero corso di restauro, con un bel corso di chimica applicata ai problemi del restauro e relativo laboratorio, ma questo evidentemente non può essere all'interno di un corso liceale.

Qualcuno, con cattiveria, potrebbe sollevare il problema che un, insegnante di chimica del liceo non saprebbe tenere un corso simile; io non posso sottoscrivere una affermazione simile, ma certo che esiste anche il problema della preparazione degli insegnanti e, per quello che sono pagati fino ad oggi, non si possono pretendere da loro anche le competenze tecniche specifiche di questa profondità.

Nella trasmissione Anno Zero, prima citata, mi ha colpito un dirigente scolastico che lamentava la mancanza di fondi per tutto, anche per la carta delle fotocopie; la cifra necessaria per coprire queste spese, ha detto, sarebbe per la sua scuola di 18.000€ all'anno : meno della metà del costo di un insegnante. Ecco che questa esplosione di “cattedre”, di “distacchi”, di sperimentazioni ha portato la scuola alla miseria. Oggi praticamente tutto il bilancio della Pubblica Istruzione è speso per stipendi. Questo è evidente che non va bene.

La “Riforma Gelmini” sembra per la prima volta avere intrapreso la via dello sfoltimento della jungla scolastica, con una riduzione dell'inutile; un approccio troppo timido mi dice l'amico Cremaschi, ma è sempre un approccio nella direzione giusta, che può certamente avere cose da modificare e migliorare.

Interessante è che questa riforma sia stata varata dopo la fine del secondo quadrimestre, evitando così gli inutili disordini di piazza e le occupazioni, che in altro caso vi sarebbero state. In effetti la protesta è debole.

Credo però che sia giusto che gli insegnanti protestino per la perdita del posto, perché è un loro sacrosanto diritto avere un posto di lavoro certo e non essere presi in giro per anni; ma come già detto, le vie da percorre passano per un riutilizzo della loro risorsa in altro modo, modo più confacente e produttivo.



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