REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno VI n° 3 MARZO 2010 MISCELLANEA


La Coldiretti segnala
OGM: storico flop (- 12%) per semine biotech in Europa
Sono solo 6 i paesi della UE in cui è ammessa la coltivazione di mais transgenico, ma in ben 4 la superficie coltivata è diminuita drasticamente



Nel 2009 si è verificato un crollo del 12 per cento nei terreni seminati con organismi geneticamente modificati (ogm) in Europa; questo calo drastico rappresenta una storica inversione di tendenza e conferma che a coltivare prodotti transgenici non c’è neppure convenienza economica, anche nei Paesi dove è ammesso.

 

LE COLTIVAZIONI OGM IN EUROPA

 


Ettari 2009

Variazione
% 2008

Repubblica Ceca

6.480

- 23 %

Romania

3.245

- 47 %

Slovacchia

875

- 55 %

Portogallo

5.093

+ 5 %

Spagna

76.057

- 4 %

Polonia

3. 000

-

Germania

-

- 100 %

Ue

94.750

- 12 %

 

Fonte: Elaborazione Coldiretti su dati Isaa

Lo ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini che ha sottolineato come dall’analisi del rapporto annuale 2009 dell’ “International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications” (ISAAA) emerga che la superficie ogm in Europa nel 2009, per la prima volta, si è ridotta in modo significativo ed è passata da 107.719 ettari a 94.750 ettari.

Dopo il divieto posto anche in Germania nell’aprile 2009, si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi Europei dove - sottolinea la Coldiretti - è possibile coltivare il mais BT geneticamente modificato, l’unico presente nel Vecchio Continente. Le sei nazioni che hanno coltivato mais BT in ordine di grandezza della superficie coltivata sono Spagna (80 per cento del totale), Repubblica Ceca, Portogallo, Romania, Polonia e Slovacchia. Solo per il Portogallo è aumentata la superficie coltivata - precisa la Coldiretti - mentre la Polonia ha mantenuto la stessa superficie coltivata.

Il fatto che, anche dove è possibile la coltivazione, gli agricoltori riducano le semine è la concreta dimostrazione che - sostiene il presidente della Coldiretti - per gli ogm attualmente in commercio non c’è quella miracolosa convenienza economica, al contrario di quanto le multinazionali e i loro “tifosi” propagandano.

A dodici anni dalla loro introduzione in Europa, le coltivazioni biotech sono già in calo e rappresentano molto meno dell’uno per cento del totale perché, di fatto, non sono riuscite a trovare un mercato, vista la persistente contrarietà dei consumatori ad acquistare prodotti geneticamente modificati. Una contrarietà giustificata - continua la Coldiretti - dai crescenti dubbi sul piano sanitario e ambientale che, nel corso del 2009, hanno portato il governo tedesco a vietare il mais Mon 810 (che alcuni vorrebbero seminare in Italia), a seguito di nuove acquisizioni circa gli effetti negativi sull’apparato intestinale, sugli organismi del terreno e sulla dispersione del polline, con contaminazioni derivanti dalla impollinazione incrociata tra coltivazioni transgeniche e non.

La tendenza, che si sta verificando, dà valore alla scelta lungimirante fatta dall’Italia per un’agricoltura libera da ogm grazie all’impegno di un vasto schieramento che comprende Coldiretti, movimenti ambientalisti, consumatori e istituzioni in rappresentanza della maggioranza dei cittadini e agricoltori italiani, che sono contrari al biotech nei campi e nel piatto.

Sulla base dei risultati dell'ultima indagine annuale Coldiretti-Swg "Le opinioni di italiani e europei sull'alimentazione”, il 72 per cento dei cittadini italiani, che esprimono un’opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali. In questo contesto - sostiene Marini - è significativa la posizione espressa dal presidente della Commissione Europea Jose Manuel Durao Barroso che “non vuole imporre la coltura degli ogm in Europa” e lasciare liberi gli Stati membri di decidere se desiderano coltivare o no ogm sul loro territorio, aprendo così la possibilità di invocare la clausola di salvaguardia, strada già percorsa da altri paesi.

Il modello produttivo, cui è orientato l’impiego di ogm è il grande nemico della tipicità e della biodiversità e il grande alleato dell’omologazione, che è il vero nemico dell’agroalimentare italiano; per questo siamo contrari. In Italia, per la conformazione morfologica dei nostri terreni e le dimensioni delle nostre aziende, non sarebbe possibile evitare le contaminazioni e sarebbe violata - conclude Marini - la sacrosanta libertà della stragrande maggioranza degli agricoltori e cittadini di avere i propri territori liberi da ogm. Chiediamo, invece, con decisione un’etichettatura chiara, che permetta di sapere se il cibo che mangiamo contiene, direttamente o indirettamente, organismi geneticamente modificati.

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