Il presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa al ministero dell'Economia con Giulio Tremonti, ha affermato: “
Dopo essere usciti da una forte crisi, stiamo iniziando la risalita. La risalita non sarà veloce, non sarà fatta di grandi numeri, ma è una risalita", ha detto Berlusconi”. A memoria è la prima volta che Berlusconi fa una affermazione non ottimistica sulla crisi economica in Italia, dobbiamo prenderla per vera?
Non sembra essere dello steso parere la presidente di Confindustria
Emma Marcegaglia che non parla di ripresa, ma è invece molto preoccupata per l'inerzia del Governo e dice “
A pochi giorni dalle elezioni non si sente minimamente parlare di programmi, di crisi, di economia, di sviluppo. Dei problemi delle imprese e soprattutto, di quelli dei lavoratori e dell'occupazione”.
Ma vediamo quali sono i dati a disposizione per farci un'idea a di cosa ci attende.
L'
Istat sforna in continuazione le stime sull'economia italiana. L'ultima ha visto in ribasso la stima provvisoria del PIL per il 2009, ma questo non è di per se stesso un fatto grave: infatti la tendenza appare al rialzo. C'è però da osservare che è solo un piccolo incremento che non rimette le cose a posto.
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Fonte: Istat - Conti economici trimestrali IV trimestre 2009
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Questa tendenza alla crescita dopo il profondo tonfo fatto nel 2008 è anche confermata dal fatturato delle imprese, che non mostrano più decrescita e sono stazionarie, mentre gli ordinativi lasciano pensare ad una ripresa della produzione per i prossimi mesi.
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Fonte: Istat - Indici del fatturato e degli ordinativi dell’industria
Dicembre 2009
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Questo indica che la ripresa c'è?
Non sarei così ottimista, indica certamente che qualcosa si muove. Nel valutare questi dati non possiamo dimenticare alcuni fattori: primo tra tutti che occorrono più mesi in crescita per parlare di ripresa; il fatto che gli ordinativi crescano può essere in sostanza dovuto al fatto che le scorte si sono ridotte al di sotto del limite di sicurezza e quindi la ripresa sia solo congiunturale, cioè di breve periodo.
Secondo fattore, da non dimenticare, è che nella crisi le aziende hanno certamente colto l'occasione per ristrutturarsi e aumentare la propria produttività, riducendo la necessità di addetti. Quindi in prima istanza un'eventuale ripresa non corrisponderà a un aumento dei posti di lavoro; questo collima con quanto detto dalla Marcegaglia.
Vediamo cosa dice l'Ufficio Studi di Confindustria sul futuro.
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Fonte: CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA - Scenari economici n. 7, Dicembre 2009
Dicembre 2009
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Nel grafico è evidente una crescita lentissima che solo alla fine del 2011 ipotizza il ritorno ai livelli del 2004 – 2005. Questa previsione è in linea con quella del FMI e dell'ISAE che prevede per il Prodotto interno lordo (Pil) una crescta dell´1% nel 2010, e in una nota spiega “La ripresa è trainata dal rafforzamento del commercio mondiale. Anche la domanda interna registra un contenuto miglioramento, subendo qualche effetto di freno dall´evoluzione del mercato del lavoro. Nel 2011, la dinamica dell´attività economica si porta all´1,4%, grazie al consolidamento dei fattori di ripresa interni e internazionali”. Quindi una ripresa indotta dall'estero, non endogena del nostro sistema, che all'interno si manterrà invece in stato negativo. Non tutti sono però d'accordo su queste previsioni. Vi è chi le ritiene ottimistiche, proprio perché i consumi non decolleranno.
Anche l'OCSE mette in guardia l'Italia. Pier Carlo Padoan, capo economista dell'organizzazione internazionale, ritiene che la ripresa economica dei paesi dell'area OCSE "debole e instabile" e ricorda che, sui trenta paesi dell'Ocse, l'Italia è in una posizione molto bassa: al ventesimo posto per la produttività e per il Pil pro-capite. La crisi ha ampliato lo scarto della produttività tra l'Italia e gli altri principali paesi membri, che è arrivato ormai al 25%.
La ricetta, che l'OCSE propone per per uscire dalla crisi, non è strana, anzi direi che è fin troppo ovvia: ridurre le tasse sul lavoro e sulle pensioni, aumentare le deduzioni sull'Irap e questa operazione può essere finanziata con la lotta all'evasione. Per ottenere questo l'OCSE indica che si deve smettere di fare "condoni fiscali", cose che appunto tutti dicono tranne chi è al Governo.
Il centro sudi di Parigi afferma che la pressione fiscale nel nostro paese è decisamente superiore a quello dell'area degli altri paesi industrializzati e porta degli esempi che ha calcolato: per un single, a basso reddito e senza figli, la pressione fiscale nel 2008 sì è avvicinata al 45%, mentre è sotto il 35% nell'area OCSE. Per una persona sposata, con medio reddito e due figli, la tassazione supera il 35%, contro una media OCSE vicina al 27%.
Tremonti risponde indirettamente a Padoan nel suo intervento al Forum Confcommercio in svolgimento a Cernobbio, in cui si dichiara consapevole di dover mettere mano a una riforma fiscale, che non è affrontabile oggi ma fra due o tre anni. Per questo, per gli incentivi e sugli aiuti all'industria il Governo “non poteva fare di più” a causa dell'alto debito.
Ma è vero che non “poteva” fare di più?
Siamo molto scettici su questa affermazione. Per prima cosa certamente sono state fatte delle scelte di politica economica e fiscale che hanno sprecato soldi in interventi di dubbia utilità, come l'abolizione dell'ICI per i redditi alti e le case di lusso e il far ripartire il progetto del Ponte di Messina, al di là dell'opinione sulla sua utilità, proprio quando la crisi scoppiava. Ma c'è poi un'altra cosa che i nostri governanti non dicono mai: l'esplosione dei costi della Pubblica Amministrazione.
Nel grafico, fornito dalla Banca D'Italia, è evidente come il Governo Prodi abbia ridotto il fabbisogno della Pubblica amministrazione, mentre con il ritorno al potere di Berlusconi lo spreco è ripartito e diciamo spreco, perché non si vedono risultati che ne giustifichino l'impennata.
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Fonte: Banca D'Italia - Supplementi al Bollettino Statistico: Finanza pubblica, fabbisogno e debito, Nuova serie
Anno XX - 12 Marzo 2010 N° 14
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