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Il futuro delle imprese si gioca nell'Est europeo

Oggi i paesi dell’Est Europa rappresentano un importante mercato. Comprendere lo stato di salute di questo mosaico piuttosto frammentato di paesi è molto importante per noi

Di Matteo Ferrazzi

Esattamente un anno fa la crisi finanziaria internazionale toccava il suo culmine raggiungendo la massima tensione proprio a marzo 2009, dopo un semestre - il periodo seguito al crack di Lehman Brothers - vissuto "pericolosamente".

Nell'aprile dello scorso anno i mercati finanziari iniziano però a scommettere in un 'inversione di tendenza. La maggior parte degli indicatori, che mostrano la forza dell'economia reale, toccano il fondo durante l'estate, per poi manifestare graduali segni di miglioramento.

Il 2 aprile 2009 si svolge a Londra l'incontro del G20 e si comprende come nuovi casi in stile Lehman Brothers non sarebbero più accaduti, perché vi sarebbe stata la mano delle istituzioni internazionali a salvare qualunque paese in crisi. In quel frangente le economie dell'Europa Centro Orientale erano il "ventre molle" dell'Europa e i fattori di vulnerabilità non mancavano: elevato indebitamento estero (ma non pubblico), il problema dei prestiti erogati in valuta, la dipendenza dal ciclo europeo e dai finanziamenti bancari esteri, l'esposizione verso il settore dell'auto (la sola Polonia produce più auto a marchio Fiat che l'Italia).

Il paragone con le economie asiatiche del 1996- '97 era forse uno dei commenti più benevoli su questi paesi. Non è un caso che tre quarti dei fondi del Fondo Monetario Internazionale, allocati a livello mondiale durante la crisi, sono proprio finiti all’Est, circa 80 miliardi di dollari, per evitare danni peggiori. Gi altri paesi emergenti sembravano in una situazione sensibilmente migliore.

Un anno dopo possiamo dire che quest’area ha retto l’urto della crisi, sia dal punto di vista economico, che da quello sociale.
Il 2009 è stato certo un anno molto difficile per l’Est Europa: la contrazione media delle economie della regione ha superato il 6 per cento, rispetto ad una contrazione del 4 per cento per i paesi dell’eurozona.

Comprendere lo stato di salute di questo mosaico piuttosto frammentato di paesi è molto importante per il sistema produttivo italiano. Oggi i paesi dell’Est Europa nel loro complesso rappresentano, includendo anche Russia e Turchia (due tra i cinque più grandi mercati emergenti del mondo), un mercato di sbocco ampio quanto quello cinese e quello tedesco (mentre erano la metà del mercato tedesco solo un decennio addietro).

Vi sono oltre 15-20 mila imprese a controllo italiano nella regione (oltre 35 mila quelle registrate), di cui 4 mila con fatturato superiore ai 2,5 milioni di euro. Basti pensare, a titolo di esempio, che il numero di imprese italiane (escludendo le piccole) in Est Europa è circa quattro volte superiore al numero di quelle presenti in Cina. I BRIC nostrani sono quindi molto più vicini di quanto si pensi. Forse non ce ne accorgiamo per via della frammentazione di lingue e confini che rende la visione meno nitida, ma il futuro della nostra industria si giova in parte anche all’Est Europa. Il fenomeno è meno visibile di quello cinese perché i paesi dell’Est producono beni di investimento, la Cina produce beni di consumo (vediamo le etichette cinesi entrare nelle nostre case, insomma).

È quindi una buona notizia sapere che il futuro per le economie dell’Est Europa, per fortuna, appare oggi sensibilmente più roseo rispetto a un anno fa. Negli ultimi mesi le agenzie di rating hanno ripetutamente migliorato il loro giudizio su numerosi paesi (Baltici, Romania, Turchia, Ucraina, Russia, e via a seguire).

I segnali di ripresa, in termini di produzione industriale o di export, ad esempio si stanno consolidando già da parecchi mesi. È chiaro che rimarranno anche nel prossimo decennio il nostro braccio produttivo.


Pubblicato per gentile concessione del “La Rassegna – Settimanale Economico Fianziario”L’autore può essere conttato vie e-mail: matteo.ferrazzi@fastwebnet.it

Argomenti:   #economia ,        #est europa ,        #europa ,        #indebitamento



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