È appena passata l'eco degli arresti dei “caporali” di Rosarno e nuovamente si apre uno squarcio sulla presenza della criminalità organizzata nell'agricoltura.
La Procura Antimafia di Napoli ha fatto scattare un'azione della DIA di Roma e della Squadra Mobile di Caserta, che hanno proceduto all'arresto di 67 persone e al sequestro di conti bancari, terreni, aziende ortofrutticole, appartamenti, terreni e oltre 100 automezzi per un valore complessivo di circa 90 milioni di euro. È stato sgominato così un "cartello" che operava nei mercati ortofrutticoli della Campania, del Lazio e della Sicilia e sono stati decapitati i vertici dei "Casalesi", dei clan Mallardo di Giugliano (Napoli), dei “Licciardi” di Secondigliano e delle famiglie mafiose siciliane dei “Santapaola– Ercolano" di Catania.
Le indagini svolte hanno, secondo gli inquirenti, messo in luce un'alleanza tra i “Casalesi” e i “Mallardo” con le famiglie mafiose dei Santapaola-Ercolano che agivano, secondo l'accusa nel settore dell'ortofrutta e dell'autotrasporto ad esso collegato controllandoli.
La presunta organizzazione criminale avrebbe imposto il monopolio ai commercianti e agli autotrasportatori di prodotti ortofrutticoli in tutto il centro-sud Italia.
Secondo la Coldiretti queste malversazioni portano i prezzi della frutta e verdura a triplicare nel passaggio dal campo alla tavola e questo è anche “effetto delle infiltrazioni della malavita nelle attività di autotrasporto sulle quali è stata fatta finalmente luce.
In Italia oltre l'86 per cento dei trasporti commerciali avviene su gomma e, secondo la Coldiretti la logistica incide per quasi un terzo sui costi di frutta e verdura e sia le imprese agricole, sia i consumatori subiscono l'impatto devastante delle strozzature di filiera con un sistema di distribuzione e trasporto gonfiato e alterato dai fenomeni di criminalità.
Uno studio della Coldiretti dice che, l’ecomafia, con il racket, il pizzo e gli altri fenomeni malavitosi, sviluppa un giro di affari di 7,5 miliardi di euro a danno delle campagne italiane. Segnala poi come la criminalità organizzata in agricoltura operi attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, o con il cosiddetto pizzo, anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardia alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe nei confronti dell'Unione europea e caporalato.
Ora vedremo che dopo questa operazione il prezzo dell'ortofrutta aumenterà al campo e diminuirà al consumatore finale; personalmente ci credo poco.
Credo però che sia importante rilevare come in continuazione i magistrati inquirenti e le forze dell'ordine effettuino arresti e sequestri di beni legati all'attività mafiosa, ma questo “decapitare” i vertici sembra non indebolire l'insieme dell'organizzazione mafiosa.
È certo che appare fuori di luogo l'affermazione del Ministro degli Interni Roberto Maroni: "". Non perché questa operazione sia da sottovalutare, ma perché è dagli anni '60 che si conosce l'influenza dei clan mafiosi di varia appartenenza nella filiera agroalimentare, in particolare uno stretto controllo dei Mercati Generali, nel trasporto, negli imballaggi, nel caporalato, eccetera, quindi quello che oggi trovano gli inquirenti non può fare meraviglia. Deve invece fare meraviglia che le leggi permettano tutto questo con facilità.
Nel corso dell'indagine sono stati sequestrati veri e propri arsenali di armi provenienti dalla Bosnia. Sono in corso perquisizioni e sequestri a carico di società e aziende operanti nei maggiori mercati ortofrutticoli della Campania, del Lazio e della Sicilia. Anche questa non è una novità; si sa infatti da mezzo secolo che la criminalità organizzata lavora livello logistico su più fronti, quali il traffico di armi, di droga, di sigarette e oggi anche di uomini.
Anche il rapporto tra Camorra, 'ndrangheta e mafia siciliana è cosa nota e già dagli anni '60, anche se i “casalesi” appaiono più distanti. Quindi nulla di nuovo sotto il sole.
Se c'è una cosa che invece appare assurda è il comportamento di certi giornalisti che tentano di sminuire la pericolosità delle mafie e l'opera di chi le combatte. Ultimo fra questi dobbiamo annoverare Emilio Fede che cerca di sminuire Saviano e le sue accuse con frasi come queste “…ha scritto dei libri contro la camorra, ma lo ha fatto tanta altra gente, senza fare clamore, senza andare sulle prime pagine, senza rompere… scusate, volevo dire senza disturbare la riflessione della gente che ha capito bene… ”
Ben vengano queste persone che fanno clamore, che vanno sulle prime pagine e che fanno conoscere come la criminalità si comporta: conoscerla per combatterla è un modo importante per aiutare a cambiare la cultura dell'ambiente in cui la mafia opera; questo è l'unico vero modo per bloccarla.
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