REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno VI n° 5 MAGGIO 2010 TERZA PAGINA


Racconti del mare
“La donna del nord” e “L'estate degli anni sessanta”
Di Annamaria Francese


PROLOGO

Se lo guardo di notte, con rare luci all’orizzonte, le case alle spalle e intorno, abbarbicate alla roccia, appena distinguibili nel buio, mi prende uno strano smarrimento.. L’immenso profondo e vasto mi sta davanti, oscuro, e perdo la mia dimensione, quasi sospesa nella reale presenza delle cose e l’assenza totale di margini.

Lo so, l’effetto sembra esagerato e se non sono da sola non mi accade. Voci e volti mi tengono legata, la realtà è con me. Ma, nel silenzio di una notte vagamente insonne, questo è ciò che sento e scruto su quella massa nera alla ricerca di un magico luccichio che riveli non tanto una lampara, quanto piuttosto lo sguardo penetrante di una creatura marina che avanza. E quel sordo rumore di risacca trascina i miei pensieri in ghirigori e volute che formano storie. Storie normali, per carità, niente di misterioso, ma credo tuttavia che sia il mito del mare a suggerirle.

I RACCONTI DEL MARE

LA DONNA DEL NORD

In quel punto della costa l'acqua era gelida perché il piccolo fiume che veniva dal canalone vi adagiava ogni tanto le sue acque. Ogni tanto, perché il fiume d'estate era quasi sempre in secca; scorreva tra ciottoli bianchi, sotto il ponte di pietra che congiungeva le due montagne e spesso si perdeva in rivoli diversi nel vallone, prima di arrivare al mare. E nel percorso si asciugava.

Là, su quel litorale selvaggio, in quella spiaggia di pietruzze rosa e grigie, i gabbiani si fermavano a gruppi, immobili, voltati verso il mare, in attesa.
E dalla piccola casa sulla montagna, anche una donna dal nome strano consumava la sua attesa, il viso e gli occhi secchi per la troppa luce e la salsedine.
Silenzio e stridio di gabbiani. Silenzio e vento, di mare e di terra.
Qualche volta il vento era veramente violento: da quelle parti lo chiamavano "il Saraceno". E le trombe d'aria si vedevano scure avanzare sopra l'acqua, come cunei che scavavano mulinelli selvaggi.

Una volta la donna aveva tentato di fotografarle e c'era pure riuscita, in parte. Non era facile però distinguerle, nella foto,senza averle prima viste dal vivo.
Quando soffiava il Saraceno il promontorio si stagliava nitido in un cielo violaceo ed era tutto uno spettacolo grandioso. E lei era rimasta prigioniera di quella terra, anche ora che non aveva più nessuna ragione per restare. Astrid non era nata là, ma in un lontano paese del Nord Europa, dove soffia un vento ancora più forte.
E gelido.
E dove il sole è difficile da vedere.

Poi aveva incontrato Tommasino e con lui si era fermata.
Per 30 anni. E per trent'anni la piccola casa sulla montagna era stata la sua vita, quel mare, il suo mare.
Ora che Tommasino se ne era andato e dormiva nel piccolo cimitero a mezza costa, lei era rimasta là, con i figli ormai grandi e lontani, partiti per quei paesi che lei un tempo aveva lasciato.

I giorni l'avevano resa custode dei ricordi,custode di una tomba, dei gabbiani e del mare. In attesa del passare del tempo e dell'ora in cui avrebbe rivisto Tommasino. Prima o poi.

L'ESTATE DEGLI ANNI SESSANTA

La ragazza aveva quindici anni, un filarino con un compagno di liceo e molti sogni.
La sua estate era tutta là, in quel minispazio di sabbia davanti alla casa, su quel piccolo molo da pescatori dove spesso andava a leggere. Si, lei leggeva molto, leggeva di tutto e sognava.

La vita a quel tempo sembrava promettere molto e quel mare, neppure tanto bello, ma tranquillo, le permetteva di fare lunghe nuotate e lunghe esposizioni al sole. Allora ci si scottava sempre e non c’erano protezioni 50 e passa e non si parlava di eritemi, di sole malato e altre cose.

Erano anni diversi, meno stress e più ingenuità..

Quell’estate Fiorella notò “lui”che aveva un cappellino verde e uno sguardo penetrante. Lo aveva incrociato di sfuggita, una mattina, camminando sulla riva. Era stato un lampo e si era innamorata. Il suo fidanzatino di città dimenticato in un attimo, cancellato come le classiche orme sulla sabbia.

Il ragazzo dal cappello verde era il capobanda di una piccola comitiva di residenti (quello non era un posto molto frequentato)e per lei, che se ne stava sempre da sola, quel gruppo sembrava il massimo dell’allegria e del divertimento.

Un pomeriggio, quasi al tramonto, mentre se ne stava come al solito sul moletto, immaginando strane avventure in paesi lontani, oltre la linea dell’orizzonte,la sua piccola realtà ebbe un sussulto. Quel ragazzo la raggiunse e le rivolse la parola.

Da quel momento lei entrò a far parte della compagnia e si sentiva veramente al posto giusto. Lui non le rivolse mai una parola diversa, il suo atteggiamento restava quello di un compagno di giochi e lei invece pendeva solo dalle sue labbra e dal suo sguardo. Gli altri se ne erano accorti e lei rischiava di diventare l’oggetto di frecciate e risatine sotto i baffi.

Poi l’estate finì e il primo a partire fu proprio Mauro. Lo aspettava ancora uno scampolo di vacanza con un viaggio in Svezia. Ricordo che a quei tempi la Svezia per le ragazze era un luogo di perdizione dove i fidanzati sparivano ingoiati da lunghe masse di capelli biondi e bocche sorridenti. Un viaggio in Svezia in genere segnava l’inizio della fine, figuriamoci come dovesse sentirsi Rossella che non aveva avuto neppure un inizio.

Sono passati molti anni e su un terrazzino affacciato sullo stesso mare una donna matura guarda i suoi figli adolescenti bagnarsi in quelle stesse acque sempre meno invitanti, ma, per una strana ironia della vita, molto più affollate di un tempo.
L’uomo seduto accanto a lei legge un giornale sportivo e ogni tanto lancia una rapida occhiata all’orologio, in attesa dell’ora di cena. Ha capelli quasi bianchi, una discreta pancetta e parla poco. Quasi niente. Frequenta pochi amici, soprattutto lì, in quel paesino di mare e non è di buona compagnia.

Rossella ricorda un ragazzo bruno, con un cappellino verde e pensa...
Lui era tornato, nessuna svedesina lo aveva trattenuto. Si erano rivisti e da allora erano rimasti sempre insieme. Lui ora indossa un cappelletto blu con la visiera e sfoglia un giornale. E’ impigrito e indifferente e lei ha smesso di sognare da un pezzo.


I racconti proseguono sul numero successivo con: L'uomo del mare. Il mare sul CD. Quando finisce l'estate

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