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Cosa ci dice il rapporto Censis - Coldiretti sulle abitudini alimentari degli italiani Nel maggio scorso è stato pubblicato il “Primo Rapporto”. I risultati mostrano elementi interessanti e contraddizioni nelle scelte di come alimentarsi Di G.G.
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4 italiani su 10 “frustrati” a tavola.
Per il 37% degli italiani vale l'affermazione “Vorrei mangiare più sano, ma non ci riesco” e se si tratta di persone nella classe di età 30- 44 anni la quota sale al 40,5%. I “frustrati” a tavola sono in numero superiore agli italiani che invece dichiarano di seguire una dieta sana perché l’alimentazione è tra i fattori importanti per la salute (33% ). Informarsi sul cibo per gli italiani è sempre più importante: quasi il 62% degli intervistati si dichiara molto informato sui valori nutrizionali, le calorie e i grassi dei vari alimenti. Il 34% degli intervistati ritiene, poi, che la propria alimentazione dipenda in via prioritaria da scelte soggettive (che hanno bisogno di tante informazioni per essere adeguate), per il 30,4% dalla tradizione familiare, e per poco meno del 19% da quello che ci si può permettere, tenuto conto del reddito e dei prezzi. Come per la salute, anche per il cibo il web è un formidabile moltiplicatore di offerta informativa e di comunicazione, perché la sua logica orizzontale facilita la ricerca individualizzata relativa agli aspetti che interessano singolarmente. Infatti televisione e web sono la fonte primaria di informazione sugli alimenti per il 51,1% degli italiani; seguono i quotidiani, i settimanali e i periodici (34%), poi i familiari e gli amici (25,5%), mentre il 25,6% ricorre invece ai negozianti e al personale del punto vendita. È l’era del politeismo alimentare “È l’era del politeismo alimentare”; così il Censis chiama quel fenomeno, emerso dallo studio, che spinge le persone a mangiare di tutto, senza tabù, generando combinazioni soggettive di alimenti e di luoghi ove acquistarli, neutralizzando ogni ortodossia alimentare. Quello che prevale è un politeismo fatto di combinazioni soggettive di luoghi di acquisto dei prodotti e relative diete alimentari. La recente crisi ha rinforzato questi comportamenti sociali. Il rapporto con il cibo risulta essere sempre più una dimensione soggettiva, espressione dell’io che decide e che, a partire dalle proprie preferenze, abitudini, prassi e aspettative, nonché dalle risorse di cui dispone, definisce il contenuto del carrello e della tavola. Non esiste il Mcmondo che come un Grande Fratello indirizza i carrelli della spesa. Esistono consumatori che, con una miscela originale di motivazioni e obiettivi, definiscono una propria specifica combinazione di alimenti e luoghi di acquisto, tanto da poter dire che il modello alimentare prevalente è in realtà un patchwork di opzioni, che spesso appaiono contraddittorie. Ad esempio: tra le persone che dichiarano di acquistare regolarmente prodotti Dop e Igp - comportamento che denota grande attenzione alla qualità - una quota non lontana da un terzo acquista regolarmente anche cibi precotti, addirittura più di due terzi acquistano regolarmente scatolame, e oltre tre quarti surgelati. Anche tra coloro che acquistano regolarmente prodotti dell’agricoltura biologica, circa tre quarti acquistano anche surgelati, circa due terzi anche scatolame, e una percentuale simile prodotti con marchio del distributore; tra gli acquirenti regolari di prodotti del commercio equo e solidale, una nettissima maggioranza acquista i prodotti a marchio commerciale del distributore, oltre tre quarti acquista prodotti surgelati e oltre due terzi scatolame. Addirittura si recano presso i fast-food: il 27% degli acquirenti abituali di prodotti del commercio equo e solidale, il 26,7% degli acquirenti abituali di frutta e verdura da agricoltura biologica, il 22,6% degli acquirenti di prodotti Dop e Igp, e il 21,6% di coloro che acquistano direttamente dal produttore. Lo spuntino è “doveroso” per 2 italiani su 3 Due sono gli “spuntini” amati dagli italiani: al mattino lo fa il 62,3% degli italiani e il 63,8% il pomeriggio; la somma fa più del 100% ma non è un errore infatti il 52,2% lo fa sia alla mattina che al pomeriggio. Frutta, yogurt, cracker e, al mattino, anche cornetto, brioche e merendine sono gli alimenti che compongono in prevalenza gli spuntini. Con l’affermarsi dello spuntino tendono ad assomigliarsi il pranzo e la cena, unica differenza evidente è con la pasta, molto più presente sulle tavole degli italiani a pranzo. Se ragioniamo su 7 pranzi per ogni settimana, la frutta, il pane e la verdura sono presenti più di 5 volte, la pasta 4,6 volte, la carne 3,1 volte, mentre il dolce è sulla tavola per 2,1 pranzi a settimana, il riso e il pesce solo 2 volte. Tra le bevande, invece, il vino è presente in poco meno di 3 pranzi settimanali, le bevande gassate meno di 2 volte, la birra poco più di una volta alla settimana. Le cene hanno caratteristiche non molto diverse dai pranzi: diminuisce in modo sostanziale la presenza di carne e pesce. Non si capisce però perché la rilevazione del Censis abbia trascurato i formaggi. Vino, bevande gassate e birra sono presenti con la stessa intensità che a pranzo. Le differenze si assottigliano anche tra i giorni lavorativi e quelli festivi, durante i quali le uniche trasgressioni che gli italiani si concedono riguardano il vino e il dolce, presenti con maggiore frequenza. Di cosa vanno pazzi gli italiani? Sono circa 2,1 milioni gli italiani che dichiarano di mangiare sempre, a pranzo e a cena, sette giorni su sette, dal lunedì alla domenica, la pasta, ma sono oltre 17 milioni gli italiani che vanno pazzi per il pane, 14,7 milioni quelli che mangiano sempre la verdura, 20,3 milioni gli italiani che mangiano sempre frutta fresca, 500 mila la carne e 820 mila il dolce. Ci sono poi gli italiani che non mettono mai in tavola certi alimenti, così come alcuni che tendono a non prenderli in considerazione per il pranzo, oppure per la cena. Attualmente 430 mila italiani dichiarano di non mangiare mai, né a pranzo né a cena, né durante i giorni feriali né tanto meno nei week-end, la pasta; 930 mila non mangiano mai il pane, quasi 1,8 milioni non hanno rapporti con il riso, quasi 1,2 milioni non mangiano mai la carne, oltre 3,1 milioni dichiarano di non mettere mai in tavola il pesce, 370 mila non mangiano mai la verdura, più di 1 milione di italiani non mangiano mai la frutta e infine il dolce non è mai presente nel piatto di 6,7 milioni di italiani. Riguardo alle bevande, 13,5 milioni non bevono mai a pranzo o a cena il vino, 19,2 milioni non bevono la birra e 19,3 milioni non bevono mai le bevande gassate. Per il 25% degli italiani più frutta se costasse meno Circa un quarto degli italiani mangerebbe più frutta se costasse un po’ meno (n.d.r. manca la domanda se la frutta e la verdura che si ritrova nei punti commerciali soddisfi;credo che, specie per la frutta, troppe volte la qualità sia più che scadente: bella e per niente buona!), e circa un quinto farebbe la stessa cosa con la verdura e gli ortaggi. Nello studio si evidenzia come rispetto al dualismo tra grande distribuzione e negozi tradizionali, giocato sul prezzo e sul servizio incorporato nei beni, spicca la crescita degli acquisti diretti dal produttore, inclusi i mercati del contadino, che vengono percepiti come una soluzione che risponde ad alcune esigenze forti: il prezzo conveniente, la genuinità e la sicurezza del prodotto. Nel 2009 due italiani su tre (67%) hanno acquistato almeno una volta direttamente dal produttore agricolo (in azienda o nei farmer market), la forma di distribuzione commerciale che ha registrato la maggiore crescita nell’anno, battendo nell’alimentare negozi e ipermercati, grazie a un incremento dell’11% del valore delle vendite, per un totale stimato in 3 miliardi di euro. L’80% degli italiani mangia fuori per trasgredire: ai pasti fuori casa va circa un terzo della spesa alimentare complessiva. Oltre l’80% degli italiani mangia almeno una volta alla settimana fuori casa, presso un esercizio pubblico, e a farlo in misura maggiore sono i giovani (93%) e i residenti al Nord-Est (88,3%). Dallo studio sulle motivazioni della scelta di mangiare fuori casa, oltre a quelle ormai classiche (le esigenze lavorative e quelle ludiche, di convivialità), spicca una nuova ragione, piuttosto originale: la scelta di mangiare fuori diventa l’occasione per l’esercizio di una libertà rispetto ai canoni salutisti che ormai incombono come riferimenti centrali nel determinare la dieta delle persone. Infatti, nella scelta di cosa mangiare quando si pranza o si cena al ristorante o in un altro locale pubblico, la considerazione dei valori nutrizionali pesa in misura nettamente minore rispetto a quando si mangia in casa (il 29,7% in casa, il 14,9% fuori casa). La spesa è ancora donna A prendere le decisioni relativamente alla spesa sono principalmente le donne, oltre il 61%; un dato che rimette al centro una verità troppo spesso rimossa: nell’organizzazione della vita familiare, la spesa è in capo alle donne. Per la maggioranza degli italiani la spesa si fa una volta alla settimana(60,7%); quasi il 27% delle famiglie, effettua, invece, acquisti giornalieri e il rimante 10% circa provvede a rifornirsi di alimentari una volta al mese. La frequenza quotidiana della spesa alimentare familiare riguarda nel Nord-Ovest il 17,4% della popolazione, nel Nord-Est il 22,8%, al Centro il 29,6% e al Sud quasi il 35%. La frequenza settimanale riguarda invece quote progressivamente decrescenti di famiglie dal Nord al Sud. Il 74,6% degli intervistati dichiara che tra gli aspetti che influenzano la scelta dei prodotti alimentari prevale la provenienza dal proprio territorio, aspetto che presumibilmente viene visto come una garanzia rispetto alla qualità e alla sicurezza. Questa convinzione è più forte tra i residenti al Sud (78,8%). Argomenti: #alimentari , #censis , #salute , #società Leggi tutti gli articoli di G.G. (n° articoli 61) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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