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Intervista a Silvia Sanna “100 giorni sull’isola dei Cassintegrati” cosa vuol dire? L'autrice parla dell'esperienza fatta nello scrivere questo libro, che dice è “nostro” perché è una esperienza corale dei “naufraghi dell'Asinara” Di Giovanni Gelmini
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Perché un libro su questa esperienza?
Sono andata all'Asinara, prima di tutto come cittadina solidale e poi come maestra disoccupata: siamo tutti naufraghi della stessa barca che sta affondando. Una barca che si chiama Italia. Arrivata lì, non sapevo come poter aiutare questi operai. "Non so fare molto" ho detto loro "Mi piace scrivere: se volete possiamo raccontare insieme la vostra storia". E così è stato. Loro hanno segnato un passo importante della lotta operaia e della comunicazione. Dovrebbero stare dietro una cattedra a spiegare, con il loro linguaggio 'operaiese', come si fa, in una situazione così drammatica, a condurre una protesta pacifica, anziché scendere in piazza e spaccare le vetrine. Sarebbero in grado di dare lezioni a politici, imprenditori, sindacalisti. Ma questi, molto probabilmente, non capirebbero nulla.
E' senz'altro un "modo altro" di protestare. Inizialmente hanno fatto barricate, occupato strade, porti, aeroporti. Poi hanno capito che la gente li vedeva non come disperati a cui era stato tolto il lavoro, ma come delinquenti che impedivano ai cittadini di muoversi liberamente. Creavano disagi e non erano ben visti. Allora hanno deciso di rivolgere a loro stessi tutti i disagi, con l'autoreclusione: un gruppo di operai si trova su un'antica Torre Aragonese di Porto Torres da gennaio e un gruppo si trova nell'ex carcere dell'Asinara da febbraio. Protestano pacificamente, non danno fastidio a nessuno ed è questo che probabilmente ha creato così tanta attenzione sulla loro vicenda. La gente, ormai, li sente vicini come fossero amici e conoscenti: conosce persino i loro nomi. Sul gruppo facebook a loro dedicato, ogni giorno centinaia di sconosciuti si rivolgono a loro con parole d'incoraggiamento. E sull'isola si leggono tutti questi messaggi con gli occhi lucidi di commozione. I cassintegrati sono sì isola nell'isola, ma non dimenticano ciò che accade attorno a loro. Hanno organizzato un triangolare di beneficenza, indossando calzoncini e scarpe da calcio e hanno raccolto una cifra consistente per l'acquisto di un endoscopio per la chirurgia pediatrica di Sassari. Durante la "Festa grande" di Porto Torres hanno allestito uno stand in cui vendevano birra e il ricavato è stato devoluto alla Caritas portotorrese. Poi, con Legambiente, hanno ripulito le spiagge dell'Asinara da cima a fondo. A breve, poi, partirà un progetto denominato "Biblioteca cassintegrata" e raccoglieranno libri all'Asinara che poi a fine vertenza, verranno donati alle biblioteche carcerarie e all'Ente Parco dell'Asinara. Insomma: non potendo fare altro (perché se lavorano perdono la cassa integrazione), non se ne stanno con le mani in mano e pensano a fare solidarietà. E' un modo per ricambiare l'affetto che la gente dà loro da più di quattro mesi. Arrivano aiuti ogni giorno, dalla gente comune. Solo chi potrebbe aiutarli davvero, galleggia in panciolle su chissà quale mare. Non ho avuto ancora modo di leggerlo, quindi non posso farti domande dirette sul libro, ma, seguendo l'esperienza su Facebook, mi sembra di capire che questi uomini sono molto legati fra di loro. Tu li stai seguendo da molto, allora ti chiedo: questa esperienza li ha cambiati? All'inizio erano solo colleghi d'impianto: alcuni non si salutavano neanche, non tutti conoscevano i nomi di tutti. Poi, la lotta li ha uniti. Li ha anche divisi, è vero, perché sappiamo bene che non tutti osano andare in avanscoperta: è sempre valido, purtroppo, il motto: "Armiamoci e partite". Lo zoccolo duro degli operai, però, è rimasto. E ormai sono una grande famiglia e, come in tutte le famiglie, si va d'accordo, si litiga e poi ci si riappacifica o magari no. Posso parlare dell'Asinara, perché è lì che vivo da qualche tempo. Il 24 febbraio sono arrivati i singoli operai, poi a maggio sono arrivate anche alcune loro famiglie a dare manforte: mogli, fidanzate, figli. Prendi svariate famiglie e mettile su un'isola, con i disagi, l'effetto di sentirsi isola nell'isola, lontano dalla quotidianità, dalla propria casa, con l'umidità della cella, gli insetti che ti pungono ovunque. Tutte queste famiglie hanno formato, in questi ultimi mesi, un'unica grande famiglia.
Questa esperienza li ha cambiati: molti di loro non hanno neanche trent'anni. Sono sbarcati all'Asinara che erano ragazzi e ora sono uomini. Anche i più maturi sono cambiati. Qua si impara ad essere riflessivi, a contare fino a dieci prima di insultare il ministro che dice di non conoscere la loro vicenda. Si impara a convivere 24 ore su 24 con i disagi, con i malumori, con il pensiero di chi ha la famiglia lontana, con gli sgambetti interni ed esterni, con l'incubo delle bollette che si accatastano ogni giorno sul tavolo, con la totale indifferenza dei governatori che non riescono a governare e li lasciano in un limbo, che è molto vicino all'inferno, ad aspettare. Da più di 4 mesi. Si è sentito di una polemica per un libro uscito prima del vostro.... Le polemiche di questo genere sono sempre dannose e sterili, perché spostano l'attenzione e la concentrano sulle chiacchiere da bar, facilitando il gioco di chi vuole far cadere la vicenda nel dimenticatoio. Prima del nostro, in tutta fretta, è uscito un altro libro. In gergo tecnico si dice che "siamo stati bruciati", ma noi non facciamo gare di velocità, anche perché sappiamo bene qual è il frutto della gatta frettolosa. In realtà sono due libri completamente diversi che potrebbero compensarsi: l'altro è un libro tecnico, politico, mentre il nostro è emotivo, intimistico. L'altro testo è il libro di un cassintegrato Vinyls - da sempre in prima fila in questa 'lotta', dalla terraferma - che racconta la vicenda dal suo personale punto di vista. Il nostro è il libro corale degli operai della Vinyls e dell'indotto che vivono -fisicamente- da più di 4 mesi nell'ex galera dell'Asinara, dopo aver occupato la torre aragonese. Ogni persona vive le cose in maniera soggettiva: ben vengano, quindi, due o più libri che parlano della vicenda, non esiste un copyright delle esperienze e l'uno non esclude l'altro. Purché si mantenga sempre inalterata la verità degli accadimenti e delle dichiarazioni, senza nessun filtro se non quello del buonsenso. La polemica - subito rientrata dopo la smentita-, è nata perché l'autore veniva indicato come portavoce dell'isola dei cassintegrati, cosa non vera, anche perché non sta sull'isola. Oltretutto, i cassintegrati non hanno mai letto quel libro né prima né dopo la pubblicazione e non vogliono essere identificati in qualcosa che non conoscono. Il fatto che il libro in questione abbia la copertina che dovevamo usare noi (con il logo ideato da noi), lo stesso titolo e lo stesso prefatore che avevamo scelto noi, sono quasi piccolezze. In un libro è il contenuto che conta. Auguri, quindi, anche all'altro autore, perché raggiunga gli obiettivi che si è prefisso. Anche noi speriamo di raggiungere i nostri, che sono tre e ben chiari: tenere accesi i riflettori sulla vicenda, far riaprire i cancelli dell'impianto e acquistare un macchinario fondamentale per i bambini ricoverati in Pediatria. Cosa contiene invece il tuo libro? Contiene il dietro le quinte di questa lotta pacifica: tutto ciò che è rimasto tra le mura del carcere, che gli operai occupano da più di 140 giorni, e nelle loro case vuote. Abitazioni in cui gli uomini sono ormai "una presenza apparecchiata per cena", con donne e bambini che aspettano, finora inutilmente, che il capofamiglia rientri a casa. E' un libro senz'altro vissuto. Non è un caso che lo abbia scritto facendo la spola dalla terraferma all'Asinara (dove il cellulare e internet hanno grossi problemi di ricezione) e nel frattempo loro abbiano continuato la loro lotta, stando chiusi nell'ex carcere, coerentemente dall'inizio sino ad oggi. Sarebbe stato troppo semplice e poco veritiero scrivere un libro sull'isola stando comodamente seduti sul divano di casa. Un po' come descrivere le emozioni di un paesaggio guardandolo attraverso il televisore. Io vivo con loro già da un po', ormai: sono stata adottata dalla grande Famiglia Cassintegrata. Sono io che scrivo, è vero, ma faccio solo da tramite per raccontare i loro pensieri, le emozioni, le paure e le speranze. Il libro non è mio, ma è nostro. E' stato scritto in gran parte nelle celle: l'abbiamo letto, riletto e corretto insieme, nel piazzale del carcere, tirando tardi fino alle 3 del mattino. Abbiamo riso e pianto. Siamo stanchi, ma soddisfatti. E soprattutto fieri di aver fatto una cosa utile. Nessuno di noi avrà un solo centesimo del ricavato di questo libro, sia ben chiaro: non vogliamo lucrare sui casi umani (anche se quei casi umani siamo proprio noi!) e vogliamo pensare a chi purtroppo non se la passa meglio. Il ricavato andrà a "Sardegna Amaci", un'associazione che si occupa di malattie chirurgiche infantili: il nostro scopo è quello di concludere l'acquisto di un endoscopio, affinché i piccoli pazienti sassaresi non debbano necessariamente fare viaggi lunghi e costosi. I cassintegrati hanno già raccolto una cifra consistente organizzando un triangolare di beneficenza; ora vorremmo contribuire ulteriormente all'acquisto del macchinario. L'esperienza dell'Asinara ha cambiato qualcosa in te? Ero reduce da un'esperienza travolgente e sconvolgente vissuta a L'Aquila, dove ho vissuto per 23 giorni nella tendopoli di Villa Sant'Angelo. All'Asinara ho trovato una situazione diversa, ma allo stesso tempo simile: la sofferenza dovuta a qualcosa che c'era ed è mancata all'improvviso, i disagi della convivenza più o meno forzata per 24 ore su 24, le telecamere talvolta invadenti, le critiche sterili, gli atti di sciacallaggio di chi vuole lucrare sul dolore degli altri. Ma ho trovato anche e soprattutto dignità, accoglienza, onestà e una grande forza d'animo. L'Asinara, poi, è un'isola nell'isola e qua tutto si vive in modo amplificato, nel bene e nel male. Una piccola emozione può travolgerti, buttarti a terra, non farti capire più niente. Essere così lontani dalla terraferma, dalle famiglie e dagli amici, poi, aggiunge un senso di vuoto che non si può descrivere. Se c'è un piccolo problema sulla terraferma, che sia il raffreddore di un figlio o il mal di testa di una madre, sull'isola viene vissuto all'ennesima potenza: perché sei lontano e ti senti impotente. Attorno a te ci sono solo il mare e il silenzio e il vuoto. Allo stesso tempo, tutto ciò ti rende più riflessivo e la natura attorno ti sembra una parte di te. Si crea una simbiosi incredibile con ogni essere vivente: che sia asinello, uomo o capretta. La presenza dello scultore Enrico Mereu, inoltre, ci ha insegnato ad avere rispetto e attenzione anche per un pezzo di legno, per una pietra o un fiore. Quando lasceremo l'Asinara, si spera che sia solo per la riapertura degli impianti. Saremo felici e tristi allo stesso tempo: una bella fetta della nostra vita resterà sull'isola, col nostro amico Enrico e la nostra terra madre. Vuoi dire ancora qualcosa ai lettori? Vorrei parlarvi di un'iniziativa che partirà a breve all'Asinara: la "Biblioteca Cassintegrata", interamente gestita dagli operai che occupano l'isola. Chiunque potrà portare o inviare libri in dono che verranno catalogati e sistemati negli scaffali di legno che gli stessi operai stanno costruendo. A fine vertenza, si spera presto, tutti i testi raccolti saranno donati alle biblioteche carcerarie e all'Ente Parco dell'Asinara. Ma c'è una cosa che vorrei chiedere ai lettori: continuate a seguire la vicenda, a mandare messaggi di solidarietà agli operai in lotta, il passaparola è importantissimo in un momento come questo in cui vorrebbero imbavagliare pensieri, idee e proteste. Non lasciamoli soli. Vedi la recensione di “100 giorni sull’isola dei Cassintegrati” Argomenti: #asinara , #disoccupazione , #lavoro , #lotta sindacale , #sanna , #silvia sanna , #sindacati , #vinyls Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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