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Il Rinascimento tra Veneto e Friuli

I percorsi di sviluppo della cultura figurativa nel territorio tra Livenza e Tagliamento nei secoli XV° e XVI°

Di Luca Majoli (a cura)

La mostra “Rinascimento tra Veneto e Friuli (1450 - 1550)” è l'occasione per ricomporre i percorsi di sviluppo della cultura figurativa che interessò il territorio tra Livenza e Tagliamento nei secoli XV° e XVI°, e per focalizzare l’attenzione sulle dinamiche di circolazione di opere, di artisti e di modelli, nel tentativo di ricostruire la complessa e variegata cultura del Rinascimento in questo territorio.

I decenni che seguono il 1420, anno del passaggio di Portogruaro alla diretta sovranità della Repubblica di Venezia, sono per la città un periodo di profonda trasformazione economica e sociale: è un momento di forte crescita economica, che rafforza il ruolo di centro di commercio fluviale della città e ne accresce la funzione strategica nel contesto politico della Dominante.

Nel 1434 vengono approvati i nuovi Statuti, in sostituzione di quelli trecenteschi ormai superati dai tempi e dal rinnovato contesto istituzionale. Tutta la città si struttura e si organizza in chiave moderna. Gli ordini mendicanti, francescani e domenicani, consolidano la presenza già abbozzata nel medioevo, e le strutture assistenziali e caritative si organizzano in confraternite di laici. La vocazione mercantile della città favorisce la creazione di Fraglie e numerosa è la presenza di notai. Nella vicina sede episcopale di Concordia nel corso del Quattrocento si susseguono vescovi appartenenti al patriziato veneziano e padovano, molti dei quali non risiederanno che saltuariamente nella sede, ma contribuiranno tuttavia allo sviluppo di un ingente programma di rinnovamento urbano che coinvolge gli edifici civili e religiosi.

Ad un forte dinamismo sul versante architettonico corrisponde un analogo fermento nella produzione artistica, dove le due anime del territorio, quella veneta e quella friulana, coesistono dando vita a istanze e sensibilità multiformi. Ci troviamo di fronte ad un confronto continuo, che culmina nei primi anni del Cinquecento nella commissione, da parte delle principali confraternite cittadine, di due importanti pale d’altare. A Cima da Conegliano, viene affidata l’Incredulità di Tommaso che realizza nel 1504 per la chiesa di San Francesco e che ora è conservata alla National Gallery di Londra, e all’udinese Giovanni Martini viene commissionata tra il 1512 e 1513 di una monumentale Presentazione al tempio per il duomo di Sant’Andrea, attualmente nel abside dello stesso, e che sarà in mostra assieme alla sua omologa di Spilimbergo.

Sono questi solo due esempi del processo di innovazione stilistica che interessò l’intera area geografica. Negli stessi anni il territorio era solcato anche da altri artisti come il veronese Bonifacio de’Pitati e il friulano Pellegrino da San Daniele.

I fermenti di trasformazione non si limitarono alla realtà urbana. La città di marcata impronta venezianeggiante è circondata da un contado ancora linguisticamente legato alla “Patria del Friuli”. Il panorama offerto da quanto tuttora sopravvive nelle chiese rurali, sia come cicli affrescati e sia come sculture lignee realizzate tra Quattro e Cinquecento, testimoniano l’entità e la qualità di queste trasformazioni che seguirono linee di sviluppo differenti nell’ambito urbano rispetto al restante territorio. Se l’impronta veneziana è più forte a Portogruaro e nella vicina Concordia, le scelte della committenza religiosa nelle campagne sono rivolte principalmente verso artisti provenienti dall’area friulana, ma che conoscono il linguaggio artistico della Dominante. In questo contesto si sviluppa il tessuto di una singolare cultura figurativa attorno alla personalità di “piccoli maestri” come Andrea Bellunello, artista originario di Belluno e a partire dal 1455 residente stabilmente in Friuli, dove riveste la funzione di principale tramite e diffusore dei modi figurativi veneziani e padovani, acquisiti presso la bottega dei Vivarini. La cultura veneziana è tuttavia declinata dall’artista in maniera del tutto personale, attraverso asprezze nordiche, un forte grafismo e un vivace cromatismo privo di trapassi chiaroscurali. Nella facciata della chiesa di San Tommaso di Bagnara di Gruaro, Bellunello dipinse una lunetta con Madonna con Bambino. Per la stessa chiesa, intorno al 1480, realizzò un trittico ligneo, scolpito e dipinto, che fu venduto nel 1880 al museo Correr di Venezia.

La presenza in mostra della parte centrale di quest’opera ora conservata a Venezia, e la possibilità di confronto diretto con le altre testimonianze plastiche attualmente ascritte all’artista, si rivela una importante occasione di affrontare criticamente la produzione di Bellunello come scultore, in rapporto alla sua produzione pittorica.

Quella di Bellunello nel territorio tra Veneto e Friuli non è una presenza sporadica. Portogruaro e tutto il territorio circostante tra Quattro e Cinquecento sono frequentati da importanti presenze di artisti friulani. Basti ricordare lo scultore Domenico da Tolmezzo, autore di un’inedita statua raffigurante San Rocco a San Giorgio al Tagliamento, o Gianfrancesco da Tolmezzo che realizzò un ciclo pittorico a Settimo di Cinto Caomaggiore e una Madonna e santi, affrescata nel sottoportico di una casa di Annone Veneto. Una presenza importante, che attesta il transito dell’artista lungo le vie che dal Friuli conducevano a Venezia e agli altri centri del entroterra, dove al principio del Cinquecento si andavano elaborando modelli del grande Rinascimento. E un territorio importante, in quanto zona di confine e snodo anche di altri inediti percorsi, come dimostrano le testimonianze residue di scultura lignea, che suggeriscono traiettorie di opere, di modelli e di artisti che conducono dall’arco alpino orientale alla vicina Istria e Slovenia.

Il percorso cronologico dell’esposizione trova un termine ideale nelle piccole tele della cantoria dell’organo del duomo dedicate alle storie di Sant’Andrea dipinte da Pomponio Amalteo tra il 1546 e il 1547. Le cinque telette sono quanto rimane dell’antico organo cinquecentesco del duomo portogruarese realizzate dall’artista che, ereditata la conduzione della bottega del Pordenone morto nel 1538, stabilirà a partire dal quarto decennio del Cinquecento e per tutta la seconda metà del secolo l’egemonia della produzione figurativa in tutta l’area geografica del Veneto orientale e del Friuli occidentale, quasi un tratto unificante tra le diverse anime del territorio.

Il progetto espositivo si snoda seguendo una traccia che abbraccia tutte le possibili fonti documentarie. Muove da testimonianze storico archivistiche, passa attraverso reperti di produzione di vasellame e altri manufatti ceramici e quindi testimonianze di vita quotidiana e conduce, attraverso l’esposizione di tessuti e oreficerie, al nucleo centrale della mostra: i dipinti e le sculture lignee realizzate dai principali protagonisti di quella stagione artistica. Accanto alle opere delle maggiori personalità artistiche di Andrea Bellunello, Gianfrancesco da Tolmezzo, Cima da Conegliano e Giovanni Martini (artista del quale si propone la ricomposizione di gran parte del corpus pittorico) si prevede l’esposizione di un consistente nucleo di opere ancora conservate nella collocazione originaria e opere di confronto funzionali a chiarire i rapporti tra gli esempi di produzione artistica locale nell’ambito della cultura figurativa del rinascimento in area veneta.

Il risultato della mostra è reso possibile da una capillare e coerente campagna di restauri e di studi condotta negli ultimi anni che ha permesso di ricomporre la trama del tessuto culturale di un’area geografica fino a ora quasi completamente trascurata dalla storiografia artistica. Si tratta di un'occasione importante per restituire alla comunità una consapevolezza del proprio passato, e per offrire a quanti vorranno visitare la mostra l'opportunità di conoscere una parte non piccola del rinascimento veneto friulano.

Argomenti:   #arte ,        #friuli ,        #pordenone ,        #rinascimento



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