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 Anno VI n° 8 AGOSTO 2010    -   TERZA PAGINA


Racconto tra il nero e il rosa... con una punta di rosso
Quella volta

Di Annamaria Francese


Umberto ricordava, come fosse ieri, quella prima volta che l’aveva incontrata, in quel grande magazzino fuori città, con quel camice azzurro che sembrava un pezzetto di cielo e quel sorriso che sembrava un raggio di sole. Si era rivolta a lui con premura e gentilezza come se si fosse trattato del loro migliore cliente e lui, che era andato per comprare un paio di piccole cesoie per un vecchio rampicante diventato troppo folto, era tornato a casa con sette ficus di grandezza diversa, un’ortensia azzurra e un innaffiatoio giallo-arancio, tutta roba della quale non si spiegava come avesse potuto fare a meno prima di allora e che oggi non avrebbe saputo dire in quale buco della sua piccola casa fosse finita.

E poi c’era stata quella volta che c’era andato apposta, in quel grande magazzino, per rivederla e per invitarla a bere qualcosa insieme. Lei aveva accettato radiosa come sempre ed erano finiti sulla terrazza a mare dell’albergo più esclusivo della città. Soffiava una brezza leggera, splendeva una luna da film e l’aragosta con lo champagne gli prosciugarono il già magro portafogli. Ma era tutto lì, in quel sorriso senza tempo, il suo presente che non chiedeva futuro.

Eppure un futuro era scritto. E quella volta che lei ne accennò vagamente, con aria distratta, lui non sentì suonare le campane, ma seppe che il loro destino era segnato. Donatella lo guardava con occhi adoranti, lui sentì come una scossa serpeggiargli nella schiena. Forse non ne capì il significato nascosto, ma ne avvertì l’intensità.

E quella volta lui aspettò che varcasse la soglia della chiesa sapendo che il più era fatto, ma il resto era tutto da conquistare.
Poi c’erano state tante volte, tante cose, tanti giorni…

Lui aveva cambiato tanti lavori perché la casa che avevano comprato, anzi che Donatella gli aveva proposto come un grosso affare, si era mangiata tutti i suoi scarsi risparmi, la ristrutturazione aveva richiesto un mutuo oneroso e nessuno stipendio era sufficientemente alto per sostenere quelle spese gravose. E così quella volta che i nodi arrivarono al pettine, quella prima volta che gli occhi di lei mostrarono nuvole e che il sorriso da radioso divenne amaro, lui cominciò a porsi delle domande.

Però, mentre cercava le risposte, accettò quello strano lavoro che gli aveva offerto Antonio, un amico di Donatella che lei caldamente gli aveva raccomandato come un mago della finanza. Quella volta il sorriso di lei fu quasi magico. Glielo regalò davanti ad un calice di bianco frizzante, accompagnandolo con il profumo di una cena con i fiocchi e un “dopocena” ancora più scoppiettante.

La vita va vissuta così -gli disse- con coraggio e baldanza e bisogna saper cogliere le occasioni

Lui la colse al volo. E il suo volo finì, proprio come quello di un uccello ingenuo, dentro una gabbia. La moglie e l’amico se la cavarono per il rotto della cuffia, senza prove a loro carico, né uno scritto, né una firma. E lui si fece quattro anni di carcere senza visite e senza sorrisi.

Quella volta ebbe le risposte che cercava e aprì gli occhi sul suo presente.

Qualche mese condonato, qualche sconto di pena e le porte si aprirono dopo solo tre anni, ma dire “solo” per mesi e mesi di galera non è facile.

E quella volta che la incontrò al bar di via Meluzzo sembrò che si fossero salutati il giorno prima. I suoi denti erano tutti in bella mostra, la voce zuccherosa come una caramella al miele e le sue mani che toccavano quelle di lui sembravano di seta.

Camminarono lungo il marciapiedi con lei che parlava di continuo, che gli diceva quanto avesse pensato a lui in quegli anni e come si sentisse in colpa per non essere stata in grado di superare la pena che provava per lui e non essere perciò mai andata a trovarlo. Aveva cercato con tutte le sue forze di dimenticarlo, ma ora sapeva che non ci era riuscita e ne era felice. Il suo braccio stringeva quello di lui con tenerezza, il suo sguardo ne seguiva l’espressione da sotto in su. Le parve di cogliere un ombra sul suo viso, ma la scambiò per una felice sorpresa. La folla intorno era tanta, spingeva da ogni parte, era difficile camminare, ma lei si teneva appesa al suo braccio quasi con prepotenza. Era l’ora di punta di un giorno estivo prossimo al grande esodo vacanziero. Il traffico era particolarmente intenso. Ogni tanto lei metteva un piede in fallo,scivolando fuori dal marciapiedi, ma lui la sosteneva.

Quella volta però, mentre lei cadeva dai tacchi troppo alti, proprio mentre passava il 28 barrato, lui non riuscì ad afferrarla. Fu un attimo e onestamente lui non avrebbe saputo dire se “ quella volta” non fosse stato in grado di sostenerla, se non si fosse accorto dell’autobus che sopraggiungeva o se avesse scartato di fianco perché qualcuno l’aveva spinto, sempre che lo avessero spinto. Mentre intorno urlavano chiedendo a gran voce un’ambulanza, si dileguò tra la folla senza dare nell’occhio.

E quella volta fu lui ad avere un sorrisetto perverso all’angolo della bocca.



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