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Che succede in USA?

Per Obama appuntamento a Midterm

Fra tre mesi l’appuntamento delle elezioni in USA di “medio termine”. La popolarità di Obama è al minimo storico; giocano: il crescente deficit di bilancio, la crisi economica e l’avversione alla riforma sanitaria. Iraq e problema palestinese: le azioni politiche per dare smalto.

Di Giacomo Nigro

A meno di 3 mesi dalle elezioni di Midterm, la popolarità di Barack Obama è crollata al 42%; alcune fonti parlano addirittura di 41%: il minimo storico. Oltre la metà degli americani, circa il 52%, è insoddisfatta dell'operato dell'Amministrazione Obama. Queste cifre sono l'esito di un sondaggio Gallup realizzato poco prima della metà di agosto. Se consideriamo che Obama, all'inizio del suo mandato poteva contare sull'approvazione del 69% degli americani, ci rendiamo conto che egli deve operare a fondo per tentare un recupero in vista dell'importante appuntamento elettorale che attende al varco tutti i presidenti americani a metà circa del loro mandato: le elezioni parlamentari definite appunto di midterm.

L'orientamento partitico, naturalmente, divide l'opinione pubblica americana su Obama: i democratici lo apprezzano in larga parte, mentre i repubblicani sono sempre di più convinti che non è il loro presidente. Molti sono coloro che lo pensano addirittura fedele all'Islam (il grande nemico terrorista), anche se la maggioranza degli americani non sa quale sia il reale orientamento religioso del suo presidente, solo il 34% sa correttamente indicare la fede cristiana.

Da parte sua il Presidente e la sua Amministrazione sono molto attivi in questi giorni. Infatti, con oltre dieci giorni di anticipo rispetto alle precedenti determinazioni, Obama ha posto virtualmente fine alla sconsiderata guerra di Bush in Iraq: l'ultima brigata da combattimento ha abbandonato l'Iraq in direzione della frontiera col Kuwait. Solo dopo il 31 agosto i soldati statunitensi saranno riconvertiti in forze di assistenza alle truppe irachene: stiamo parlando di 56.000 uomini che a fine agosto scenderanno, come previsto, a 50.000 senza contare il non precisato numero di civili che agiranno sullo scacchiere irakeno. Insomma, abbandono virtuale, ma sostanziale presenza per continuare a controllare un Paese per gli USA importantissimo dal punto di vista strategico in quella martoriata e determinante zona del mondo.

Nel frattempo pare che il Presidente Obama attenda, a Washington, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen, per i primi di settembre. Obiettivo la ripresa di colloqui diretti tra israeliani e palestinesi dopo uno stop di 20 mesi. L'amministrazione Obama non ha ancora confermato la notizia in attesa di limare qualche dettaglio.

Anche se non scontata, questa ripresa dei negoziati di pace rappresenta una piccola vittoria di Barack Obama che ha operato sforzi ripetuti per far rivivere il processo di pace in Medio Oriente. Sembra che i leader delle due parti in conflitto abbiano accettato il termine di un anno per concludere i colloqui.

Ma le nuvole nere sono sempre in agguato, sono recentissime le cattive previsioni di una imminente recessione economica americana, la disoccupazione aumenta inesorabilmente, sono cresciute le stime sul deficit pubblico per il prossimo anno e, ovviamente, di pari passo crescono le difficoltà per il presidente Obama, il cui controverso programma di stimoli economici varato all'inizio del 2009 non ha avuto il successo sperato in tempo per le elezioni di midterm di novembre.

La grave situazione delle finanze pubbliche preoccupa molto l'elettorato; secondo i sondaggi la maggioranza degli americani attribuisce la colpa agli alti tassi di disoccupazione e alle politiche fiscali del presidente Obama, in particolare al pacchetto di stimoli da 787 miliardi di dollari varato nel febbraio 2009 e alla riforma sanitaria approvata in primavera. Benché il deficit abbia iniziato a crescere, nel 2002, appena dopo l'insediamento di George Bush alla Casa Bianca, la percezione pubblica è negativamente indirizzata sulla politica economica del presidente democratico che, appena eletto, si è trovato ad affrontare una crisi economica epocale.

In questo quadro di incertezze per il futuro la paralisi colpisce le decisioni di spesa e gli investimenti, nonostante le aziende Usa abbiano riportato, in media, profitti elevati. Le aziende non investono e non assumono, i consumatori non spendono: un circolo vizioso davvero preoccupante che in verità ben conosciamo anche noi italiani. Ad Obama non resta molto tempo: poco più di due mesi che, per ribaltare una situazione negativa e complessa, sembrano veramente pochi.

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