E' certamente molto originale sostenere, come ha fatto Dieter Rampl, che le dimissioni di Profumo, oramai ex A.D. di UniCredit, non sono da ricondurre: "ad un singolo azionista o da influenze politiche"; in effetti si vorrebbe capire come mai Profumo è stato obbligato a lasciare in un momento così difficile e delicato della vita del Gruppo UniCredit, alla vigilia di una nuova dimensione societaria unitaria, dimostrando un discutibile spirito di responsabilità verso azionisti e dipendenti.
Pare incomprensibile la motivazione: “abbiamo bisogno di gestire le future sfide del nostro business e concentrarci sulle reali opportunità che si presenteranno. Per fare ciò abbiamo bisogno della libertà di azione garantita dalla fiducia che ci verrà accordata dai nostri stakeholder e dai mercati con una governance trasparente e chiara”. Forse è il caso di ricordare che uno stakeholder fondamentale sono i dipendenti, che non possono aver gradito simili manovre, visto il momento, manovre che di sicuro continuano ad apparire poco chiare e trasparenti e di motivazione incomprensibile.
Sarebbe parso più onesto e comprensibile dire: “non ci piace il modo di condurre l'Azienda da parte di Profumo, troppo indipendente, poco incline a sirene politiche, che vuole limitare la nostra influenza."
Certamente Profumo non è mai apparso un mostro di simpatia, non per niente è stato definito anche "mister arrogance", ma un'analisi attenta, imparziale e non dettata dalla pancia o da una malcelata invidia, avrebbe messo in evidenza quanto egli sia una spanna sopra a tanti manager in Italia e in Europa. E' certo che Profumo, dopo quindici anni di lavoro non sempre lineare (si pensi alla gestione allegra e spregiudicata dei prodotti derivati), lascia UniCredit come un gruppo bancario europeo di primo livello al posto di una Banca d'Interesse Nazionale, alla fine della sua necessità storica ed economica: il Credito Italiano. In quanto alle interferenze politiche ricordiamo solo la posizione di Bossi: no ai soldi libici e alle mire di potere tedesche, in altre parole: "largo alla Lega!".
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