Arte, cultura, città immortali, musei, che parlano con la bellezza dei quadri, delle sculture e dei manoscritti lasciateci in dote dai più valenti artisti del passato, ed ancora monumenti grandiosi, che, filtrati attraverso una storia millenaria, rendono da sempre l'Italia una delle mete turistiche più ambite da stranieri e non.
Negli ultimi dieci anni sono raddoppiati i valori delle abitazioni storiche nelle grandi città (Valore che ammonta a 947,4 miliardi di euro, senza aggiungere quello degli gli edifici destinati a uffici privati, alberghi, pubblici esercizi, negozi, monumenti, palazzi d’uso pubblico e beni artistici.). Da un recente studio condotto da Cenis, in occasione delle celebrazioni dei cinquant'anni dell'Ancsa (Associazione nazionale centri storici artistici), nata proprio per promuovere politiche di recupero, si evince come i centri storici, oltre ad essere un fattore costitutivo dell’identità nazionale, sono anche una notevole fonte di ricchezza economica. Ricchezza rivalutata moltissimo nell’ultimo decennio sino ad uscire indenne dalla crisi e che, se intelligentemente sfruttata, potrebbe apportare all'Italia maggiori benefici più di quanto già non abbia fatto.
Si pensi che i centri storici del Nord-Ovest rappresentano il 37% del valore (e il 34% della superficie) degli edifici storici e qui pesano gli elevati valori immobiliari medi di elevatissimo pregio. Il Nord-Est invece rappresenta il 18,8% del valore economico complessivo, a fronte del 20,1% del patrimonio. La quota del Centro Italia invece, in termini di valore economico è pari al 24,6% sul totale nazionale (e qui pesa il grande centro storico di Roma), mentre se si considerano le dimensioni fisiche del patrimonio essa sarebbe pari al 21,8%. Infine, nel Mezzogiorno è presente il 24,1% delle abitazioni costruite prima del 1919, ma si totalizza solo una quota del 19,6% in termini di valore. Se alle abitazioni poi si aggiungono anche gli edifici destinati a uffici privati, alberghi, pubblici esercizi e negozi, come fa notare Giuseppe Roma, il valore commerciale dei nostri centri storici potrebbe sfiorare addirittura un ammontare fra 1,5 e 2 volte il Pil, esclusi naturalmente monumenti, palazzi d’uso pubblico e beni artistici, ricchezza che non ha senso monetizzare, ma rappresentativa senz'altro della solidità patrimoniale dell’Italia.
Ancora a riprova dell’importanza economica dei centri storici è stato analizzato l’andamento dei prezzi di vendita nell’ultimo decennio, per cui nel 2009 i prezzi medi nelle aree storiche hanno raggiunto quotazioni massime a Roma (7.400 euro/mq.), Venezia (7.100 euro/mq.) e Milano (6.500 euro/mq.). Gli aumenti rispetto al 1999, al netto dell’inflazione, sono stati notevoli: a Roma del 76,8%, a Venezia del 58,8%, a Milano del 46,9%. In ogni caso quello di Firenze rimane il centro storico che nell’ultimo decennio si è rivalutato di più, con un +83% in termini reali. Per di più nelle grandi città è aumentata la forbice fra i prezzi in centro, cresciuti mediamente di circa il 5% annuo, e quelli in periferia, aumentati per meno del 3%: Roma è la città con la maggiore differenza fra valore del patrimonio storico e quello periferico, seguita da Venezia, Milano, Napoli, Palermo, Firenze, Torino, Bologna, Genova, Bari e Cagliari. L’elaborazione del Censis considera poi 20 fra i centri storici di città intermedie a elevata qualità architettonica. Valori più elevati si registrano a Bolzano (4.650 euro/mq.) e Bergamo (4.100 euro/mq.) segue: Siena, Brescia, Vicenza, Padova e Treviso, anche se i maggiori rimbalzi in termini reali fra il 1999 e il 2009 si sono registrati a Ferrara (+67,6%), Bolzano (+58,3%), Salerno (+54,1%) e Bergamo (+51%).
Tutto quanto dimostra come i beni culturali siano uno dei motori del turismo e di conseguenza importanti per la nostra economia e il riequilibrio con l'estero. Basti pensare infatti che, nel periodo compreso fra lo scorso gennaio e giugno, si è registrato un saldo netto positivo di 4.203 milioni di euro a fronte di uno di 3.609 milioni, valutati per lo stesso periodo nell'anno precedente. Questo per mostrare come le spese dei viaggiatori stranieri in Italia siano nettamente aumentate, rispetto a quelle sostenute dai viaggiatori italiani all'estero (le statistiche sono chiare. Si parla di un: 5,3 per cento di spesa effettuata dai turisti stranieri in vacanza, contro l' aumento di uno 0,7 per cento, di quella sopportata dagli italiani stessi, che si recano in altri paesi europei con la medesima finalità).
In ogni caso la domanda turistica funge da elemento di propulsione e quindi produce in automatico un effetto moltiplicatore a cascata a vantaggio dell’economia locale prima, regionale poi, ed in ultimo nazionale.
Chi ne trae beneficio?
Sicuramente gli hotel, i ristoranti, i bar, i parchi di divertimento, i servizi di spiaggia e quanti interagiscono, oltre al loro indotto, direttamente con i visitatori . E non solo. La presenza del bene culturale, che deve essere mantenuto per funzionare e proporsi al pubblico, produce occupazione (in genere superiore alla media) e quindi ulteriori guadagni per una buona parte della popolazione locale.
Per cui è importante notare come, in una paese dotato di una simile ricchezza artistico-culturale, non basta il "patrimonio" per attrarre turismo, ma occorrono anche adeguate strutture alberghiere, pronte a soddisfare le esigenze dei viaggiatori.
Solo così sarà possibile evitare diversi problemi, tra cui quello di un turismo mordi e fuggi.
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