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Anno VI n° 11 NOVEMBRE 2010 - RECENSIONI |
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“Il vino è un essere vivente.
Miles, per festeggiare l'addio al celibato di Jack, gli regala una vacanza tra i vigneti della California centrale, dove i due potranno degustare vini e giocare a golf; queste però non sono le intenzioni di Jack, che invece vorrebbe trascorrere gli ultimi giorni da single in modo, come dire, libertino e leggiadro. Durante il viaggio i due incontrano Maya, cameriera del ristorante preferito di Miles e intenditrice di vini, e Stephanie (Sandra Oh) enologa; Miles ha sempre avuto un debole per Maya e Jack rimane piacevolmente colpito dall'intraprendenza, oltre che dal fascino, di Stephanie. Tra i quattro si instaurano relazioni tragicomiche, che sfociano in picchi di ironia e ilarità, accompagnate però da momenti di quiete e soprattutto di riflessione sulla vita. Altro protagonista del film è il Pinot Nero, che Miles definisce: “.. non è una forza come il Cabernet che riesce a crescere ovunque e fiorisce anche quando è trascurato. No, al Pinot Nero servono cure e attenzioni. Sì, infatti cresce soltanto in certi piccolissimi angoli nascosti del mondo. E... e solo il più paziente e amorevole dei coltivatori può farcela, è così”. E quale metafora migliore per descrivere l'amore? L'amore sincero, quello che Miles ha perso e che non ha il coraggio e la forza di ritrovare. Diverso (e forse un po' scontato) come tema, ma anch'esso con protagonista il vino e i vigneti, “Un'ottima annata” di Ridley Scott si pone degli obiettivi diversi da “Sideways”. Vuole essere una lezione di vita che vede come protagonista il cinico Max Schinner (Russell Crowe), brocker londinese di successo, che vive una vita frenetica e dedita al dio denaro. Una mattina Max scopre di aver ricevuto in eredità dal nonno uno Chateau e una vigna in Provenza, quel posto tanto amato da Max da bambino, quando ancora trascorreva in Francia le vacanze estive, quando il nonno, tra una partita di scacchi e un bicchiere di vino (annacquato per Max), cercava di spiegare al nipote la vita. Convinto di vendere la tenuta e di ricavarne il più possibile, Max parte per la Provenza, ma una serie di imprevisti lo obbligheranno a rimanere in Francia qualche giorno in più. Giusto il tempo per trovare l'amore: “Vorrei passare tutta la vita con una dea irrazionale e sospettosa, con un assaggio di gelosia furibonda come contorno, e una bottiglia di vino che abbia il tuo sapore e un bicchiere che non sia mai vuoto...”. L'amore è quindi un altro protagonista del film: l'amore del nonno per il nipote e l'amore di Max per una donna, e ancora, l'amore per la vita tranquilla di campagna, tradizionalista, dai ritmi lenti ma genuini; l'amore per la terra, per la vite e per i suoi frutti. L'improvvisa visita della cugina dalla Napa Valley spezza, ma solo momentaneamente, l'equilibrio che Max cerca di acquisire, ma soprattutto fa scattare il dualismo tra il modo di fare vino in Francia, dove imperano le tradizioni, e in America, dove invece i produttori sono piuttosto aperti alle novità e alla sperimentazione di nuovi vini e di nuove metodologie. La produzione di vino in America, e soprattutto in California, prende il via solo pochi secoli fa, e a causa della fillossera prima e del proibizionismo dopo, sino al 1960 non è riuscita a decollare. Probabilmente è proprio grazie alla mancanza di una tradizione enologica che l'America riesce a fare vini amati e conosciuti in tutto il mondo, sperimentando e ricercando metodologie sempre più all'avanguardia ma che soprattutto soddisfano i gusti di tutti. E' questo l'argomento principale del film-documentario “Mondovino” di Jonathan Nossiter, cronaca spietata sulla produzione di vino nel mondo, che aiuta a capire le dinamiche commerciali che si celano dietro un bicchiere di buon vino. La globalizzazione del vino: un bene o un male? I piccoli produttori intervistati da Nossiter credono che ormai il vino sia morto. Queste sono le precise parole di Aimè Guibert, produttore di vino ad Aniane (Linguadoca, Francia), un borgo di 2400 abitanti. Guibert incarna la resistenza francese al mercato americano, che offre vini blasonati e barricati. Grazie alla propria tenacia e all'appoggio del sindaco del paese, Aimè è riuscito ad impedire alla potente famiglia americana vitivinicola Mondavi, di acquistare le terre e di produrre vino in Linguadoca. I Mondavi producono vino da quando in America viene abolito il proibizionismo; le joint-venture a livello mondiale sono numerose, tra le quali quella con il Barone Philippe de Rothschild con il quale creò, nel 1979, Opus One, un vino spesso descritto dai critici internazionali come spettacolare. Altre joint-venture importanti sono state instaurate con il Marchese de Frescobaldi per il vino Toscano Luce, in Cile con Eduardo Chadwick e in Australia con la Rosemount Estate. La Mondavi ha prodotto vini in quattro continenti per circa ottanta paesi. Un colosso. Due protagonisti importanti di “Mondovino” sono un critico e un enologo: Robert Parcker e Michel Rolland, americano il primo e francese il secondo,che influenzano enormemente il mercato del vino non solo in America ma in tutto il mondo. Parcker è il fondatore della prestigiosa rivista “Wine Advocate”; giurista sino al 1978, Parcker è diventato il critico più famoso e influente a livello internazionale. Una sua critica può portare dalle stelle alle stalle anche il più ottimo dei vini. Così si vocifera. Michel Rolland invece è un enologo di Pomerol, dove è situato il suo laboratorio, e lavora per aziende in tutto il mondo. E' l'enologo più quotato sul mercato; avere come consulente Rolland è un successo assicurato! Mondovino si rivela piacevole e interessante, non solo per gli specialisti del settore, ma anche per coloro che amano il mondo del vino e che vorrebbero avvicinarsi alla materia in modo più specifico. Per finire questa carrellata di film che parlano di vino, come dimenticare “Il profumo del mosto selvatico”? Film del 1995, diretto da Alfonso Arau, narra le vicende del rappresentante di cioccolatini Paul Sutton (Keanu Reeves) in crisi matrimoniale, che durante uno dei suoi viaggi incontra una giovane donna messicana, Victoria Aragon (Aitana Sànchez-Gijòn), figlia di un ricco viticoltore della Napa Valley. Victoria aspetta il figlio illegittimo del suo professore universitario e ha paura che il padre Alberto (Giancarlo Giannini), uomo austero e severo, reagisca male alla notizia. Paul allora decide di accompagnare Victoria a casa e di fingersi il marito per un paio di giorni, per poi andar via di nascosto. Tra i due nascerà l'amore, che sarà osteggiato da Alberto. Suggestiva la scena della vendemmia, quando le donne, scalze, pigiano l'uva all'interno di un grande tino.
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