Il 2 novembre il Presidente Barack Obama ha perso le elezioni di mid-term; la sconfitta era nell'aria, si percepiva. Ma com'è stato possibile perdere nonostante egli abbia riformato la sanità, abbia stanziato fondi per l'energia pulita e l'istruzione, chiuso Guantanamo e riallacciato rapporti con Cina e Russia? Cosa può aver determinato questa perdita di consenso?
Certamente molto è dipeso dalla disoccupazione determinata dalla persistente crisi economica, disoccupazione che resta a livelli esagerati per un Paese avanzato come gli USA: 9,6%. Le guerre che non si riescono a vincere e in cui gli americani restano impantanati buttano il loro discredito in una Nazione orgogliosa del proprio ruolo di gendarme del mondo.
Tutti dati di fatto innegabili, ma l'eccessiva aspettativa di cambiamento, che aveva permesso ad Obama di trascinare l'opinione pubblica alla sua elezione, ha calato l'asso della resa dei conti, dimostrandosi un macigno difficile da rimuovere per poter conservare la sua credibilità. Difficile si è dimostrato cambiare la società partendo dalla ostica situazione economica che Barack ha trovato alla partenza del suo mandato; ingannevole si è dimostrata l'idea di poter trasformare gli USA, dovendo fare i conti con l'apparato economico finanziario preesistente e causa prima della crisi prima finanziaria e poi economica che ancora attanaglia l'Occidente.
La politica di Obama è costretta in un sempre più piccolo ambito ordito dalle multinazionali e dalle forze lobbistiche della finanza, che dettano il tempo non solo all'economia, ma pure alle regole sociali interne agli USA. L'errore di Obama è stato promettere un reale ed immediato cambiamento delle condizioni di vita dei cittadini americani, spargendo ottimismo a piene mani, ben sapendo che non gli sarebbe stato possibile realizzare ciò che proponeva agli elettori entusiasti.
La tornata elettorale si è comunque conclusa con un sostanziale pareggio: i repubblicani hanno conquistato la Camera ma non hanno ottenuto il controllo del Senato, che resterà nelle mani dei democratici di Barack Obama. I democratici hanno perso voti tra le donne, la classe media, i bianchi, gli anziani e gli indipendenti, tutte categorie che due anni fa spinsero Barack Obama alla Casa Bianca e che con questo voto hanno dato fiato al movimento del Tea Party, populista e conservatore, che si è opposto a numerosi provvedimenti di Obama, in primis la riforma sanitaria tanto cercata dal presidente americano. Un movimento, che pur sospingendo alla vittoria i repubblicani, li ha penalizzati, presentando negli Stati chiave candidati troppo intransigenti, molti dei quali scelti personalmente da Sarah Palin. Sono andati persi così Stati come il Delaware, il Nevada e la California e la possibilità di conquistare al Senato la maggioranza parlamentare.
I democratici invece, seppur sconfitti, non sono stati travolti dall'onda repubblicana. Ma Barack Obama, costretto a richiedere la collaborazione dei repubblicani per garantire la governabilità del paese, alla luce dei risultati elettorali, si troverà ad affrontare due anni difficili.
“Il risultato elettorale mostra la profonda frustrazione della gente. Mi assumo la responsabilità per gli insuccessi”: ha dichiarato il Presidente, sintetizzando il senso del risultato delle elezioni. Obama ha difeso la riforma sanitaria che ha permesso a milioni di americani di potersi curare, ma si è detto disponibile a prender in considerazione modifiche proposte dai repubblicani per renderla più efficace.Obama si è poi soffermato sul controverso tema fiscale: "Non voglio fare una battaglia per le tasse, non voglio un drastico aumento delle tasse per i ceti medi che non solo sarebbe un peso enorme per loro, ma anche un male per l'economia. Avremmo potuto fare un lavoro migliore, ma abbiamo avuto talmente fretta nel fare le cose che non siamo riusciti a realizzare i cambiamenti che servivano veramente".
Alcuni dei deputati che hanno perso il seggio parlamentare avevano sostenuto la legge che dovrebbe ridurre le emissioni di gas serra degli Usa. Legge passata nel 2009 alla Camera dei Rappresentanti e che difficilmente ora sarà approvata in Senato. Dopo il "mea culpa" il Presidente ha ritrovato i toni di fiducia e speranza della campagna elettorale: “Nessun partito ha il monopolio della saggezza, ascolteremo le buone idee da qualsiasi parte provengano e resteremo forti e uniti per affrontare le sfide”.
Intanto, come suggeriscono i suoi nemici, Barack Obama torna al mestiere che conosce meglio: quello di scrittore. Il libro si chiama "Of Thee I Sing", dove "Thee" è una versione arcaica per You: canto di voi, dice il presidente a Sasha e Malia, le due bambine che compaiono in copertina con l'inseparabile cane Bo, disegnate dal maestro Loren Long, già autore della fiaba di Madonna "Mr. Peabody's Apple". Il libretto di appena 31 pagine - che costa 17 dollari e 99 centesimi, tutti destinati in beneficenza a una scuola per i figli dei disabili e caduti di guerra - è sottotitolato “Lettere alle mie figlie". Ma "vuole far riflettere tutti i bambini d'America - spiega il portavoce Robert Gibbs - sulla capacità che questo paese ha di sognare, di sognare in grande e di raggiungere qualsiasi obiettivo”. Ecco appunto, giro di boa: "Yes, we can!".
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