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Lettura critica Banchieri, politici e militari - Passato e futuro delle crisi globali di Innocenzo Cipolletta Un libro che parla delle crisi economiche dell’ultimo mezzo secolo, che ci fa riflettere su certe tendenze “conservatrici” e indica i veri interventi da attuare per evitare che le crisi ci travolgano Di Giovanni Gelmini
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Parlare di economia e finanza non è certo facile; oggi troppo spesso si ricorre a “modelli matematici”, come se i comportamenti umani fossero cose facilmente schematizzabili. Non è così e l'uomo ha sempre una forte parte irrazionale che rende le sue decisioni difficilmente riducibili a equazioni matematiche. Cipolletta credo che lo si possa annoverare tra gli “economisti d'azienda” cioè di quegli economisti che non usano i modelli matematici considerandoli verità, ma li integrano con la loro personale esperienza e con un approfondito confronto con la realtà. In breve: prendono i risultati delle analisi teoretiche con le pinze. Per questo ho deciso di parlarvi del suo ultimo saggio “Banchieri, politici e militari - Passato e futuro delle crisi globali”.
Non condivido appieno le idee di Cipolletta su una interdipendenza stretta tra crisi economiche e finanza- deficit pubblico -imprese militari, anche se certamente gli squilibri di questi settori stanno creando la situazione da cui la crisi parte. Molto interessante l'analisi della crisi degli anni '70, che per noi comuni mortali si lega alla guerra del Kippur e al successivo brusco innalzamento del prezzo del petrolio nel 1974, vi ricordate le “domeniche a piedi”? Come economista in quegli anni mi sono occupato attentamente di quella crisi e mi hanno impressionato gli argomenti, riportati da Cipolletta, che ritengo reali, sulla sua origine: debito degli USA causato dalla guerra del Vietnam, forte liquidità con operazioni finanziarie senza una base reale economica e infine il problema palestinese e dello stato di Israele, elementi di instabilità che ancora oggi ci perseguitano. Per questo ritengo positivo leggere questo saggio, tenendo però conto della premessa che ho fatto: i comportamenti umani sono difficilmente schematizzabili e aggiungo che la quantità di variabili in gioco è enorme. Cipolletta si concentra su tre variabili: Finanza. Politica e Militari, ma ce ne sono molte altre che necessariamente, per chiarezza dell'esposto, sono trascurate. Ve n’è una in particolare, su cui insisto io: lo stato delle tecnologie pervasive (cioè che agiscono su tutto il sistema economico e non solo su singoli settori) che sostengono la produttività del sistema economico-produttivo, da distinguere dal sistema economico – finanziario, che per definizione è improduttivo ed effettua solo trasferimenti di ricchezza. È proprio nella descrizione che Cippolletta fa della crisi degli anni '70 che balzano evidenti le differenze di questa con la crisi che stiamo vivendo oggi, anche se i motivi di esplosione crisi sono simili, così sintetizzabili: guerre sbagliate (Corea e Vietnam allora, Iraq e Afganistan oggi) la tensione in Medio oriente (ieri ed oggi), il mancato controllo della finanza e troppa liquidità per sostenere le spese militari, investimenti finanziari senza basi di produttività economica, ma più con caratteristiche di gioco d'azzardo. La differenza più significativa è la durata. Cipolletta scrive per la crisi del Kippur “La recessione che ne seguì, nel 1974 e 1975, ebbe proporzioni mai viste in questo dopoguerra. In Italia essa durò 15 mesi e determinò un calo della produzione industriale del 18 %. Ci vollero 25 mesi per recuperare i livelli produttivi precedenti.” Tutti si possono accorgere che la crisi attuale ha già superato 24 mesi e la produzione non riprende, o riprende solo in alcune nazioni e in alcuni settori. Allora dobbiamo porci la domanda: “... perché quella crisi cosi simile all'attuale dal punto di vista Finanza - Politica- Militari, si superò in un tempo breve, invece questa non si riesce a superare?” La mia risposta e che allora le tecnologie pervasive legate al petrolio (N.d.R. Compresa la petrolchimica con i sui materiali plastici) erano ancora in una fase di miglioramento, cosa che oggi non è più. Cipolletta descrive il modo d'uscita dalla crisi con queste parole: “Tutti i paesi assunsero misure per contenere il consumo di energia, limitando gli orari di accensione della luce nei luoghi pubblici, riducendo le attività di trasporto, bloccando la circolazione delle auto in città, imponendo limiti al riscaldamento delle case.” Dopo i primi provvedimenti d'urgenza, non sempre validi come quello dell'interruzione notturna del riscaldamento negli edifici, che non produce un risparmio energetico, ma al contrario aumenta i consumi e l'usura degli impianti, l'industria attuò importanti investimenti per ridurre drasticamente la sua dipendenza dal petrolio; così non fu per i consumi delle abitazioni, in cui solo oggi timidamente si hanno i primi risultati di una politica di risparmio, che ha ancora grandi margini di operatività. (vedi http://www.spaziodi.it/magazine/n0106/vd.asp?nw=0&id=97 Anno I n°6 del 15/09/2005 “Il petrolio è diventato negli ultimi decenni l’unica fonte energetica dell’Italia, anche se si sapeva che doveva essere abbandonato”). Oltre al “ciclo del petrolio”, che non aveva ancora esaurito le sua capacità di incrementare la produttività del sistema economico, altre tecnologie hanno sorretto la ripresa. Ancora riporto quello che scrive Cipolletta “Le innovazioni nate dopo la crisi da petrolio sono state numerose ed invadenti. Esse hanno veramente indotto a cambiamenti consistenti della nostra vita quotidiana. L'uso dell'informatica e dell’elettronica(n.d.r. Ricordo che il primo calcolatore in commercio è del 1963) ha fatto scomparire milioni di posti di lavoro mentre ne ha creati altri completamente diversi. Interi settori produttivi sono stati rivoluzionati e sono nati nuovi settori.” Oggi quelle tecnologie pervasive hanno esaurito la loro spinta propulsiva, anche se restano fondamentali per le imprese, ma non si notano ancora altre tecnologie che possano considerarsi pervasive, in grado di incrementare la produttività del sistema nel suo complesso. La mia personale opinione è che i nuovi incrementi di produttività potrebbero venire da un ulteriore avanzamento del “risparmio energetico” nelle abitazioni, da una ristrutturazione profonda del trasporto e della logistica e dallo spostamento verso le energie riproducibili, non certo dal nucleare che è costoso ed obsoleto, cioè da una revisione profonda del sistema dell'energia, tale da renderlo indipendente dai paesi che possiedono giacimenti di petrolio, metano e uranio, così da rendere indipendenti le economie dei paesi dal ricatto di pochi possessori di beni strategici. Prima di arrivare ad esprimere le sue idee su come ci si dovrebbe comportare per affrontare le future crisi (e quindi come uscire da questa, da cui non siamo ancora usciti) Cipolletta ci propone un interessante suo “esercizio di pura fantasia”, in cui prevede il cambio della guardia nel 2017 tra Obama e Sarah Palin la conservatrice tutto d'un pezzo, integralista e nazionalista. Poco credibile la cosa, ma certamente utile per ragionare su ideologie mal gestite e le conseguenze possibili. Ed ecco la conclusione, l'ultimo capitolo: “Strategie per prepararsi alla crisi globale”. Dopo aver letto il suo “esercizio di pura fantasia” ci si aspetterebbe che indicasse ricette con il ritorno al medioevo, come qualcuno anche in Italia propone; invece, con un sospiro di sollievo non lo nego, si ritrovano ricette idealmente semplici, ma non credo facilmente applicabili con la testa dei nostri politici e dei nostri semi-industriali. Le ricette di Cipolletta sono “dietetiche” impostate sulla “flessibilità:
Questa mi sembra una sintesi, sicuramente sommaria, del pensiero di Cipolletta, che si rende conto che la globalizzazione è una realtà con cui dobbiamo convivere, ma le speculazioni sono quello che la rendono pericolosa, che l'innovazione continua è una necessità e che la cultura deve aprirsi e uscire dagli schemi rigidi, schemi che oggi solo le cause principali della difficoltà a gestire i periodi di crisi di sistema.
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