REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno VII n° 1 GENNAIO 2011 TERZA PAGINA


Capodanno: il piatto piange
Quando le feste finiscono...
Di Annamaria Francese


Il Natale aveva appena svoltato l’angolo e lei si sentiva gonfia,dentro e fuori. Dentro di amarezza profonda per quell’anno che stava per finire senza che una sola virgola si fosse spostata dall’anno precedente, fuori perché in possesso dei rituali tre chili che ciascuno di noi prende quando vuole annegare il proprio sconforto nella cioccolata e nei dolci in genere. Nei giorni di festa, poi… trascorsi alla tavola di sua cognata, che a malapena sapeva cucinare un piatto di pasta, ma che per l’occasione ordinava ogni cosa al suo ristorante preferito e imbandiva una tavola esagerata e che voleva compensare in un giorno la scarsità di tutto un anno.

Ora Carlotta aspettava l’ultimo dell’anno, ma stavolta in perfetta solitudine, perché suo fratello e la sua famiglia facevano il classico viaggio di fine anno e lei non era certo stata invitata. Per un improvviso colpo della sorte, che a volte aspetta proprio l’ultimo istante per rivelarsi, il 30 mattina,al mercato, aveva incontrato un suo vecchio amico di università che viveva fuori, ma tornava sempre a casa per le feste. Solita chiacchierata fatta di ricordi, soliti quattro passi tra le bancarelle e lui le aveva raccontato che i suoi avevano deciso di andare in montagna per S.Silvestro e lui non ne aveva proprio voglia. Trascorreva già tutto l’anno in quel paesino tra le valli, su al Nord e non aveva proprio nessuna intenzione di seguirli. Se avesse potuto sarebbe partito per i Caraibi,tanta era la voglia di sole che aveva. Preferiva starsene al caldo,in casa,davanti alla tv.

Giulia non avrebbe saputo dire se era stata l’idea di quella solitudine o della sua, a farle aprire precipitosamente la bocca:” Perché non vieni a casa mia,niente di speciale,ma è sempre meglio che star soli…” Non aveva precisato che anche lei era sola, aveva lasciato intendere che forse dietro c’era una famiglia,una cena già programmata con altri. Chissà perché…Forse aveva temuto un rifiuto. Davide invece accettò con entusiasmo e promise di portare lo spumante. Lei annuì sorridendo e si lasciarono con scambio di indirizzi e numero telefonico.

Domani alle 20.

La mattinata era trascorsa in fretta in uno stato di leggera euforia, aveva rifatto la “messinpiega”, aveva scelto un vestito speciale e aveva voglia di sentirsi bella. Poi, in fondo,Davide le era sempre piaciuto un po’,fin da ragazzini,quando lui non se la filava neppure…

Giulia non era mai stata particolarmente carina,era una che passa inosservata; l’unico pregio era quello di sembrare sempre più giovane della sua età. Che poi, pregio lo era adesso,ma da adolescenti,quando l’ansia di crescere preme…

Comunque, anche con il passare degli anni,non le era servito granché. Lei non attirava gli uomini e le sue storie,almeno due o tre le aveva avute,non duravano mai. Ora,all’alba dei quaranta anni, con la frustrazione incombente per il suo orologio biolgico che segnava il tempo e l’allontanava ogni giorno di più da un’idea di maternità, la sua vita era diventata arida e rassegnata ed era uno sforzo continuo non farsi divorare dai rimpianti.

Oggi il caso le regalava una leggera evasione, un’inaspettata ragione di essere, se non felice,almeno allegra. E di sentirsi come tutti gli altri nella notte più lunga dell’anno. E fu così che andò. A mezzanotte come Cenerentola,baciò il suo principe sollevando il calice. Guardarono i fuochi fuori della finestra e quando finalmente diradarono,Davide fece l’atto di andar via.

E lei,invece di accompagnarlo alla porta, lo trattenne per un braccio.

Il Capodanno li trovò sorridenti nel grande letto troppo solitario e quella fredda lama di sole che si disegnava sulla parete sembrava promettere un giorno ancora migliore della notte. Era inteso che lui restasse anche a pranzo e lei lo lasciò, a mezzogiorno inoltrato, ancora nel grande letto per andare a preparare qualcosa. Sistemò la tavola,mise l’agnello in forno e si preparò a fare un bagno. E forse allora lo avrebbe chiamato e forse lui l’avrebbe raggiunta. Aprì il rubinetto della vasca e tornò in cucina. Stappò il vino e cominciò ad affettare il pane. Tutti i suoi desideri di donna mai ragazza sembravano avverarsi,ma è vero che non bisogna aspettarsi mai troppo dal destino.

Forse l’acqua che scorreva lo ingannò,ma Davide non sentì i suoi passi avvicinarsi. E lei, che era andata a chiamarlo per il bagno, sentendolo parlare al telefono stava per tornare indietro per discrezione.

Poi accadde una di quelle cose che accadono nei film e nei romanzetti di nessuna importanza. E invece accadde a lei. Sentì la risatela dell’uomo e la sua voce e si fermò,nel corridoio.

Cosa vuoi che ti dica, bella non è di sicuro e anche un po’ “zitella” se vogliamo,ma è sempre meglio di quelle puttanelle che frequenti tu. Un modo come un altro per festeggiare. E poi, da domani chi la vede più…

A quarant’anni,se sei realista, le cose le vedi esattamente così. Un Capodanno migliore degli altri e niente di più. Ma Giulia era una donna adolescente, con poche situazioni vissute e poche cose da ricordare….E poi, quel “puttanelle” proprio non le andava giù. Lei era meglio, meglio solo di una puttanella? Per passare un buon ultimo dell’anno in mancanza di altro? Lui intanto aveva smesso di parlare e guardava l’orologio sul comodino,continuando a voltarle le spalle. Non si accorse di lei fino a quando non sentì la lama nel collo. Fece per gridare,ma non un suono uscì dalla sua gola. Solo un’inarrestabile fiotto di sangue che inondò le coperte.

In seguito lei non aveva mai saputo dire veramente come fossero andate le cose. Perchè mai aveva ancora in mano il coltello del pane? E perché non aveva chiamato subito la polizia, visto che l’aveva fatto poi?

Tornò in cucina e sedette davanti alla tavola apparecchiata, senza mai lasciare il coltello. Guardò il sole tramontare, immobile.

Solo a sera inoltrata si decise a sollevare la cornetta.

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