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Riforma dell’Università: cosa è Con qualche considerazione finale Di Francesca Bisbano
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La Riforma è legge: il Senato approva e il capo dello Stato la firma, seppure con qualche osservazione. Un decreto, il cui iter legislativo ha visto studenti in protesta, parti in difesa o in accusa, più volte appellatesi alla sua palese incostituzionalità: ma cosa prevede il tanto temuto ddl S.1905 approvato?
In breve la nuova legge, così come recentemente emendata, contiene: Norme anti – baroni e Parentopoli: è vietata agli Atenei la chiamata dei docenti fino al quarto grado di parentela con un altro docente universitario della stessa sede accademica, cioè all’interno dello stesso dipartimento o della stessa struttura. Più complicato sarà anche l’accesso alla cattedra, in quanto è previsto un meccanismo per il rilascio di un’abilitazione scientifica (di quattro anni) da parte di una Commissione, cui spetterà valutare attentamente la carriera del professore. Inoltre i professori ordinari dovranno andare in pensione entro i 70 anni, quelli associati a 68. Interventi volti a favorire la formazione e l’accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica: il nuovo sistema per i ricercatori sarà basato su contratti di 4 anni al termine dei quali l’Ateneo deciderà se confermare o meno l’ assunzione a tempo indeterminato. Si parlerà in questo caso di assunzione di professori associati: il ricercatore al termine di detto periodo infatti, potrà essere assunto come professore associato, superata la relativa prova di idoneità. Disposizioni in merito all’elezione del Rettore: il Rettore delle università non potrà rimanere alla guida di queste per più di due mandati, cioè per più di otto anni (sei anni con il mandato unico non rinnovabile). Principi di meritocrazia: sono previste in merito norme volte a garantire la trasparenza e la meritocrazia nelle assunzioni, anche attraverso il varo di un codice etico, per evitare incompatibilità e conflitti di interessi, e la maggiore presenza di membri esterni nei “nuclei di valutazione del merito”. Possibilità di fusioni e riorganizzazione interna per le facoltà: agli Atenei sarà data la possibilità di fondersi o federarsi fra loro. Allo stesso tempo non potranno avere più di 12 facoltà e dovranno introdurre membri esterni nel loro Cda. Maggiore garanzia del Diritto allo Studio: la riforma introduce la costituzione di un fondo nazionale per il merito, con lo scopo di assegnare borse di studio e prestiti d’onore. Per l’Università italiana si chiude ora la fase ordinamentale e si apre quella dei decreti attuativi, decreti che dovranno permettere agli atenei di funzionare secondo i principi di autonomia rivendicati dalla riforma, per i più perpetuatrice di un impianto di tipo centralista. Cosa dicono gli studenti? Molti non ci stanno! Sostengono che il testo approvato dal Senato non raccoglie il consenso della gran parte delle loro rappresentanze e che una revisione così importante del comparto accademico italiano non può non tenere conto di quanto essi sostengono in qualità di beneficiari del sistema. Per di più tendono ad evidenziare i limiti della riforma, strumento che penalizzerà l'università pubblica a vantaggio delle componenti private e che prevede l'abbattimento dei fondi destinati alle borse. Queste posizioni si sono palesati durante le sentite mobilitazioni dell'ultimo anno e mezzo da centinaia di migliaia di studenti. Tuttavia c’è anche chi fra loro la difende: alcuni studenti giudicano positivamente il ddl S.1905, il quale permetterà che le università divengano più autonome e più responsabili, per via di tagli finanziari, qualora la loro gestione si dimostrerà cattiva. Oltretutto il denaro pubblico non verrà sperperato, ma sarà suddiviso in base alla qualità di una qualsiasi facoltà. Visti i pro e i contro, mi chiedo se davvero l’attuale riforma Gelmini sia totalmente da bocciare! Alcuni punti sicuramente potrebbero essere riesaminati, altri rivalutati. Tanto per fare un esempio, non credo che i tagli sul personale siano sempre ingiustificati, considerato che non tutti i ricercatori adempiono spesso ai loro doveri! Ancora: imporre agli atenei bilanci più trasparenti, suppongo possa far tutto tranne nuocere agli studenti! Chissà! Forse è possibile considerare la norma come punto di partenza per risparmiare più sulla spesa universitaria e rinvestire lo stesso denaro nell’adempimento di scopi più nobili! Tuttavia la riforma ha le sue pecche! Allo studente che opta per l’università pubblica potrebbe sembrare più conveniente che il diritto allo studio gli fosse garantito con una riduzione delle tasse universitarie e non con l’istituzione di un Fondo Nazionale per il merito! Tasse, che per un’università pubblica, spesso gravano pesantemente sul bilancio di molte famiglie italiane, la cui riduzione però non sembra rientrare fra le priorità in questione, nemmeno degli stessi studenti! Non sarà che le proteste degli ultimi mesi siano state un po’ mistificate? Argomenti: #gelmini , #riforma , #università Leggi tutti gli articoli di Francesca Bisbano (n° articoli 59) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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