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Sport Il primo punto dolente: eccesso di soldi e eccesso di debiti nel mondo del calcio La rincorsa ai supercompensi parte già dai primi anni di attività; nello stesso tempo tutte le società sono in perenne stato fallimentare e sopravvivono solo grazie ai Presidenti-nababbi Di Silvano Filippini
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Per prima cosa dobbiamo distinguere tra l’attività giovanile-dilettantistica e quella professionistica. In ogni caso la cultura dei compensi spropositati si radica in ogni sport, sin dai primi anni di attività ad opera di certi genitori-manager che pretendono compensi rilevanti, ricattando le società, pena il passaggio del figlio alle squadre straniere, in modo da aggirare le normative italiane che prevedono il pagamento dell’indennità di formazione a tutti i club che hanno contribuito alla “formazione” del giovane sino al compimento dei 21 anni d’età. In seguito, il gioco al rialzo sistematico viene applicato dai procuratori ai quali, ormai, tutti si affidano sin da giovani.
Non mi indignano certamente i livelli degli ingaggi dei migliori calciatori che, rispetto a quelli del mondo dello spettacolo, vengono nettamente ridimensionati. Se pensate che un cantante come Bon Jovi quest’anno si è portato a casa la bellezza di 152 milioni soltanto con i concerti (ma numerosi altri artisti viaggiano a ruota), appaiono ridicoli gli stipendi dei calciatori più prezzolati che superano di poco la doppia cifra. Se poi si va a spulciare tra i compensi dei professionisti della formula uno, del motociclismo, del tennis e dei tre sport professionistici più diffusi negli Stati Uniti, ci si rende conto che i calciatori non sono i privilegiati. Soprattutto dalla serie B in giù. Semmai dovrebbe preoccupare il fatto che l’industria del calcio non è quasi mai in attivo, nel senso che i club spendono molto di più di ciò che incassano dagli spettatori (sempre meno) e, soprattutto, dalle emittenti televisive. Solo i club, che partecipano alle coppe europee e hanno la fortuna di arrivare alla fase finale, possono “rischiare” (se vincono) di raggiungere il pareggio grazie ai premi della federazione internazionale. Sempre che non abbiano esagerato nell’elargizione degli ingaggi! Fin tanto che ci saranno Presidenti-nababbi, che ripianano sistematicamente, aprendo il proprio portafoglio, il sistema resta in piedi. Ma capite bene che, per un Moratti disposto ad elargire “ad libitum” pur di soddisfare il proprio ego, vi sono centinaia di dirigenti più oculati che non sono disposti a svenarsi per salvare la società. Così ogni anno si assiste al fallimento di decine di club, specialmente nelle serie minori, del calcio professionistico o negli altri sport d’elite italiani. Ma neppure la serie A calcistica è al riparo dalla bancarotta: quest’anno è toccato ai calciatori del Bologna, che attendono lo stipendio da mesi, al punto che la società è stata messa in mora e ha rischiato di perdere tutti i calciatori se non fosse intervenuto un nuovo proprietario in grado di pagare subito. Oltre a perdere punti in classifica per penalizzazione. Tra l’altro l’ex proprietario è indagato per appropriazione indebita. Del resto, tanto per citare l’ultimo caso, l’allenatore dell’Inter Benitez, esonerato dopo pochi mesi di attività, è costato (tra ingaggio, buonuscita e premi) quasi 5 milioni e mezzo netti; vale a dire più di 60.000 euro al giorno, più altrettanti da versare al fisco! Non sarà certo la recente eliminazione della tassa di due milioni e mezzo, che le neo promosse avrebbero dovuto versare alle altre squadre di serie A, a sanare i conti delle società. I segnali che il sistema comincia a scricchiolare ci giungono anche dal mondo anglosassone dove parecchi club sono in crisi economica, nonostante abbiano la proprietà degli stadi che li favorisce sul piano economico rispetto alle squadre italiane. Se l’escalation continuerà anche nel 2011 in Italia potrebbe essere superato il record dell’anno precedente in cui molte squadre non sono state ammesse ai campionati professionistici perché avevano i conti in rosso. E pensare che ottenere il fair play finanziario annunciato dall’Uefa per i prossimi anni, è possibile già da oggi. Se c’è riuscito il Napoli che, nonostante la retrocessione in serie C, è risalito ogni anno sino all’attuale posizione che gli consente di sognare lo scudetto senza mandare i conti in rosso, tutte le società possono farlo. Basta mantenere gli stipendi in una percentuale accettabile (35%) rispetto ai ricavi, come ha fatto De Laurentis, grazie ad una amministrazione oculata! Argomenti: #calcio , #crisi , #denaro , #sport Leggi tutti gli articoli di Silvano Filippini (n° articoli 63) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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