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La birra: come si produce


Di Luana Scanu

La birra, insieme al vino e al pane, è uno dei primi alimenti elaborati dall'uomo. Egiziani, Sumeri, Greci, Romani, questi i popoli che per primi iniziarono a produrre birra, anche se nel Medio Evo furono i paesi nordici ad ottenere il primato di produzione, soprattutto all'interno dei conventi.

I monaci più attivi furono i Benedettini, ma anche Cistercensi e Francescani coltivavano l'orzo, osservando e studiando i processi di fermentazione per ottenere prodotti sempre più fini; ai monaci si deve anche l'introduzione del luppolo come ingrediente fondamentale per la produzione della birra.

Sino al 1500 d.c le migliori birre si potevano trovare nella Germania del nord, mentre in Baviera, attualmente considerata la terra della birra, dove ogni anno si svolge la famosissima Oktoberfest, si producevano birre di scarsa qualità, composte da materie prime discutibili.

Nel 1516 il Duca di Baviera Guglielmo IV emanò la “legge bavarese di Purezza”, che ancora vige, limitando gli ingredienti a orzo, luppolo e acqua.

Parlando invece di mastri birrai, quello che sicuramente va ricordato è il bavarese Josef Groll, che nel 1842 diede il via alla fermentazione bassa in cantine fredde con malto chiaro; la nuova birra venne chiamata pilsen.

Le birrerie storiche in Italia invece nacquero nel 1845, la Peroni e la Menabrea, che esistono anche oggi.

Gli ingredienti che compongono la birra sono molto semplici: cereali, acqua, luppolo e lievito.

I cereali sono piante erbacee che hanno una grande concentrazione di amido, zucchero complesso infermentescibile, che dev'essere demolito dagli enzimi, presenti nella pianta stessa, per far si che si possa attivare la fermentazione.

L'orzo è il cereale più utilizzato per la produzione della birra, perché cresce bene in tutti i climi ed è ricco i enzimi; viene quasi sempre maltato, perchè le birre prodotte con orzo crudo sono meno gradevoli, mentre nelle birre scure “Stout” l'orzo viene torrefatto, operazione che dà il colore scuro e il gusto da torrefazione. Gli altri cereali che possono essere utilizzati sono frumento, mais e riso. Il primo è la materia prima delle “Weizen bavaresi” (maltato) e delle Bière Blanche belghe (crudo); il riso dà alla birra un carattere secco, mentre il mais dà un gusto morbido.

Il luppolo invece è una pianta rampicante, che da alla birra il caratteristico sapore amarognolo, grazie alla presenza delle resine che esercitano anche un'azione antibatterica e che, combinandosi con le sostanze proteiche presenti nella birra, rendono la schiuma persistente.

L'acqua deve essere scelta a seconda della birra che si deve produrre: per le birre chiare è sempre meglio usare acque morbide, quindi povere di sali, mentre per le birre scure vanno bene anche le acque dure.

E infine, il lievito, agente della fermentazione alcolica, che trasforma gli zuccheri in alcol etilico, anidride carbonica e altri componenti come esteri e alcoli superiori che, insieme al luppolo, danno l'aroma alla birra.

Nelle birrerie si utilizzano due tipi di lievito, il “Saccharomyces carlbergensis”, per la fermentazione bassa a circa 5-10 °C, e il “Saccharomyces cerevisiae, per la fermentazione alta a circa 15-25 °C; le birre più diffuse sono quelle a fermentazione bassa.

Per quanto riguarda la produzione vera e propria della birra possiamo schematizzarla in vari passaggi, partendo dal maltaggio.

I chicchi, in questo caso d'orzo, vengono scelti, accuratamente puliti e messi a bagno in acqua per circa 48 ore a 14-16 °C, per innescare l'azione degli enzimi che, come abbiamo accennato poco fa, rompono le molecole di amido in zuccheri semplici, che diventano così fermentiscibili. Una volta che hanno assorbito l'acqua, i chicchi rigonfi sono posti in cassoni dove si aspetta che avvenga la germinazione e quindi che spuntino le radichette, per poi essere sottoposto a torrefazione (essiccazione) ad una temperatura di 85 °C, se si vuole produrre birre chiare tipo Pilsen, oppure a una temperatura che supera i 100 °C per le birre scure. Il colore della birra dipende quindi esclusivamente dalla temperatura di torrefazione del malto, non vengono aggiunti coloranti o additivi.

A questo punto, il malto o gli altri cereali vengono portati in sala cottura per l'ammostamento. Macinati e impastati con acqua, formano una miscela che viene mantenuta per due o tre ore a temperature comprese tra i 35 e 75 °C.

L'ammostamento può avvenire o per infusione, la miscela non viene mai portata ad ebollizione, oppure per decozione, dove una parte della miscela viene fatta bollire per alcuni minuti e poi aggiunta al resto della miscela.

A questo punto il mosto subisce una filtrazione, che separa il mosto dalle parti solide (scorze dei cereali), e viene immesso nella caldaia di cottura dove si aggiunge il luppolo; la bollitura va avanti per almeno un'ora, il tempo che serve al luppolo per disciogliere i propri principi amari.

Ora si procede con la fermentazione primaria, che dura circa una settimana e si svolge a 10 °C per le birre a bassa fermentazione e a 20 °C per quelle ad alta fermentazione; quando tutto lo zucchero è stato trasformato in alcol etilico e anidride carbonica, inizia l'ultima fase, la fermentazione secondaria o maturazione. La temperatura viene abbassata sino a 0 °C , l'anidride si incorpora nella birra e dopo 4-6 settimane la birra è pronta per essere bevuta e venduta!

Lattine, bottiglie di vetro, e in questi ultimi anni anche il PET, sono le confezioni che contengono la birra, che prima di essere confezionata la maggior parte delle volte viene pastorizzata, per evitare che qualche cellula di lievito sfuggita alla filtrazione possa creare torbidità. Le differenze tra birra pastorizzata e birra cruda sono minime, quindi abbastanza impercettibili.

Argomenti:   #alimentari ,        #bevande ,        #birra



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