REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno VII n° 2 FEBBRAIO 2011 - EVENTI |
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Va subito chiarito che non si tratta di una ulteriore tappa di una “mostra di giro”. Questa, coordinata da Giuseppe M. Della Fina, direttore scientifico della Fondazione per il Museo “C.Faina”, e curata dalle egittologhe Elvira D’Amicone della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo di Antichità Egizie di Torino e da Massimiliana Pozzi (Società Cooperativa Archeologica), è una mostra originale, studiata appositamente per Orvieto. Riunirà circa 250 reperti - molti davvero di grande importanza - concessi da una quindicina di musei e istituzioni culturali italiane. Il sottotitolo evidenzia chiaramente il taglio che gli studiosi hanno voluto imprimere a questa ampia, importante rassegna: “Il ruolo dell’Italia pre e post-unitaria nella riscoperta dell’antico Egitto”, ovvero ciò che gli egittologi partiti dal nostro Paese hanno saputo fare intorno alle sponde del Nilo, lì attratti dallo spirito d’avventura, talvolta dalla sete di facili guadagni, molte altre dall’obiettivo di approfondire le conoscenze sull’antica Terra dei Faraoni. “Il fascino dell’Egitto”, richiamato dal titolo della mostra, attraversa almeno tremila anni di storia dell’umanità. Dalla terra d’Egitto vennero tratte idee culturali, culti, divinità, usi e costumi; poi, quasi a voler catturare il senso di mistero e di eternità di quella magica civiltà, vennero asportate le testimonianze materiali: fossero i grandi obelischi che raggiunsero Roma, o ciò che veniva trafugato dalle tombe. Un fascino che dall’antichità contagiò il Medio Evo e incantò il Rinascimento, quando principi e intellettuali si contendevano reperti considerati molto più che semplici curiosità archeologiche.
L’egittologia moderna ha una precisa data di nascita, l’anno 1822, quando Jean-François Champollion decifra, grazie alla stele di Rosetta, la scrittura geroglifica. Con lui, in una spedizione congiunta franco-toscana che percorse l’Egitto (1828-1829), c’era l’italiano Ippolito Rossellini. In realtà, come la mostra documenta, protagonisti di una “corsa all’Egitto” furono uomini che al fascino dei Faraoni univano spesso quello del commercio antiquario. Due di loro hanno creato le basi per altrettanti musei. Giovanni Battista Belzoni, padovano, il primo ad entrare nella piramide di Chefren e nel tempio rupestre di Ramesse II ad Abu Simbel, trovò l’ingresso di sontuose tombe nella Valle dei Re e mise insieme, per il suo committente Henry Salt, il nucleo fondante della collezione egizia del British Museum, senza dimenticare la sua città cui legò alcuni importanti reperti. Il secondo, Bernardino Drovetti, piemontese, console di Francia in Egitto, riunì una collezione non meno vasta che venduta ai Savoia, è oggi il nucleo fondante di un altro museo, l’Egizio di Torino.
Ma anche Carlo Vidua e Giuseppe Acerbi che dell’egittologia italiana rappresentano personaggi di rilievo. Ma è sulla figura di Ernesto Schiapparelli che “Il fascino dell’Egitto” si sofferma in modo più ampio. Schiapparelli scoprì la Tomba di Nefertari e la sepoltura di Kha, l’architetto reale, quest’ultima perfettamente conservata, prima di essere direttore del Museo Egizio di Firenze e poi di quello di Torino.
L’osservazione di sepolture preistoriche e di manufatti dello stesso periodo, che rivelano l’alta tecnologia caratteristica della cultura egizia già in questa fase, porta il visitatore a comprendere come l’egittologia italiana non abbia trascurato nemmeno la meno nota preistoria egiziana. Sulle tracce delle Missioni archeologiche italiane, si potranno ammirare elementi di corredo funerario che illustrano varie epoche come reperti che giungono dal Medio Egitto, risalenti al 1900 a.C., e altri che provengono dalla Valle delle Regine e databili al 700 a.C. circa. I numerosi spunti offerti dai materiali esposti permetteranno inoltre di affrontare in modo esaustivo alcuni aspetti della vita quotidiana nell’antico Egitto, di approfondire temi affascinanti come la conservazione di materiali delicati quali le stoffe, e di analizzare le informazioni che i ricercatori contemporanei possono trarre dalle analisi diagnostiche più all’avanguardia. IL FASCINO DELL’EGITTO. Il ruolo dell’Italia pre e post-unitaria nella riscoperta dell’antico Egitto Orvieto, Museo “Claudio Faina”, piazza del Duomo, 19, e Palazzo Coelli, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, Piazza Febei, 3. Orario: 9,30 – 18. Informazioni e prenotazioni: tel. 0763-341511 e 0763-393835 Mostra promossa dalla Fondazione per il Museo “Claudio Faina” e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. Mostra coordinata da Giuseppe Della Fina, curata da Elvira D’Amicone della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo di Antichità Egizie di Torino e da Massimiliana Pozzi (Società Cooperativa Archeologica).
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