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Sport, scommesse, ultras e ancora business ammazzano il mondo del calcio

Il mondo delle scommesse, legato alla camorra e gli ultras hanno rovinato il calcio. Il business impedisce lo sviluppo di uno sport che dia spazio ai giovani

Di Silvano Filippini

Nel precedente articolo avevo trattato del problema dei “soldi”M ora vediamo altri problemi, che però sono ancora legati in gran parte al problema “soldi”.

Calcio e camorra
Altro tasto dolente riguarda le infiltrazioni mafiose all’interno del sistema-calcio. Sono proprio i giocatori senza stipendio che si aggrappano alla camorra nel tentativo di ottenere il dovuto. Peccato che lo facciano utilizzando il mondo delle scommesse truccate che è in mano alla malavita organizzata. Così la regolarità dei campionati va a farsi friggere!
D’altra parte una recentissima inchiesta della Gazzetta dello Sport ha evidenziato il bubbone, interrogando alcuni protagonisti. Fatto sta che il sistema delle partite vendute appare più diffuso di quanto si sospettasse, soprattutto in prima e seconda divisione dove gli stipendi sono più adeguati al mondo dei lavoratori e non è possibile farne a meno per mantenere le famiglie. Oppure si cerca di arrotondare attraverso le scommesse anche se le norme lo vietano. Siccome vengono scelti i prestanome tra gli amici più fidati, è assai difficile scoprire i giocatori coinvolti nel sistema. Di recente è stato fermato un giocatore dell’Avellino che truccava le partite per favorire la camorra. E non solo! Infatti, oltre alle scommesse clandestine, è emerso un mondo di usura e droga.

Ci preoccupiamo tanto di smaltire correttamente la spazzatura utilizzando il sistema della differenziazione e del riciclo (a parte Napoli), ma nessuno si preoccupa di smaltire questo “calcio-spazzatura”. Forse ci si illudeva che, con l’eliminazione del “sistema Moggi”, il malaffare fosse stato estirpato dal mondo del calcio? Illusi!
Finché non verranno emanate norme più restrittive sui bilanci e non vi saranno adeguati controlli con penalizzazioni in classifica più sostanziose, il sistema-calcio proseguirà sulla strada delle frodi sportive ed amministrative.

Cambiare mentalità
Con il nuovo anno sarà bene iniziare il cambio di filosofia anziché pretendere l’impossibile. Infatti la guerra tra i calciatori (attraverso il loro sindacato), che vogliono mantenere tutte le agevolazioni, e la Lega, che vorrebbe ridurle, è ancora aperta. Per cui la possibilità di ripristinare lo sciopero, momentaneamente sospeso, è sempre attuale.

Anche gli spettatori hanno le loro colpe. Una volta la partita era una festa per le famiglie mentre oggi è divenuta una “battaglia” in campo (senza esclusione di colpi proibiti), sugli spalti e fuori dagli stadi.
Solo eliminando gli ultras (vedi Gran Bretagna) e imponendo (con squalifiche e sanzioni economiche anche per la società) un’etica sportiva sana sin dalle giovanili, sarà possibile tornare alla “normalità” dettata dallo sport. Quello con la S maiuscola!

C’è un’altra metamorfosi che appare ormai indispensabile per tutto l’italico sport: l’eliminazione dell’ossessione del risultato!
Persino i campionati giovanili sono pervasi dalla ricerca esasperata della vittoria, al punto che si dedica più tempo ai suggerimenti tattici e ad insegnare i trucchi per ottenere vantaggi in modo del tutto antisportivo, piuttosto che ad insegnare i fondamentali individuali e a potenziare il corpo dei giovani sportivi attraverso una metodica scientifica adatta all’età. Dopo anni in cui si è applicata a piene mani tale “distorsione” i risultati in campo internazionale sono diminuiti progressivamente.

La nazionale di Calcio è stata ignominiosamente eliminata ai recenti campionati mondiali in Sud Africa. Un autentico smacco per una nazione che (caso unico al mondo) vive quasi esclusivamente di calcio, relegando tutti gli altri sport in secondo ordine, distanziati anni luce in fatto di interesse per il pubblico. Del resto i palinsesti della TV sono sempre più attenti al calcio e sempre meno agli altri sport. Pure in Francia cominciano a lamentarsene.
La rappresentativa di basket non è neppure riuscita a qualificarsi alle ultime olimpiadi e ai campionati mondiali, oltre a restare fuori persino dai prossimi europei. Per fortuna di recente è stato allargato il numero delle partecipanti e così torneremo (finalmente!) a vedere le maglie azzurre: almeno sui campi europei.
Gli azzurri del Volley hanno perso lo smalto dei tempi di Velasquez e soltanto in campo femminile ci hanno dato qualche soddisfazione senza, per altro, riuscire a raggiungere i vertici conquistati nelle passate stagioni.

Più velocità e più giovani
Tornando al calcio, la vittoria della Spagna ai mondiali ha evidenziato (ma anche la Germania è sulla buona strada) che conta più il calcio in velocità praticato dai giovani atleti, rispetto a quello tattico messo in campo da nazionali vecchie d’età e di mentalità.

Dopo aver esportato il “modello italiano” ai tempi di Sacchi, dovremmo ora diventare più umili e importare il “modello spagnolo”, che ha dato largo spazio ai giovani e ha cambiato la filosofia del gioco da diversi anni, al punto da conquistare pure gli europei del 2008: vincere divertendosi. Quindi moltissima tecnica e preparazione fisica con la palla grazie a giocatori che corrono a tutto campo. D’altra parte questo sistema non è nuovo: già ai tempi della grande Olanda si era applicata per la prima volta l’idea del calcio totale, in cui tutti correvano per raddoppiare sistematicamente sulla palla (il concetto era stato “rubato” al basket). Ma per farlo sono indispensabili giocatori abituati sin da bambini a correre, rimandando ogni forma di tatticismo ad un’età più avanzata. E’ vero che i piedi “buoni” sono legati al DNA, ma possono essere notevolmente migliorati attraverso il lavoro sistematico sulla palla.

Vittime del businnes
Tutti gli sport professionistici italiani sono ormai vittime del businnes che li spinge ad ingaggiare sempre più stranieri nel tentativo di migliorare lo spettacolo. Così tra americani (nord o sud) effettivi o con nazionalità acquisita per matrimonio (oppure “europeizzati” da nazioni che si concedono procedure più snelle), tra oriundi e comunitari, di italiani nelle squadre di calcio e di basket se ne vedono sempre meno.
In una simile condizione i giovani hanno pochissime probabilità di maturare e, logicamente, ne soffrono le rappresentative nazionali, sia giovanili che senior. Ormai dilagano gli stranieri pure nella serie B calcistica che, invece, dovrebbe fungere da vetrina per lanciare i giovani italiani e da vivaio per la serie maggiore.

Chissà se nel nuovo anno i dirigenti delle leghe professionistiche (le federazioni ormai non contano nulla) se ne renderanno conto e inizieranno a ridurre gradatamente il numero di stranieri? Chissà se potrà divenire realtà una norma che imponga l’inserimento (effettivo e non in panchina) di almeno due under 21 italiani in ogni campionato? In Germania l’hanno già fatto (anche giocatori di 18 anni) e non mi pare che abbiano perso competitività. In ogni caso ne ha guadagnato la nazionale!

Chissà se qualche allenatore si deciderà ad andare ad osservare sul campo il sistema spagnolo per diffonderlo da noi? Solo così sarà possibile riappropriarsi dei campionati europei giovanili che nelle ultime edizioni sono stati terra di conquista degli iberici: sei titoli europei di cui quattro con l’under 16 e due con l’under 17. Noi non vinciamo più; neppure con l’under 21 che, in passato, ci aveva dato grandi soddisfazioni!

Argomenti:   #calcio ,        #crisi ,        #denaro ,        #sport



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