Signor Presidente, la riforma federalista deve e può essere un'occasione di riforma positiva per tutta l'Italia e non una bandiera propagandistica. Deve unire e non dividere il Paese e per questo va fatta bene. Per questo ci vuole il tempo necessario. Se qualcuno pensa di fare le cose in fretta in vista delle prossime elezioni, non ha capito che gli italiani non giudicheranno il federalismo nei prossimi due mesi, ma nei prossimi vent'anni. Per questo la decisione della maggioranza di procedere come un carro armato legislativo, con le forzature procedurali e i voti di fiducia è grave ed è sbagliata.
Il federalismo è il riconoscimento ai livelli di governo territoriali di una robusta dose di autonomia e di una responsabilità fiscale; è una sana competizione sulla qualità dei servizi offerti e sul livello del prelievo fiscale con regole nazionali condivise, controlli rigorosi e sanzioni severe per chi viola il patto federativo.
Nulla di tutto questo vi è nel decreto sul fisco municipale in esame: non è una buona riforma, non è condivisa, è improvvisata e frettolosa. Per come è congegnata, rischia di determinare l'aumento della spesa al nord e l'aumento delle tasse al sud. Vi è una redistribuzione regressiva tra i comuni: avvantaggia le grandi città e le località turistiche rispetto alle tante città di provincia. Vi è stato il rifiuto preconcetto di usare la prima casa come base di calcolo per una tassa comunale, come avevamo chiesto con il senatore Baldassarri, completamente detraibile dall'IRPEF; non una nuova ICI, ma un nuovo metodo di calcolo per una vera tassa comunale. Lo avete rifiutato. Proponevamo l'esenzione per gli incapienti, per i più deboli, per i più poveri; ne è uscito un pasticcio.
Così come non è sostenibile introdurre la cedolare secca, cioè una ragionevole tassazione di favore per chi affitta le case, senza consentire agli affittuari di detrarre in parte l'affitto; è un errore, non funzionerà. Questa riforma non prevede alcun meccanismo chiaro per la perequazione tra i territori, così come non individua in modo chiaro la sanzione per quegli amministratori, del nord o del sud che siano, che non rispetteranno le regole.
Anziché disegnare un modello di finanza in grado di aggredire il dualismo nord-sud, il vero problema di questo Paese, il decreto in esame rischia di portare a nuove disparità. Il federalismo non è e non può essere la secessione con un altro nome. Lo dico da valtellinese, da lombardo, da uomo del nord, prima ancora che da esponente di un partito repubblicano e nazionale: oggi non è possibile distinguere tra l'interesse del sud Italia e l'interesse del nord Italia. O staremo meglio tutti o staremo tutti peggio: non ci sono vie di mezzo.
Nei mesi scorsi sono cambiate le cose in Europa e in Italia; solo questo Governo, in questo decreto, sembra non accorgersene. La crisi finanziaria della Grecia ha portato i contribuenti Pag. 51 tedeschi a mettere sul piatto le risorse del Governo tedesco in garanzia, chiedendo ai greci riforme e sacrificio. Se qualcuno pensa che il nord possa essere indenne dagli eventuali fallimenti delle regioni del sud, deve sapere che non solo in Europa non sono più possibili le crisi in un solo Stato, ma che a maggior ragione in Italia non sarebbe possibile la crisi in una sola regione. Esattamente come si sta facendo in Europa - cito il Ministro Tremonti - sulla finanza pubblica in un momento difficile, si sta andando dal basso verso l'alto e dal diviso all'unito.
Noi oggi scegliamo di non considerare quello che sta succedendo in Europa. Vogliamo contribuire ad una buona riforma federalista, che tenga però conto del tempo grave in cui stiamo vivendo e che vivremo; che sia condivisa, perché non possiamo mettere in discussione le riforme fondamentali ad ogni cambio di maggioranza; che ci impegni per il tempo necessario, senza improvvisare, tanto per dire «lo abbiamo fatto».
Questa non è una buona riforma: porterà nuove, troppe tasse, senza un aumento dell'autonomia dei comuni. Allo Stato centrale si chiederà di continuare a fare il lavoro sporco e a raccogliere le tasse, purché ne lasci un po' ai comuni. Non vi sarà una vera e comprensibile tassa comunale, quella su cui i cittadini possano giudicare anche in relazione a come vengono spesi i soldi; solo un'infinità di nuove piccole tasse e di nuove addizionali.
Si dice che chi mette le tasse e spende è più vicino ai cittadini, e quindi sarà più controllato e dovrà rendere conto agli elettori in modo diretto. Se fosse vero, sarebbe un passo avanti, ma non è così. Non è un'opinione politica, ma la matematica: se ai comuni è consentito di introdurre nuove tasse e contemporaneamente non si diminuiscono le tasse centrali, alla fine della fiera avremo davvero più tasse per tutti, ed è pericoloso fare questa scelta in un Paese che ha il record della pressione fiscale: oltre il 43 per cento.
Noi abbiamo votato «sì» alla legge delega sul federalismo fiscale. Confermiamo quel voto, ma il decreto attuativo di quella delega che oggi votiamo sul fisco municipale è sbagliato, frettoloso e dannoso per i contribuenti.
Poi, riteniamo incomprensibile questo voto di fiducia, a meno che il problema sia di compattare la maggioranza che è una maggioranza dei numeri, ma non è una maggioranza politica, su un provvedimento così delicato. Per questo voteremo contro la fiducia e contro il decreto.
Il decreto in oggetto, comunque, passerà, si sarà persa l'occasione di fare meglio. Aspettiamo quello successivo sul fisco regionale e da parte nostra si riaprirà il confronto sul merito senza pregiudizi. Questo voto, come quello precedente, certificherà che questo Governo ha in questo Parlamento una fiducia, vedremo cosa saprà farne nell'interesse dell'Italia, anche se ci sarà consentito di essere pessimisti.
Se la legislatura prosegue, allora, dobbiamo sapere che il federalismo fiscale poteva essere fatto diversamente e meglio. Soprattutto, dobbiamo sapere che è solo un tratto del cammino di una riforma federalista. Per questo la nostra proposta, che facciamo a tutti, a partire dai colleghi della Lega Nord e al Ministro Calderoli, è di lavorare per affrontare anche il federalismo istituzionale visto che la legislatura prosegue. Facciamo un vero Senato delle autonomie, lavorando tutti insieme, maggioranza ed opposizione, ad una riforma costituzionale condivisa almeno su questo punto.
Una volta distinti e ridefiniti i ruoli di un Senato federale e della Camera secondo principi federalisti, sarebbe anche l'occasione per cambiare una brutta legge elettorale che allontana eletti ed elettori e che non garantisce per nulla, come si può vedere, una buona e sana governabilità.
A questo siamo pronti, ma confermiamo nel merito e nel metodo della fiducia, invece, il voto contrario di oggi (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia – Congratulazioni).
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