REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8
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 Anno VII n° 3 MARZO 2011    -   FATTI & OPINIONI


Camera dei deputati - Bozze non corrette in corso di seduta
Silvano Moffa (IR)- dichiarazioni di voto su “federalismo municipale”
Discussione sulle comunicazioni del Governo ai sensi dell'articolo 2, comma 4, secondo periodo, della legge 5 maggio 2009, n. 42, in relazione allo schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale


Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il Censis, nel suo quarantaquattresimo rapporto sulla situazione sociale del Paese, ha definito il federalismo fiscale la sfida delle responsabilità diffuse. Una definizione, questa, che a me pare cogliere perfettamente la situazione nella quale siamo chiamati ad operare per realizzare una riforma del sistema fiscale e tributario che sappia rimuovere quello che lo stesso Ministro Calderoli, con una metafora molto efficace, ha definito «l'albero storto della finanza pubblica italiana», in cui potere fiscale e potere di spesa non coincidono essendo il primo principalmente esercitato dallo Stato, mentre il secondo può essere prevalentemente ricondotto agli enti territoriali.

La legge delega sul federalismo fiscale, da tanti riconosciuta come essenziale per una riforma complessiva del nostro sistema, si pone alcuni obiettivi essenziali. Ne cito alcuni. Il superamento, almeno in parte, della sterile contrapposizione tra centro e periferia al fine di superare la stringente rigidità di regole imposte dal centro e valide per tutti, a fronte della crescente domanda di attori locali che vogliono essere protagonisti dello sviluppo e del benessere del proprio territorio.

Altro obiettivo è quello di superare, una volta per tutte, la contrapposizione ideologica tra i sostenitori di un'autonomia finanziaria spinta e coloro che, invece, ritengono indispensabile un sistema perequativo che sostenga quei territori con minore capacità fiscale per abitante. Ora, per riprendere la metafora dell'albero storto, a noi pare di cogliere nella riforma del federalismo municipale che il Parlamento si accinge a varare il raggiungimento di questi due importanti obiettivi.

Esaminiamo per un momento, senza entrare nel dettaglio e nella dimensione delle compartecipazioni e delle addizionali, il grado di autonomia tributaria rispetto ai diversi livelli di amministrazione pubblica, effettuando il rapporto tra le entrate complessive e la somma di imposte dirette ed indirette.

Se nel complesso circa il 60 per cento delle entrate ha carattere tributario, tale rapporto raggiunge l'87,3 per cento nel comparto dello Stato, mentre si ferma al 31,7 nelle amministrazioni locali; è un dato, cari colleghi, che parla da sé.

A questo dato, che mette in rilievo un'evidente asimmetria, se ne aggiunge un altro non meno significativo, ovvero quello della spesa cosiddetta discrezionale. Si tratta di quella componente di spesa gestita dai diversi livelli di amministrazione, che dipende dall'azione diretta del soggetto pubblico e che, quindi, viene conteggiata al netto dei trasferimenti, fra Stato e governi locali e fra questi ultimi, al netto del reddito del lavoro dipendente e degli interessi passivi. Con riferimento al 2009, ultimo dato accertato, tale importo discrezionale raggiungerebbe i 256 miliardi di euro, ma 84 miliardi di questi ricadrebbero sotto la responsabilità dello Stato, mentre 172 miliardi sarebbero invece di competenza delle amministrazioni locali.

È in questo dislivello e in questa asimmetria fra capacità di entrata e potere di spesa che va verificata la portata innovativa della riforma in esame. Il dato preminente è che finalmente - lo diciamo senza enfasi, ma con ragionevole realismo - qui si affronta soprattutto il tema della formazione della spesa, oggi fondata principalmente sulla spesa storica e, per alcune componenti, fondata sul ripianamento ex post. Sono meccanismi che risalgono proprio alla riforma fiscale degli anni Settanta e che per molti versi, secondo l'opinione dei più, sono alla base dell'espansione del debito pubblico e della spesa fuori controllo registrati nei decenni successivi.

Insomma, il Governo è stato chiamato ad intervenire con legge n. 42 del 2009 in un quadro di particolare complessità al fine di adottare uno schema condiviso di determinazione dei conti e dei fabbisogni delle prestazioni in un Paese come l'Italia, che presenta contesti territoriali e capacità di gestione pubblica fortemente differenziati.

Vi sono alcuni elementi nello schema di decreto legislativo sul federalismo fiscale e municipale, illustrato ieri compiutamente dal Ministro Calderoli, che presentano aspetti di rilevante positività: si sposta dallo Stato ai comuni il gettito di numerosi tributi erariali, riducendone il numero; si istituisce un'imposta significativa e sostitutiva dei canoni di locazione; con la gradualità necessaria saranno introdotti a partire dal 2014 sull'ordinamento fiscale due nuove forme di tributi comunali; il riparto del fondo tra i singoli comuni avverrà tenendo conto dei fabbisogni standard sulla base della costruzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio con durata quinquennale.

Signor Ministro, onorevoli colleghi, il gruppo di Iniziativa Responsabile esprime apprezzamento nei confronti dell'operato del Governo in materia di federalismo municipale e per questo non faremo mancare il nostro voto di fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile e Lega Nord Padania). Sentiamo di poter dire in tutta coscienza che, a favorire tale indirizzo politico positivo, ha influito il concorso negli ultimi anni di una progressiva accettazione da parte di importanti forze del Mezzogiorno del cambiamento della forma di Stato, dal modello accentrato piemontese a quello federalista, auspicato nell'età del Risorgimento da autorevoli e illuminati pensatori.

Bandita l'idea di un federalismo fiscale e privo di correttivi di solidarietà e, quindi, tale da accentuare il divario tra nord e sud e le diseguaglianze dei cittadini rispetto ai diritti sociali, registriamo ora una condizione diversa: anche nel Mezzogiorno - e questo è un fatto estremamente importante - si guarda al federalismo come ad un'occasione per modificare il modo di governare le comunità locali. L'introduzione di un principio di autonomia e di responsabilità nella gestione delle risorse pubbliche, che faccia continuamente i conti tra la spesa e la sua possibile copertura, uscendo dalla cultura della finanza derivata, è la strada possibile per responsabilizzare e per costringere tutti all'impiego più efficiente del denaro pubblico.

Infine, permetteteci di sottoporre al Governo e alla maggioranza, di cui Iniziativa Responsabile è parte integrante, una questione che non possiamo più eludere e che va messa in agenda con rapidità. È la questione del federalismo istituzionale, che fa da corollario al riordino dei poteri locali. Per avviare una riforma in senso federale bisogna ipotizzare un processo di ricostruzione del territorio e delle sue funzioni, in grado di dare a sua volta vita all'ordinamento complessivo della Repubblica partendo dal basso.

È solo in questo modo che è sempre nato il federalismo cooperativo o competitivo che fosse. Se invece la riforma si muove in senso opposto, lasciando intatti gli apparati amministrativi preesistenti e trasferendo le diverse funzioni in nome della sussidiarietà ogni volta che queste non possono essere esercitate, il risultato principale cui arriva cambia inevitabilmente, alimentando in tutti i soggetti coinvolti aspettative di nuovi compiti, di poteri più incisivi e quindi di maggiori risorse. Così si rischierebbe di alimentare la bolla del federalismo virtuale. Mi domando e vi domando se non sia ormai maturo il tempo per una riflessione di fondo.

L'Italia di oggi può permettersi ancora di avere 20 regioni, 109 province, 8.108 comuni oltre a una serie inestimabile di enti territorialmente competenti nelle materie più difformi? Il decreto sul federalismo municipale, insomma, avvia un processo che esige una forte conduzione politica e un'alta capacità di coesione.

Ricordiamo che il sistema tributario italiano si è già ampiamente decentrato nel corso degli anni Novanta. La chiave del federalismo italiano, a differenza di quello americano e inglese, è rappresentato dalle regioni, cui, almeno in linea di principio, sono assegnati tutti poteri che la Costituzione non riserva espressamente allo Stato. La riforma di oggi rappresenta un ulteriore tassello nella costituzione di un mosaico complesso e articolato. Con questa consapevolezza ci accingiamo a votare la fiducia al Governo. Dopo tutto, ha scritto un esperto analista: «la motivazione del decentramento non è semplicemente quella di indebolire l'autorità centrale ma è quella di rendere la governance a livello locale più rispondente ai bisogni della grande maggioranza della popolazione».

Mi preme, infine, signor Presidente, sottolineare la presenza di una chiara anomalia nella conformazione della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale. Tale Commissione presenta oggi un vulnus di rappresentatività, in quanto non tiene conto della costituzione dei nuovi gruppi parlamentari e ciò vale sia per la Camera, sia per il Senato (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile e Lega Nord Padania). Esprimo l'auspicio, signor Presidente della Camera, a nome del mio gruppo, che tale vulnus venga al più presto sanato (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).



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