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 Anno VII n° 3 MARZO 2011    -   LENTE DI INGRADIMENTO


Anche i centocinquant'anni hanno per brindare
“Il Taglio per l'Unità”: un vino rosso che unifica l'Italia
Un vino ottenuto con una sapiente fusione di 30 vini provenienti da tutta Italia, ma è solo per il Quirinale
Di Luana Scanu


Ormai tutti sappiamo che il 17 Marzo si festeggeranno i 150 anni dell'Unità d'Italia, e che, solo per quest'anno, la giornata sarà festa nazionale.

In tutta Italia si stanno organizzando cerimonie con alza bandiera e banda musicale, discorsi di politici (per l'occasione tutti buoni e uniti), convegni storici noiosissimi, rappresentazioni teatrali, rassegne cinematografiche, notti bianche con tanto di musei aperti sino a tardi e gratuiti. Insomma, ce ne sarà per accontentare tutti i gusti.

Parlando di gusto ci vien da pensare anche (e forse soprattutto) al nostro palato. Qualcuno, avrà pensato di festeggiare l'evento del secolo, anzi del 150esimo, a tavola, con un bel piatto elaborato e con una bottiglia di vino importante? La risposta è si, naturalmente, qualcuno ha avuto l'ispirazione.

Già da tempo circolava sul web la discussione su quale vino avrebbe potuto rappresentare al meglio l'Italia ed è stato un tripudio di proposte: dai vini più blasonati e importanti, come Barolo di Cavour (prodotto nelle vigne che lo statista possedeva nelle Langhe), Chianti, Brunello di Montalcino, Amarone della Valpolicella, allo Spumante e al Prosecco.

Infine il vincitore è stato lui, il blended, il miscuglio, il cocktail, il connubio. Chiamatelo come vi pare, ma il risultato è sempre lo stesso: una fusione di 30 vini, prodotti con più di 20 vitigni che rappresentano l'Italia.
Che ideona.
Un assemblaggio simile, forse, non s'era mai visto. Probabilmente l'ideatore di questo vino avrà preso spunto (e speriamo che non lo prenda pure il suo vino) dai personaggi che popolano negli ultimi anni la scena politica italiana: un'accozzaglia di soggetti che “lottano” ogni giorno per ritagliarsi un pezzetto di celebrità. Ma questo è tutto un altro discorso.

Tornando al nostro vino, come si dovrebbe fare secondo galateo, prima di tutto lo presentiamo: “Il Taglio per l'Unità”. Questo il suo nome.

Accattivante, geniale, con un'etichetta tricolore squarciata al centro e ricucita, dove da una parte sta la scritta “Il Taglio” con la data “1861” e dall'altra “l'Unità 2011”. L'autore dell'originale etichetta è Annibale Parisi, artista montalcinese; le bottiglie (magnum, per la precisione) sono state prodotte dalla Bruni Glass di Trezzano sul Naviglio (Milano), esclusiva vetreria italiana; i tappi provengono dalla Italsughero Fratelli Correggi di Montecchio Emilia (Reggio Emilia). mentre le cassette in legno. che custodiscono il prezioso. vino sono state prodotte dalla Faag di Buonconvento (Siena). Un vino tutto italiano direi.

Ora vi chiederete, chi si cela dietro questa fantasiosa iniziativa?

Anche qui, procediamo secondo galateo. Roberto Cipresso. Nome sconosciuto ai più, ma conosciutissimo nel settore enogastronomico.

Enologo prestigioso e quotato non solo in Italia, winemaker (per dirla tricolore produttore di vino) ricercato, artefice della Cuvee speciale per il Papa in occasione del Giubileo e anche scrittore. Ricordiamo i suoi libri che sono: Il romanzo del vino del 2006, con tanto di prefazione del guru del vino in America, Robert Parker, Vinosofia, del 2008 e infine nel 2009 Vineide.

Bene, torniamo al nostro vino.
Abbiamo detto che si chiama “Il Taglio per l'Unità”, dove per taglio s'intende appunto la mescolanza di opportune percentuali di vino, e che è composto da 30 vini prodotti da più di 20 vitigni a bacca rossa.

Citare tutti i trenta vini sarebbe noioso per me e per voi lettori, riporto quindi solo i vigneti che lo compongono, giusto per capire quale carattere potrebbe avere: fumin (Valle d'Aosta), barbera e nebbiolo (Piemonte), granaccia (Liguria), nebbiolo (Lombardia), teroldego (Trentino), rondinella, corvina e tai rosso (Veneto), schioppettino, refosco dal peduncolo rosso (Friuli Venezia Giulia), sangiovese (Emilia Romagna e Toscana), montepulciano (Marche e Abruzzo), sagrantino (Umbria), tintilia (Molise), aglianico (Campania e Basilicata), primitivo di Manduria (Puglia), gaglioppo (Calabria), nero d'Avola e nerello Mascalese (Sicilia) e infine cannonau, nieddera e carignano (Sardegna).

Bé, diciamo che questa lista non può assolutamente farci capire quale sia il carattere del vino, anche perché i vitigni sono tutti diversi tra loro, alcuni con caratteri morbidi, come il primitivo di Manduria, e altri più spigolosi, come il Sagrantino.

L'unica soluzione per soddisfare la nostra curiosità sarebbe entrare in possesso di una di queste bottiglie, cosa per altro abbastanza impossibile, visto che ne sono state prodotte 150, tutte da regalare al Capo dello Stato Napolitano che, a sua volta, le regalerà ai grandi del mondo. Insomma, noi poveri mortali non avremo mai la possibilità di gustare il vino che dovrebbe rappresentare il nostro stato, il portavoce delle nostre tavole nel mondo.

Mi sembra un controsenso, dico, il vino che dovrebbe unire l'Italia è inaccessibile agli italiani? Invece di fare un blended che quasi nessuno potrà assaggiare e quindi valutare (sarà forse questo il problema?), perché non valorizzare i vitigni rari italiani che rischiamo di perdere? In questo modo ogni regione avrebbe potuto far conoscere al resto d'Italia piccole perle sconosciute ai più e che rischiano di andare perse.

Ma comunque, cari lettori, chi sono io per poter azzardare una simile proposta? Nessuno. Posso solo dare un'opinione, almeno questo (forse) ancora, ci è concesso.



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