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Guariento da Arpo. Breve biografia critica



Guariento: San Matteo diam 84, Tavola Padova, Musei Civici, Museo Bottacin
Guariento fu la prima personalità artistica formatasi a Padova nel Trecento, il primo pittore a ricoprire un vero e proprio ruolo di artista di corte.

Documentato dal 1338 al 1367; già morto nel 1369, è chiamato pittore dai documenti già nel 1338 e si può quindi ipotizzare la sua nascita, forse nella vicina Piove di Sacco, nel secondo decennio del secolo XIV.

Si formò forse alla scuola dei riminesi attivi a Padova nel terzo decennio. Nella straordinaria coerenza dei circa trent'anni del suo percorso stilistico arrivò a precorrere numerosi aspetti del gotico internazionale.
I suoi modi sono caratterizzati da una precoce aulicità e fu il primo artista definibile come pittore di corte.

La sua attività si estese anche a Venezia ed eseguì degli affreschi a Bolzano, distrutti nel 1944.

La sua unica opera firmata è la Croce ora al Museo di Bassano, databile 1331-1332. Coevo è anche il Busto del Redentore di Padova, superstite tabellone superiore di una croce dipinta, immagine di severa nobiltà formale concepita ancora sotto l'influsso di Giotto e dei riminesi. E collegabile ad altre tavole ora negli Stati Uniti. Il successivo “Polittico dell'Incoronazione” (1344) per il Duomo di Piove di Sacco ora a Los Angeles, mostra l'adesione a Giotto nella chiave di un gusto linearistico gotico.

Intorno al 1351 eseguì la decorazione delle tombe di Ubertino e Jacopo da Carrara, la cui parte scultorea è del veneziano Andriolo de Santi. I sepolcri dei due principi erano nella chiesa di Sant'Agostino e, dopo la sua distruzione nell'Ottocento, furono trasportati agli Eremitani. Della decorazione, solo alcuni frammenti: un Cristo a Pavia, un Ritratto ora al Museo di Innsbruck e i lacerti con l' ”Incoronazione della Vergine” e i due “Ritratti di Carraresi” nella chiesa degli Eremitani. Il pittore dimostra una notevolissima abilità ritrattistica, mentre il colorismo delicato è il mezzo che rende il suo linguaggio sempre alto, perfetta espressione dei desideri della raffinata classe dominante che emergeva nel momento della più splendida stagione culturale della città. Non mancano robusti aspetti realistici e contatti con la pittura di Venezia.

Guariento: Trittico- la Crocifissione con i santi Giovanni Battista, Bartolomeo, Andrea e Caterina 58x70, Tempera su tavola Düsseldorf, Collezione privata
Verso la metà del secolo il pittore ebbe contatti con la bizantineggiante Venezia, evidenti in una delle opere più ambiziose, la decorazione della cappella privata della corte, ora sede dell'Accademia Patavina. Dopo il 1345, forse prima del 1349, la loggia dell'ala occidentale del palazzo di ponente della Reggia fu chiusa per inserirvi una cappella per i principi. La decorazione doveva essere già stata approntata prima della visita a Padova, nel 1354, del futuro imperatore Carlo IV di Boemia.

Esistono non indifferenti rapporti di dare e avere, in questo momento, anche con l’arte del nord; vengono, a titolo di confronto, incluse nell’elenco tavole dal Museo di San’Agnese di Praga.
Sulla parete di destra della sala rimangono gli affreschi con Storie bibliche. Sono due fasce divise da un fregio chiuso in alto da archetti intrecciati e, in basso, da finte riquadrature marmoree.
La narrazione è continua e comincia con le storie di Noè, seguite da quelle di Abramo, Mosè, Ezechiele e Giuditta.Sono il resto di una più ampia decorazione, in parte demolita nel 1779.
Gli episodi sono resi con numerosi particolari realistici che si insinuano nel generale tono di una raffinata eleganza di corte. Il soffitto era decorato da una serie di tavole, le cui prime descrizioni, successive allo smembramento, risalgono al 1826. Secondo le più recenti ricostruzioni, la tavola con la Vergine si trovava al centro del soffitto e i tondi con gli Evangelisti ai quattro angoli.

Le tavole rappresentanti Gerarchie angeliche, inclinate e legate da un'elaborata carpenteria, costituivano un fregio di collegamento tra gli affreschi e la copertura, mentre le piccole figure di Cherubini formavano una fascia continua lungo uno dei lati brevi. La maggior parte sono presso i Musei Civici di Padova, altre sono disperse in musei e collezioni private.
Si colgono forti accenti veneziani con particolari riferimenti alla pittura bizantineggiante di Paolo, ugualmente documentato da alcune opere che lo pongono a confronto con Guariento a partire dagli anni trenta fino ai cinquanta, ma emergono soprattutto elementi gotici, riconoscibili nell'elaborato linearismo delle vesti, nelle pose cadenzate degli angeli, nella delicata e sfumata trasparenza dei colori.Numerosi i momenti di vivace realismo narrativo, come nelle figure di mendicanti di fronte all'angelo o nella scena di naufragio. E’ raro trovare una così sapiente distinzione delle gerarchie angeliche, presente anche nel successivo Paradiso di Venezia, resa con una iconografia tanto innovativa.

Guariento: Gruppo di dieci angeli seduti con globo e flabello gigliato -part.- (Serafini?) 119x107, Tavola Padova, Musei Civici, Museo Bottacin
Subito dopo Guariento approfondì le sue conoscenze matematiche e prospettiche, discipline allora studiate all'Università patavina. Verso il 1361, a testimonianza della fama raggiunta, eseguì delle Figure allegoriche per la tomba del Doge Dolfin nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia, vicine a quelle dello zoccolo della decorazione dell'abside maggiore della chiesa degli Eremitani. Questi ultimi affreschi sono il principale documento di una nuova fase arditamente prospettica. Il ciclo comprendeva il Giudizio Universale e le storie dei santi Agostino, Giacomo e Filippo.
La decorazione copriva interamente le pareti del presbiterio e dell'abside. Nelle vele erano raffigurati i Dottori della Chiesa mentre lo zoccolo era affrescato con i Pianeti e le sette età dell'uomo. Nel sottarco dell'abside erano figure a mezzo busto di santi e nel catino Cristo giudice con gli Apostoli.
Si trattava di un'impresa di ampiezza e complessità iconografica totalmente nuove.
Le architetture dipinte dilatavano gli spazi con un illusionismo che doveva essere maggiormente percepibile prima che il bombardamento del 1944 distruggesse oltre la metà dell'opera. Costituivano un fatto del tutto nuovo nel panorama della pittura del Trecento nell'Italia nordorientale.

La modernità di queste impostazioni si comprende solo se rapportata al clima pre-umanistico della cultura padovana e alla presenza di Francesco Petrarca alla corte carrarese. I pittori in seguito attivi a Padova tennero ben presente questo esempio nel trattare i problemi della decorazione dipinta connessi a strutture architettoniche. I caratteri accentuatamente gotici delle figure, percepibili nei frammenti qui individuati e ora conservati al Museo diocesano, permettono di datare questi affreschi ai primi anni sessanta, forse in un momento immediatamente precedente il viaggio dell'artista a Venezia, nel corso del quale compì un'impresa che dimostra l'importanza della sua pittura anche fuori Padova.

Si tratta del celebre Paradiso dipinto nel 1366-1367 per Palazzo Ducale, una complessa macchina architettonica voluta dal Doge Marco Cornaro. Il vasto affresco, gravemente danneggiato nell'incendio del 1577 e ricoperto dalla tela di Tintoretto di analogo soggetto, fu riscoperto nel 1903 e rappresenta una moltitudine di angeli e beati che fanno da cornice all'Incoronazione della Vergine. E' l'opera che diede a Guariento la maggiore fama e fu celebrata a lungo dagli scrittori di cose veneziane, data l’influenza che esercitò sulla pittura lagunare fino all'inizio del Quattrocento.

 
Guariento: Schiera di angeli armati (Arcangeli?) 110x107, Tavola Padova, Musei Civici, Museo Bottacin
Altre opere collocabili in anni avanzati dell’attività sono le “Madonne” di Londra, Berlino, New York, nelle quali si coglie un’accentuazione degli elementi gotici e della profondità dell’ambientazione.

Guariento nel 1369 risulta già morto.
La sua traduzione del giottismo in termini gotici, la sempre più forte presenza di stilemi linearistici, l’ampia spazialità delle architetture dipinte, il realismo, gli aspetti "cortesi", furono la prima impostazione e l'ideale filo conduttore della pittura a Padova nel corso degli ultimi tre decenni del secolo XIV.

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