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Padova nel Trecento. L’incontro tra arti, scienza, letteratura



  Giotto: Eterno Padre 150x97, Tavola Padova, Cappella degli Scrovegni
Per tutto il XIV secolo le manifestazioni dell’arte e del pensiero scientifico e letterario corsero su strade tra loro molto vicine, legate alla politica e alla religione.

Già Giotto, nell’eseguire gli affreschi per la Cappella degli Scrovegni, si era valso di un programma iconografico; si è molto parlato in questo senso del ruolo ricoperto dall’Ordine Agostiniano. Nelle celeberrime allegorie dei Vizi e delle Virtù, che decorano lo zoccolo del ciclo si è voluto vedere un preciso messaggio politico legato al committente, i cui riflessi in letteratura si colgono anche nella produzione del padovano Albertino Mussato. Il maestro, nel realizzare uno dei primi cicli decorativi di carattere civile, le perdute pitture del Palazzo della Ragione, ebbe l’opportunità di valersi, come ci narrano le cronache, delle indicazioni del famoso medico e astrologo Pietro d’Abano. Il ciclo astrologico indicava un intimo legame tra gli astri e le vicende della terra e degli uomini, un tema di conoscenza che sarebbe stato sviluppato lungo tutto il secolo.

I Carraresi, divenuti signori di Padova, compresero immediatamente quale formidabile manifesto politico potesse essere l’arte, nel loro progetto di trasformare la città nella capitale di un vasto stato.

Guariento, il primo artista e ricoprire il ruolo pittore di corte, decorò le loro tombe, la loro cappella privata nel Palazzo. Il programma decorativo della reggia, nella quale le cronache ricordano le sale della Tebaide, di Camillo, di Lucrezia, vedeva l’esaltazione dei valori e delle gesta della Signoria la cui legittimazione avveniva attraverso episodi esemplari della storia classica.
n questo senso l’episodio figurativamente più rilevante, la decorazione della Sala degli Uomini Illustri, forse iniziata dallo stesso Guariento, proseguita da Ottaviano da Brescia e dall’Avanzi, sulla falsariga del famoso “De Viris Illustribus” di Tetrarca, poneva sullo stesso piano i Signori della città e gli eroi dell’antichità.
Nella decorazione dello zoccolo dell’abside degli Eremitani Guariento, , nelle figurazioni dei pianeti che influenzano le attività degli uomini mostra di essere
Francesco Carrara
pienamente partecipe di quella cultura astrologica della quale in quegli anni uno dei principali esponenti era Giovanni Dondi dell’Orologio, creatore del famoso Astrarlo un orologio astronomico che permetteva di leggere con una precisione per l’epoca incredibile, il movimento dei corpi celesti che si credeva proiettassero il loro influsso sugli uomini.

La presenza di Francesco Petrarca, in rapporto con i Carraresi da Giacomo II a Francesco il Vecchio, fu fondamentale per la proposizione di un nuovo modello umanistico; non solo instillò nella dinastia l’amore per la grandezza di Roma, ma fu per i Signori ambasciatore e ne celebrò le gesta, seguito da una schiera di poeti come Antonio Beccari e Francesco di Vannozzo. In sintonia con il clima culturale preumanistico che coinvolgeva gli ambienti dell’Università si svolge l’attività del nuovo pittore di corte, Giusto Menabuoi, fin dalle Virtù nella Cappella Cortellieri agli Eremitani, figure allegoriche cariche di contenuti dottrinali.

Lo stesso Petrarca è ritratto più volte nelle sue pitture, ma anche in quelle di Altichiero. Nella proposizione nelle pitture di quest’ultimo di uno spazio ormai prerinascimentale si legge l’attenzione verso gli studi di ottica e prospettiva nei quali eccelse Biagio Pelacani da Parma, che dal 1382 insegnò queste discipline all’Università nell’ottica di una loro filiazione dalla matematica.

Anche negli ultimi difficili tempi della Signoria non mancò l’attenzione verso l’arte: era a Padova, come pittore domestico di Francesco Novello, il pittore fiorentino Cennino Cennini, che proprio da noi scrisse il “Libro dell’Arte” primo manuale rimastoci sulle tecniche artistiche.

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