REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno VII n° 4 APRILE 2011 FATTI & OPINIONI


Camera dei Deputati Seduta n. 452 di giovedì 24 marzo 2011
Comunicazioni del Governo sulla crisi libica: Americo Porfidia, (IR)


Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di tutto vorrei chiedere scusa agli italiani per lo spettacolo forse indecoroso che stiamo dando oggi, perché su un problema così importante della politica estera non dovrebbero accadere queste cose (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Onorevoli colleghi, la risoluzione, oggi in discussione e che andiamo ad approvare, è un atto importante, che si inserisce con coerenza nel solco della risoluzione ONU n. 1973, la quale prevede appunto un intervento finalizzato alla protezione dei civili, attraverso la creazione della no fly zone, e che autorizza gli Stati membri a prendere tutte le misure necessarie alla difesa dei civili. Un'azione, quella prevista dalla risoluzione ONU che ha visto la partecipazione, oltre che degli Stati Uniti, anche dei più importanti Stati europei e anche addirittura di quelli arabi. Una decisione non facile, ma inevitabile, dal momento che si rischiava di assistere inermi alla repressione durissima e sanguinosa dei ribelli da parte di Gheddafi. L'Italia ha aderito con coerenza all'adesione e alla partecipazione a tale risoluzione, facendo anche attenzione agli interessi del nostro Paese in un quadro di tutela della necessaria stabilità nell'area del Mediterraneo. Basti pensare che dalla Libia all'Italia arriva oltre il 25 per cento del gas naturale e circa il 15 per cento del petrolio. Non si tratta quindi di un'azione ostile, perché è un'azione tesa ad evitare un bagno di sangue, una azione che deve rimanere all'interno delle prescrizioni della citata risoluzione ONU.

Purtroppo, però, dobbiamo prendere atto, effettivamente, che in questi ultimi giorni le operazioni militari europee contro la Libia hanno preso una via che non è certamente quella contemplata dalla risoluzione e, infatti, alcuni tra i maggiori Paesi del pianeta stanno chiedendo un immediato stop dei bombardamenti ed un ripristino dei contorni definiti dalla risoluzione. In questo senso si sono espressi il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, la Nahdlatul Ulama (la più importante organizzazione islamica dell'Indonesia), la Cina, il Brasile, la Russia, l'India, l'OUA e la Turchia. Nella stessa Europa Germania, Francia e Gran Bretagna non hanno ancora posizioni concordi, così come non è del tutto chiaro il dialogo tra Mosca e Washington.

Detto ciò, noi siamo convinti che sia dovere dei Paesi liberi soccorrere i cittadini dei Paesi non del tutto liberi, minacciati di morte e soggetti a regimi totalitari. Tuttavia, signor Ministro, i bombardamenti devono cessare. Abbiamo gridato allo scandalo quando si parlava di presunti bombardamenti delle truppe di Gheddafi sui ribelli della Cirenaica ed ora noi rischiamo di recitare la parte di quelli che bombardano i civili libici di Tripoli. È questa davvero una situazione poco surreale, se non fosse profondamente tragica e feconda di brutali conseguenze.

Ecco perché, con piena convinzione, noi del gruppo Iniziativa Responsabile confermiamo il nostro sostegno assoluto al Ministro Frattini, che giustamente richiede il passaggio delle operazioni in mano NATO al fine di garantire un comando ordinato delle operazioni e al fine di evitare che si vada in ordine sparso, cosa del tutto inaccettabile anche in considerazione del fatto che i bombardieri stanno usando le nostre basi e il nostro territorio sui quali, fino a prova contraria e nel rispetto degli obblighi internazionali, vige ancora la nostra sovranità, signor Ministro.

Noi chiediamo con decisione e con insistenza uno sforzo totale del nostro Governo e della nostra diplomazia affinché si torni al dialogo e al compromesso, insomma all'arte diplomatica, l'unica in grado di fermare le armi. L'uso delle armi deve rimanere sempre un'ultima disperata azione, e non certamente la priorità.

Proprio coscienti di quanto abbiamo detto, noi di Iniziativa Responsabile nella prima settimana di marzo avevamo chiesto al Governo di recitare un ruolo forte in chiave diplomatica per scongiurare l'attacco vero e proprio. Purtroppo, non si è stati in grado di fermare la macchina della guerra, una macchina che, come tutti sanno, una volta messa in moto è difficile da fermare. Noi, proprio noi, l'Italia, abbiamo chiesto questo e devo ammettere che eravamo pronti a spostare sul piano dei negoziati l'azione delle cancellerie e rubare tempo e spazio alle armi. Purtroppo, quel tempo e quello spazio, certamente non per colpa degli italiani, cari onorevoli, sono stati presi proprio dalle armi, che oggi vi sono lungo le strade della Libia, con tutto il loro carico di morte.

In Tunisia e in Egitto hanno trovato sbocchi positivi per le aspettative popolari le rispettive situazioni. In Libia, purtroppo, la situazione è mutata ed è molto diversa e complessa. Noi, cari onorevoli, conosciamo bene il Paese libico, quello stesso Paese e quello stesso leader politico con il quale - dopo una decennale attività diplomatica, che ha visto coinvolte tutte le parti politiche che hanno governato il nostro Paese negli ultimi trent'anni - abbiamo nell'agosto del 2008 firmato un Trattato di amicizia, di partenariato e cooperazione - questo è vero - che disponeva però soprattutto in materie nel settore della difesa e dell'energia. A nostro parere, non dobbiamo rinnegare quel Trattato che per noi, onorevoli colleghi, oltre ai contenuti, rappresentava un ramoscello d'ulivo offerto al regime libico. Ancora oggi noi riteniamo di dover sperare di riprendere i temi del Trattato con un Paese che speriamo esca più democratico e libero da questa fase storica.

La situazione chiaramente impone delle riflessioni e delle azioni concrete strettamente connesse agli eventi che vogliamo riportare al Governo. In primo luogo, è necessario porci il problema della nuova classe politica che si sta organizzando in Libia. Noi chiediamo alla nostra diplomazia di cercare di sapere, con la massima certezza e accuratezza di analisi, chi sono i ribelli e i leader del Consiglio nazionale provvisorio. Insomma, è necessario rendersi conto di quali forze nel post bellico saranno alla guida del Paese che si trova di fronte all'Italia sull'altro lato del Mediterraneo. Sempre nel pieno rispetto della popolazione libica, chiediamo al Governo e alle autorità competenti di intervenire per garantire il massimo livello possibile di sanità e di sicurezza alimentare sul territorio libico. In questo senso, dobbiamo dare il massimo delle nostre capacità e davvero rivendicare quel ruolo di pace e solidarietà che sono in grado di dare le nostre capacità umane. Iniziamo a disporre di vere task force che possono intervenire negli ospedali libici.

Con la stessa decisione, però, esigiamo cooperazione dall'Europa per la gestione dell'afflusso dei profughi. Non è possibile, e lo diciamo a chiare lettere, che da un lato le operazioni militare in corso siano compiute a raggio europeo, dall'altra parte le attività di soccorso siano lasciate al Paese più prossimo al conflitto, cioè l'Italia. La stessa solidarietà deve essere dimostrata - e devo prendere atto di come ciò stia accadendo - tra tutte le regioni italiane perché in questi momenti tragici l'Italia deve dare prova di unità.

Non ultimo, anzi, ma in modo sostenuto e continuativo, con la risoluzione in esame chiediamo al Governo, nel rigoroso rispetto della risoluzione dell' ONU, di intraprendere tutte le iniziative diplomatiche che ritenga necessarie per far cessare le ostilità. In questo modo riprenderemo quel ruolo di leadership che ci compete e che tutto il mondo ci ha sempre riconosciuto nella politica estera.

Un ultimo, invito onorevoli colleghi, al Parlamento: ricordiamo che la compattezza di una nazione si esplicita attraverso la condivisione dei temi della politica estera. Oggi abbiamo una possibilità, a prescindere dalle appartenenze partitiche. Ecco perché noi voteremo a favore di questa risoluzione e vi invito ancora a dare prova di essere una grande nazione, un vero grande popolo, uscendo uniti e compatti, di fronte agli italiani, da quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Iniziativa Responsabile).

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