REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno VII n° 4 APRILE 2011 FATTI & OPINIONI


Camera dei Deputati Seduta n. 452 di giovedì 24 marzo 2011
Comunicazioni del Governo sulla crisi libica: Massimo D'Alema, (PD)


Signor Presidente, signori del Governo, colleghi deputati, il Partito Democratico sostiene, e ha sostenuto fin dal primo momento, l'iniziativa internazionale e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che hanno garantito, forse in modo tardivo ma necessario ed inevitabile, un intervento della comunità internazionale nella crisi libica.

D'altro canto, siamo stati noi, le forze di opposizione, che di fronte alla polemica assenza da parte di settori della maggioranza, che è stata qui rivendicata dall'onorevole Reguzzoni, abbiamo provveduto nelle prime ore dell'intervento ad assicurare al Governo il sostegno parlamentare nelle Commissioni Affari esteri e Difesa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Siamo noi a sostenere qui la risoluzione che, in modo più ampio e meno condizionato, sostiene l'azione del Governo e conferisce al Governo quell'ampio mandato che un Governo deve avere in una crisi di questo genere. Strano paradosso, mentre la maggioranza vuole imporre vincoli, alcuni dei quali sono cervellotici all'azione di Governo, è l'opposizione che chiede che l'Italia si impegni in modo pieno e senza riserve nell'azione internazionale. Lo dico perché, signor Ministro, in un intervento di cui condivido molti aspetti, il suo, ella ha rivolto un appello giusto a non dividersi, a non indebolire il Paese, salvo che, probabilmente, il suo sguardo doveva essere rivolto altrove, e non ai banchi dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
La scelta dell'uso della forza è una scelta difficile, una scelta drammatica, una scelta che suscita turbamento ben comprensibile in tanta parte dell'opinione pubblica, ma è una scelta questa volta necessaria. Bene ha detto il Capo dello Stato, che ha saputo rappresentare anche in questa drammatica vicenda i sentimenti e i valori che uniscono gli italiani, che noi non siamo in guerra ma aderiamo alla necessità di quell'uso legale della forza che è previsto dalla Carta delle Nazioni Unite. D'altro canto anche chi abbia a cuore le ragioni più profonde del pacifismo e della non violenza non può non pensare a che cosa sarebbe accaduto se la coalizione internazionale non avesse fermato i carri armati di Gheddafi alle soglie di Bengasi o non avesse messo a tacere l'artiglieria che martellava Misurata uccidendo i civili; dunque la forza, in questo caso, anche se comporta un prezzo, ha dall'altra parte il numero delle vite salvate che bisogna pure considerare nel bilancio doloroso di questi giorni.

Certo, noi sappiamo che fermare il massacro, fermare l'offensiva dell'esercito, dell'aviazione e dei carri armati contro un popolo in rivolta non è la soluzione della crisi, né la risoluzione autorizza ad occupare la Libia, a liberarla e a cambiare il regime, e noi siamo fermamente convinti che si debba agire nell'ambito della legalità e dei limiti della risoluzione n. 1973.

Quella che si apre, dunque, è una vicenda complessa, una crisi dall'esito incerto, nel corso della quale occorrerà misurare insieme l'uso della forza e la capacità di iniziativa politica. Si tratta di una crisi nella quale sarà fondamentale la coesione politica di una coalizione che, purtroppo - ed è qui motivo di preoccupazione - sin dal primo momento, è apparsa divisa, non unita nelle finalità né nei mezzi. Diciamoci la verità, in questa vicenda emerge una debolezza dell'Europa.

Onorevole Reguzzoni, sono d'accordo quando lei dice che l'Europa non dovrebbe lasciare l'Italia sola di fronte all'emergenza dei profughi. Nel vertice dei leader progressisti europei, qualche giorno fa, abbiamo approvato un documento di solidarietà verso l'Italia, dove si chiede agli altri Paesi europei di fare la loro parte. Purtroppo, oggi prevale l'Europa conservatrice, l'Europa degli egoismi, l'Europa delle leghe, e quando vince l'Europa delle leghe, ce n'è sempre una che è più a nord di noi, c'è poco da fare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Credo sia assai preoccupante l'irrisolto nodo del comando e controllo della missione, irrisolto della NATO, e credo, caro Ministro Frattini, che purtroppo anche l'Italia abbia contribuito alla confusione che è in corso, e non mi riferisco soltanto - come hanno fatto altri esponenti dell'esposizione, giustamente - alla ridda delle dichiarazioni contraddittorie: i nostri ragazzi sono pronti a colpire, ci ha annunciato il Ministro della difesa, ma il Presidente del Consiglio ha assicurato che non lo faranno mai; tra gli immigrati vi sono infiltrati terroristi, ha detto il Ministro dell'interno, ma il Ministro degli esteri non ritiene che sia così.

Sinceramente, credo che, oltre questo, vi sia qualche interrogativo ancora più di fondo. La NATO: cosa ha fatto o detto il Presidente del Consiglio al vertice di Parigi? Prima che cominciassero le operazioni militari, avevamo il diritto e il dovere, in quanto siamo il Paese più esposto, di chiedere chiarezza, prima di cominciare. Che cosa ha fatto lì il Presidente del Consiglio? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai. Guardando alle prospettive: la prospettiva è quella di una transizione democratica, oltre Gheddafi, come lei ha giustamente detto, o è quella di una mediazione con Gheddafi, a cui accenna oggi il Presidente del Consiglio? Vi è grande confusione, che sconcerta i nostri alleati e che indebolisce il ruolo dell'Italia.

Credo che l'assenza qui del Presidente del Consiglio non sia solo l'ennesima scortesia verso il Parlamento, ma è l'espressione simbolica di una assenza di guida politica, dell'assenza di una guida politica autorevole, credibile sul piano internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quanto paghiamo questa assenza in un momento in cui cambia epoca, un moto democratico sconvolgere il Mediterraneo, mette in crisi politiche tradizionali e spinge tutti noi ad una riflessione critica ed autocritica, perché l'Europa, tutti noi, abbiamo, forse per troppo tempo, pensato che i regimi autoritari fossero la migliore garanzia per il petrolio, per contenere l'immigrazione e per contenere l'islamismo.

Direi che questa impostazione pesa ancora moltissimo sulla politica attuale del Governo italiano. Ma tutto ciò è sbagliato. L'unica vera garanzia di libertà economica e di contenimento dell'estremismo è la democrazia. Bisognerebbe cambiare tutti. Ci può addolorare la disinvoltura della Francia, ma la Francia si è messa su questa lunghezza d'onda. E l'Italia dove è? Ciò che accade è una grande opportunità per il nostro Paese, ma bisogna avere il coraggio di mettersi con la propria forza, con la propria politica, con la propria intelligenza dalla parte della democrazia e dei popoli che lottano per cambiare.

L'Italia di oggi purtroppo non riesce a farlo. Troppe paure la condizionano, troppi vincoli con il passato ne indeboliscono l'immagine. Ecco perché noi temiamo che si perda una grande opportunità. Ecco perché oggi non solo ci facciamo carico di una responsabilità per il Paese...

PRESIDENTE. Onorevole D'Alema, la prego di concludere.

MASSIMO D'ALEMA....ma dall'opposizione cerchiamo di lanciare un messaggio nel Mediterraneo: c'è un'altra Italia che ha capito che bisogna cambiare e che è dalla parte della speranza e della libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro, Misto-Alleanza per l'Italia).

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