Signor Presidente, colleghi, inizio il mio intervento esprimendo il cordoglio mio personale e del Governo per la tragedia avvenuta nella notte tra il 5 e 6 aprile nel canale di Sicilia, nel corso della quale è affondato un barcone proveniente presumibilmente dalla Libia e diretto verso l'isola di Lampedusa con circa 200 persone a bordo. Fornisco i primi elementi acquisiti alla conoscenza del Governo sulla base dei primi accertamenti. Le forze armate maltesi hanno ricevuto verso le ore 2,30 del 6 aprile una richiesta di soccorso in mare per evento SAR, search and rescue area (quindi, intervento di ricerca e soccorso) da parte di una persona che segnalava il possibile affondamento di un natante a causa delle avverse condizioni meteomarine.
Le stesse autorità maltesi contattavano immediatamente la centrale operativa delle Capitanerie di porto di Roma e richiedevano l'intervento delle autorità marittime italiane poiché sostenevano di non avere assetti navali disponibili. In queste condizioni e in queste situazioni l'area SAR, che - come sapete - dispone l'obbligo di intervento da parte dei singoli Stati, era di competenza delle autorità maltesi. Tuttavia, trattandosi di un intervento d'urgenza per una situazione di grave rischio, pur essendo di competenza delle autorità maltesi, la Capitaneria di porto di Lampedusa metteva immediatamente a disposizione due motovedette, un elicottero e un ricognitore aereo che verso le 5,30 procedevano alle relative operazioni di soccorso a circa 39 miglia a sud dell'isola di Lampedusa, appunto in acque SAR maltesi.
Negli anni passati c'è stata una disputa, anche forte, sulla necessità di intervento nelle acque da parte delle autorità maltesi ed italiane. Si tratta di un problema che rimane aperto, ma in questa occasione voglio davvero elogiare l'intervento pronto delle nostre forze che hanno consentito di salvare - come ha detto il Presidente - 51 persone originarie del centro Africa, tra cui una donna ed un neonato, certamente provenienti dalle coste della Libia. I superstiti hanno riferito che a bordo dell'imbarcazione erano presenti altre 150 persone delle quali sono tuttora in corso le ricerche in mare (sono riprese questa mattina) con l'ausilio anche di due navi mercantili.
I superstiti sono stati ospitati presso la ex base Loran di Lampedusa. Alcuni di essi sono stati trasferiti presso le strutture ospedaliere dell'isola a causa delle precarie condizioni di salute. In questa occasione, come in tante altre, anche quando non c'è obbligo di intervenire (ma c'è un obbligo morale di farlo per salvare le vite umane), pronto ed immediato è stato l'intervento delle unità di soccorso italiane. Le ricerche proseguono e continuano, ma la speranza di trovare altre persone ancora in vita si affievolisce di ora in ora.
Per quanto riguarda la situazione degli sbarchi sulle coste italiane, dal 1o gennaio al 6 aprile sono avvenuti 390 sbarchi per un totale di 25.867 persone; 23.352 sono giunti sulle isole Pelagie e, di questi, 21.519 sedicenti tunisini, provenienti da un'area ben precisa della Tunisia, l'area sud, dai porti di Djerba e Zarzis, che sono stati presidiati fino alla fine dello scorso anno dalle forze di polizia tunisine che hanno impedito la partenza da quelle aree di cittadini imbarcati. Tuttavia, tali forze dall'inizio di quest'anno non sono più presenti.
A fronte di 25.867 persone arrivate, nello stesso periodo dello scorso anno ne sono arrivate 25. Ciò dimostra che il sistema di controllo e di prevenzione delle partenze è scomparso. Per questo - e lo dirò più avanti - abbiamo definito con la Tunisia un accordo che consenta, oltre che i rimpatri, anche e soprattutto di intervenire sulla prevenzione per impedire le partenze. Dalla Libia sono partiti invece 10 natanti per un totale di 2.300 immigrati prevalentemente di nazionalità somala ed eritrea e, quindi, certamente da considerare come rifugiati.
Sono state attivate immediatamente le strutture per la prima accoglienza: in Sicilia, a Lampedusa, a Trapani, in località Kinisia nell'ex pista aeroportuale dell'aeronautica militare, a Caltanissetta nei pressi del CARA di Pian del Lago, a Mineo nel Residence degli aranci, dove sono stati trasferiti i richiedenti asilo per creare una struttura che abbiamo voluto chiamare Villaggio della solidarietà e che possa essere considerato un modello a livello europeo per coloro che chiedono asilo per sviluppare lì delle attività a loro favore - considerato che riceveranno successivamente il permesso di soggiorno come rifugiati e dovranno quindi essere integrati - come attività di formazione e di insegnamento della lingua e attività per consentire un rapido ed efficace inserimento nella società italiana.
Le altre strutture sono state allestite in Puglia, a Manduria (un centro di prima accoglienza nella base militare ex aeroporto), in Basilicata, a Potenza in località Piani di Palazzo San Gervasio, in Campania a Santa Maria Capua Vetere presso la caserma «Fornaci e Parisi», e nel Lazio a Civitavecchia presso la caserma «De Carolis».
In Toscana sono stati individuati, in collaborazione con la regione Toscana, undici siti disponibili per una capienza complessiva di 500 persone (si tratta di un modello diverso rispetto a quello dei centri di prima accoglienza, che è stato valutato positivamente). Inoltre, in Molise a Campochiaro, presso il centro funzionale del servizio regionale di protezione civile, in Sardegna a Cagliari presso la caserma di via Elmas, in Liguria a Ventimiglia, nell'area delle Ferrovie dello Stato per una ricettività di cento posti, ampliabile fino a 400.
Proprio la necessità di trovare delle aree in cui allestire centri di prima accoglienza per l'emergenza e la complessità e la concentrazione di sbarchi in pochissimi giorni hanno determinato il Governo alla scelta di allestire delle aree in cui portare coloro che erano arrivati a Lampedusa (oltre 25 mila) in pochissimi giorni. È un fenomeno che non ha precedenti. Nel corso dell'ultimo anno in cui sono stati numerosi gli sbarchi, ossia il 2008 (ve ne sono stati oltre 38 mila), essi si sono diluiti nel corso dell'anno e questo ha consentito alle strutture del Ministero dell'interno preposte (i CIE, i CARA, i centri di prima accoglienza) di gestire questo flusso diluito nel tempo.
In questo caso si è verificato un fenomeno di intensità così forte in pochi giorni che ha determinato la decisione di creare questi centri. Non c'era altra possibilità, non c'era altra scelta. È stata una scelta giusta, che ha determinato qualche tensione certamente, ma non c'era un'alternativa e credo che questi centri di prima accoglienza siano stati utili, perché hanno consentito l'individuazione e l'identificazione di questi cittadini extracomunitari.
L'identificazione, anche attraverso la presa delle impronte digitali e la fotografia, consentirà di gestire il flusso di queste persone per riportarle in Tunisia, per mettere nei CIE coloro che hanno precedenti penali e che sono socialmente pericolosi o di consentire, come dirò fra poco, la concessione del permesso di soggiorno temporaneo a tutti coloro che hanno mostrato, nelle interviste che abbiamo fatto, la volontà di recarsi in un Paese europeo.
Sono la stragrande maggioranza quelli che hanno rappresentato questa decisione, e l'iniziativa del Governo consentirà loro di attuare questa scelta.
Abbiamo subito aperto un tavolo con le regioni. La strategia del Governo, dopo la fase della prima emergenza che doveva servire a creare le condizioni di accoglienza per un flusso così intenso (cioè i siti di cui ho parlato, le strutture di Protezione civile provvisorie, i Centri di prima accoglienza), si è poi articolata in tre direzioni: il confronto con le regioni per creare un sistema di gestione concordata con le regioni, le province e i comuni; l'attività diplomatica nei confronti dei Paesi di origine o di provenienza, in primo luogo la Tunisia, rafforzando anche i rapporti con gli altri Paesi, l'Egitto, il Marocco e la Algeria in primo luogo; il terzo punto consiste nelle iniziative nei confronti dell'Unione europea, l'Unione europea, gli Stati in particolare, ma non solo, anche la Commissione, che hanno mostrato subito grande attenzione, grande disponibilità ad intervenire, ma il cui intervento si è finora limitato alla promessa di costituire un fondo di 25 milioni di euro per le spese che l'Italia ha sostenuto.
Noi abbiamo da subito proposto una serie di iniziative all'Unione europea, che illustrerò tra breve. Il tavolo con le regioni si è sviluppato subito. Sono state convocate una serie di riunioni che hanno portato poi ad un primo accordo, il 30 marzo, nella seduta straordinaria della Conferenza unificata. Un accordo importante tra Governo e regioni per la gestione dell'emergenza umanitaria a cui è seguito, proprio ieri sera, un successivo accordo. Ho parlato di emergenza umanitaria e su questo il Governo ha immediatamente agito proclamando lo stato di emergenza umanitaria e nominando un Commissario straordinario, il prefetto di Palermo Caruso, per la gestione di questa emergenza. Lo voglio pubblicamente ringraziare per il lavoro straordinario che ha fatto in una situazione particolarmente difficile. Ora possiamo considerare conclusa la fase dell'emergenza che riguarda Lampedusa e la Sicilia. Provvederemo a uno sviluppo di questa gestione della fase dell'emergenza umanitaria anche alla luce sia dell'accordo fatto con le regioni ieri sera, ma soprattutto dell'accordo fatto con le autorità tunisine. Ne parlerò oggi nel Consiglio dei ministri.
Nell'accordo con le regioni del 30 marzo sono state prese alcune importanti decisioni, è stato previsto un piano per accogliere fino a 50 mila profughi. Intendiamo per profughi quelli che sono arrivati dalla Libia, sono 2 mila 300 rispetto ai venticinquemila. Purtroppo i segnali degli ultimi giorni e la tragedia di ieri in mare ci dicono che si sta intensificando la partenza dalle coste libiche. Abbiamo visto una ripresa da quelle aree da cui venivano fino al maggio del 2009 i clandestini attraverso tratte che venivano organizzate dai trafficanti di esseri umani, che allo scoppio della guerra libica e prima ancora grazie all'Accordo fatto con il Governo libico avevano interrotto queste loro attività dal maggio del 2009. Adesso ci sono segnali di ripresa, proprio nelle stesse località da cui fino al maggio del 2009 operavano.
È un segnale di ripresa proprio degli ultimi giorni, che ci fa pensare che possa intensificarsi il flusso da quelle zone della Libia di persone che provengono da Paesi subsahariani (in particolare quelle etnie che ho citato), e sono tutte persone che fuggono da luoghi in cui vi sono guerre, in cui le condizioni umane sono terribili e quindi che possano essere ricomprese nella categoria dei profughi o dei rifugiati, a differenza dei tunisini.
Per definire un sistema di accoglienza diffuso su tutte le regioni di questa categoria di immigrati abbiamo, il 30 marzo, definito un accordo con le regioni, che prevede l'interessamento di tutte le regioni, escluso l'Abruzzo, nell'accoglienza dei profughi. Questo flusso territoriale sarà definito nei prossimi giorni da una cabina di regia nazionale coordinata dal Governo con le regioni e gli enti locali, coinvolgendo le prefetture.
Abbiamo accolto con favore la disponibilità di posti aggiuntivi messi a disposizione dallo SPRAR, il sistema gestito dal Ministero dell'interno con i comuni per i richiedenti asilo, e abbiamo individuato risorse stabili e pluriennali a sostegno della collocazione nelle case famiglia, attraverso i comuni, dei minori stranieri non accompagnati.
Su questo punto voglio dire che minori non accompagnati, che non saranno rimpatriati neppure se vengono dalla Tunisia, e sono considerati quindi clandestini, sono stati tutti spostati da Lampedusa attraverso il sistema di sostegno nella collocazione delle case famiglia. Vi è stata qualche polemica nei giorni scorsi perché siamo stati accusati di aver lasciato a Lampedusa dei minori. L'attenzione sui minori è stata massima, tempestiva ed immediata. Il sistema prevede che l'assegnazione dei minori alle case famiglia attraverso i comuni venga fatta con l'intervento dell'autorità giudiziaria. Gli ultimi minori sono stati trasferiti ieri proprio perché abbiamo dovuto attendere gli ultimi provvedimenti dell'autorità giudiziaria e sono stati collocati in queste strutture su tutto il territorio nazionale.
Nell'accordo del 30 marzo, infine, si descrivevano anche le modalità operative per la gestione dell'immigrazione clandestina, cioè di quei cittadini extracomunitari arrivati sul territorio nazionale che non possono essere considerati come dei possibili rifugiati. Nell'accordo del 30 marzo si diceva che il Governo, in relazione alla gestione di sua competenza dell'immigrazione clandestina, nella piena applicazione delle norme conseguenti, si impegna ad assicurare un criterio di equa e sostenibile distribuzione degli immigrati che risultassero clandestini su tutto il territorio nazionale, sentiti gli enti locali interessati.
Questo principio dell'equa distribuzione su tutto il territorio nazionale era quindi contenuto nell'accordo del 30 marzo. Ho visto questa mattina qualche commento che dice che la novità dell'intervento e dell'accordo di ieri sera è proprio questa, che prima non erano distribuiti su tutto il territorio nazionale e da domani in avanti lo saranno. Non è così!
L'accordo è già stato preso nella Conferenza unificata del 30 marzo; quello di ieri è un accordo che attua questo principio e la novità non è quella dell'equa ripartizione sul territorio nazionale, ma è una novità importante, che segna il passaggio dalla fase dell'emergenza acuta, quella che abbiamo vissuto oggi e che abbiamo gestito dovendo tamponare una situazione particolarmente grave, ad una situazione di programmazione, che ci consente di gestire in modo più efficace l'immigrazione clandestina attraverso il coinvolgimento del sistema di Protezione civile nazionale e regionale.
Rimane, quindi, fermo questo principio, ma vengono coinvolti i territori, non più con l'insediamento di strutture come quelle che sono state individuate per la gestione di una fase acuta dell'emergenza, ma attraverso il coinvolgimento delle regioni e la condivisione dei sistemi di Protezione civile nazionale e regionale. Questa è la novità dell'accordo di ieri sera.
Sul fronte, poi, dei Paesi di origine abbiamo sviluppato una serie di iniziative per bloccare i flussi e per effettuare i rimpatri. Abbiamo rafforzato le intese già valide con l'Egitto. Sono pochi i cittadini egiziani arrivati, ma con l'Egitto l'accordo bilaterale funziona benissimo: i cittadini egiziani arrivano, vengono immediatamente riconosciuti dalle autorità consolari e il giorno dopo vengono rimpatriati.
Se questo accordo fosse attuato nello stesso modo in tutti gli altri Paesi, potremmo procedere immediatamente ai rimpatri. Purtroppo non è così, perché gli accordi bilaterali sono stipulati tra l'Italia e i vari Paesi, non esiste un sistema europeo di accordi bilaterali e questa è una delle questioni che abbiamo posto all'Unione europea. Non può essere, non può continuare, non può funzionare in questo modo, soprattutto in previsione di ciò che può succedere da qui in avanti con l'esito della guerra in Libia e nessuno sa cosa potrà accadere. Non può continuare, non può funzionare un sistema che veda lasciati soli i singoli Stati rivieraschi della costa sud del Mediterraneo a gestire unilateralmente o bilateralmente questioni così importanti come l'immigrazione clandestina, che si contrasta attraverso accordi come quelli che ho stipulato l'altro giorno a Tunisi, ma che va soprattutto prevenuta attraverso interventi di carattere economico di sviluppo e di finanziamento di attività. Questo è l'unico modo e l'Italia non può essere l'unico Paese che compie questa azione in tutti i Paesi del Maghreb.
Abbiamo realizzato una serie di incontri con i colleghi Ministri dell'interno dei Paesi del Mediterraneo - la Spagna, la Francia, Cipro, Grecia e Malta - e questa necessità è apparsa evidente, tanto è vero che, nell'ultimo Consiglio europeo, il Presidente Berlusconi, proprio su sollecitazione nostra, ha portato all'attenzione questo problema e timidi segnali da parte della Commissione europea cominciano ad arrivare per definire un sistema complessivo di intervento di prevenzione, che è l'unico efficace per contrastare l'immigrazione clandestina. Bisogna chiudere i rubinetti perché, altrimenti, non potremmo pensare di gestire questo fenomeno epocale solo con gli accordi sulla sicurezza che pure sono importanti, fondamentali ma che non possono essere l'unico strumento per gestire una condizione così particolare.
Mi sono recato a Tunisi, l'altro ieri, e dopo nove ore circa di difficile negoziato con il Ministro dell'interno tunisino abbiamo sottoscritto un accordo. Esso giunge al termine di un lungo processo negoziale iniziato alla fine di febbraio con l'intervento del sottosegretario Stefania Craxi (Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori), con l'invio, più volte, del Ministro Frattini a Tunisi, con la visita che io e lo stesso Ministro Frattini abbiamo fatto qualche giorno fa, con la visita mia e del Presidente del Consiglio nel corso della quale abbiamo incontrato i vertici dello Stato tunisino e, infine, con la mia visita di martedì, che è riuscita a finalizzare questo accordo sulla gestione dell'immigrazione clandestina.
Non è il primo, esso fa seguito allo scambio di note tra Italia e Tunisia sulla riammissione degli immigrati in posizione irregolare del 1998, quando Ministro dell'interno era il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, cui va il merito di aver aperto la strada di questo percorso di accordi bilaterali sulla sicurezza che oggi, lo ripeto e lo ribadirò in sede di Consiglio giustizia affari interni (GAI) dell'Unione Europea, deve essere trasferito a livello europeo.
Noi pensiamo ad accordi bilaterali tra l'Unione europea e i Paesi, ad accordi globali, una parte dei quali sia sulla sicurezza e, quindi, sul contrasto ai flussi di immigrazione clandestina, ma la parte fondamentale sia sulla prevenzione, sviluppando politiche di aiuto economico, rilanciando quella cooperazione internazionale che, finora, è stata lasciata sostanzialmente ai singoli Stati membri. Questo salto di qualità, dal livello nazionale al livello europeo, è necessario in una materia, l'immigrazione, che, oggi, è lasciata alla competenza esclusiva dei singoli Stati membri.
Può sembrare una mossa utile perché gli Stati membri hanno su questo un residuo spicchio di sovranità, ma l'evolversi, così improvviso e tumultuoso, degli eventi richiede una condivisione europea perché, altrimenti, tale sovranità nazionale rischia di portare al seguente concetto: il problema è tuo e lo gestisci tu ed io non voglio sapere nulla. Ciò si è verificato, purtroppo, in questi anni, quando, su iniziativa del Governo italiano, il Consiglio europeo ha bocciato ogni iniziativa, ogni richiesta, del Governo italiano medesimo, del Governo francese, del Governo spagnolo, dei Governi di Cipro, Grecia e Malta per l'attuazione di un principio che noi riteniamo assolutamente coerente con il principio di solidarietà a livello europeo, il cosiddetto burden sharing, ossia la suddivisione degli oneri che derivano dal peso che gli Stati di confine sopportano per l'immigrazione clandestina e per l'arrivo di rifugiati. Oggi la normativa europea costringe gli Stati membri a farsi carico, loro e unicamente loro, gli Stati di confine, delle persone che arrivano, soprattutto dei rifugiati. E le persone che arrivano nei Paesi di confine arrivano in essi proprio perché sono Paesi di confine.
Noi abbiamo chiesto e continueremo ad insistere perché l'Europa, anche su questo punto, quello dell'immigrazione clandestina, del contrasto all'immigrazione clandestina e dell'accoglienza dei rifugiati, assuma quel ruolo di protagonista, e non solo di coordinamento, che, finora, è mancato.
L'accordo che, come ho detto, fa seguito a quello del 1998, è un accordo di cooperazione in materia di lotta alla criminalità del 13 dicembre 2003; l'ho rinnovato nel gennaio del 2009, ma anche l'accordo firmato l'altro giorno prosegue in questa linea e prevede alcune iniziative importanti. Innanzitutto, l'oggetto della cooperazione: la cooperazione, si legge nell'accordo, mira a rafforzare la collaborazione tra le forze di sicurezza italiane e tunisine al fine di prevenire gli sbarchi di clandestini verso le coste italiane, intensificare la lotta all'immigrazione irregolare e alla tratta di esseri umani, assicurare la protezione e la salvaguardia delle vite in mare. Sono comprese tutte le attività che due Paesi civili devono fare, salvare le vite in mare, in primo luogo, ma anche contrastare i flussi di immigrazione irregolare e la tratta di esseri umani. Sono due attività spesso collegate che vedono anche l'intervento di organizzazioni criminali, non solo africane.
Secondo punto: i rimpatri. Abbiamo definito delle procedure semplificate per rimpatriare cittadini tunisini arrivati in Italia. L'accordo del 1998, quello sottoscritto quando il Ministro dell'interno era Giorgio Napolitano, da questo punto di vista, non per colpa di chi l'ha sottoscritto, non funzionava, perché le autorità tunisine consentivano i rimpatri di non più di 3-4 cittadini al giorno su voli di linea, mentre con altri Paesi - l'Egitto, l'Algeria, il Marocco - i rimpatri vengono fatti in base al numero di coloro che sono presenti, sempre, naturalmente, nella salvaguardia dei diritti umani di tutti. Con la Tunisia, appunto, vi era questo limite, che, in condizioni normali, non creava ostacoli ai rimpatri stessi.
Ho detto che, l'anno scorso, nello stesso periodo in cui quest'anno sono arrivati 25 mila clandestini, ne sono arrivati 25, tutti cittadini tunisini, rimpatriare i quali non è stato complicato neppure in presenza di quell'accordo così limitativo. Noi abbiamo pensato che bisognasse intervenire anche su queste procedure troppo complicate e nell'accordo si prevedono procedure semplificate per i rimpatri.
Nell'accordo si prevede che tutti i cittadini tunisini che arriveranno in Italia dalla firma dell'accordo, l'altro ieri, in avanti, saranno rimpatriati. La Tunisia ha accettato e tutti i cittadini tunisini che dovessero arrivare saranno rimpatriati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) attraverso procedure semplificate, che prevedono l'intervento dell'autorità consolare, come è giusto che sia, che riconosce e noi abbiamo la certezza dei riconoscimenti dei cittadini tunisini. Quindi sulla carta naturalmente l'accordo c'è, si tratta ovviamente di farlo applicare ed è compito del Governo (Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Proprio per l'importanza che noi attribuiamo a questo accordo abbiamo insediato ieri un gruppo di contatto, un gruppo di lavoro per seguire passo passo l'attuazione dell'accordo, che non è solo procedura di rimpatrio, ma che è anche cooperazione per prevenire i rimpatri, una cooperazione operativa, che si fa là attraverso il rafforzamento della sorveglianza su terra e in mare, l'intervento e il soccorso in mare, lo scambio di informazioni utili riguardo a persone e organizzazioni implicate nel traffico dei migranti, l'attuazione delle convenzioni internazionali come quella di Montego Bay, che è molto importante perché prevede che se viene intercettato un natante in difficoltà, un'imbarcazione o una nave, di qualunque nazionalità essa sia, in acque internazionali possa anzi debba procedere a riportare queste persone in difficoltà nel porto più vicino, che certamente non è e non sarà Lampedusa.
Questa attività, cooperazione operativa, attività di controllo delle coste ritengo sia quella assolutamente importante insieme a quella dei rimpatri, perché serve a prevenire gli sbarchi, il che è sempre la cosa migliore da fare, perché si salvano vite umane (come si è visto purtroppo nella tragedia di ieri) e perché rende più facili le operazioni rispetto a quella dei rimpatri. Questa cooperazione operativa avverrà attraverso la fornitura di beni: noi ci siamo impegnati a fornire alle autorità tunisine mezzi tecnici e attrezzature per rafforzare la sorveglianza alle frontiere, che oggi non c'è o non c'è in modo così efficace come c'era fino al 31 dicembre dello scorso anno.
Quello che è successo, quello che sta succedendo nei Paesi del Maghreb è importante dal punto di vista politico e dal punto di vista sociale, ma in alcuni Paesi come la Tunisia ha creato questa situazione di totale affievolimento o parziale affievolimento (a seconda delle zone) dei controlli di polizia, che prima erano molto efficaci, per una serie di vicende interne.
Noi vogliamo ristabilire queste condizioni anche attraverso la fornitura di mezzi tecnici e attrezzature per rafforzare la sorveglianza delle frontiere. Per fare questo abbiamo anche deciso - ed è scritto nell'accordo - di procedere ad attività di formazione in materia di sorveglianza marittima, in materia di sorveglianza aerea, in materia di contrasto all'immigrazione irregolare, attraverso anche la fornitura di sistemi elettronici di navigazione e di punti di contatto nei due Paesi, gli ufficiali di collegamento dei due Paesi, che rafforzano una cooperazione che era già attiva, ma che adesso richiede appunto uno sforzo aggiuntivo per aumentare i controlli che si sono affievoliti nel corso degli ultimi eventi.
Infine il versante europeo: abbiamo da subito attivato tutte le iniziative, come ho detto, per rendere più operativo l'intervento dell'Unione europea. L'Europa ha collaborato: la Commissaria Cecilia Malmström, Commissaria con la competenza in materia di sicurezza, è stata subito contattata da me nei primi giorni dell'emergenza umanitaria.
Ella ha mostrato grande disponibilità e grande sensibilità, facendo presente che i mezzi a disposizione, sia quelli legali sia quelli economici, erano piuttosto limitati. Da qui la necessità di intervenire a livello di Consiglio europeo, cosa che ha fatto il Presidente Berlusconi. Tuttavia, qualche cosa di concreto è stato fatto, anche se, dal mio punto di vista, non sufficiente per potere dire: l'Europa si è, finalmente, presa carico del problema. È stata intensificata l'attività di Frontex. Frontex, come sapete, è un'Agenzia europea che controlla le frontiere o, meglio, coordina il controllo delle frontiere, fatto su terra dagli eserciti e su mare dalle navi dei vari Paesi membri. È un coordinamento di attività che, però, vengono svolte dai singoli Stati membri, ed è un coordinamento che non è efficace in mare, perché non consente di contrastare efficacemente l'immigrazione clandestina, anzi, rischia di essere un richiamo, perché se si sa che lì vi sono delle navi, in acque internazionali, pronte a prendersi in carico coloro che scappano dalle coste, questo determina un effetto di richiamo, invece che un effetto di deterrenza (Commenti del deputato Colombo).
Lunedì, al Consiglio GAI, porterò le richieste che ho già formulato alla Commissione europea, d'intesa con i Ministri dell'interno degli altri Paesi, tra cui quella di trasformare Frontex da una Agenzia di coordinamento in una struttura operativa, che proceda ad attuare, finalmente, la Convenzione di Montego Bay, con lo scopo di salvare le vite umane, certamente, ma anche di riportare coloro che sono salvati nel porto più vicino, spostando quindi le navi verso le acque territoriali di questi Paesi, per intervenire prima e più rapidamente per salvare le vite umane. Mi sembra una condizione che possa essere attuata nel rispetto di tutte le regole dei trattati internazionali. Occorre una volontà politica, che finora l'Unione europea ha mostrato di non avere, perché l'atteggiamento mostrato - come ho detto, e lo ripeto - è stato quello di «ognuno pensi per sé». Finché i fenomeni migratori sono stati quelli a cui abbiamo assistito, piccoli gruppi in fuga diluiti nel corso dell'anno, era una condizione che poteva essere sopportata e gestita dai Paesi, dalla Spagna, dall'Italia e persino da Malta e da Cipro. Oggi siamo di fronte ad una situazione molto diversa; credo assolutamente fondamentale che il sistema venga cambiato.
Ne è convinto anche il Parlamento europeo - e concludo -, che ha chiesto l'intervento della Commissione per attivare le procedure previste dalla direttiva 2001/55/CE, che prevede la protezione internazionale, che coinvolge tutti i Paesi europei, e non solo quelli dove avvengono gli sbarchi, che riguarda i rifugiati e i profughi, ma che riguarda anche i fenomeni sociali, i flussi di massa che, per il fatto stesso di essere flussi di massa, devono coinvolgere la gestione di tutti i Paesi europei. È una procedura lunga, complessa, come quasi tutte le procedure europee, che prevede l'attivazione da parte di uno Stato membro, attivazione richiesta anche dai gruppi italiani al Parlamento europeo - e su questo argomento, almeno, vi è stata una condivisione importante, utile e interessante - attivazione che è stata richiesta anche dalle regioni ieri sera, e che io procederò a fare lunedì nel Consiglio dei ministri dell'interno e della giustizia.
Domani mattina incontrerò il Ministro dell'interno francese, che ha chiesto di incontrarmi, per trovare un accordo - se sarà possibile - sul fatto che con l'approvazione del DPCM che firmerà oggi il Presidente del Consiglio verrà dato a coloro che sono in Italia - con esclusione di alcune categorie di soggetti - un permesso di soggiorno temporaneo per protezione umanitaria, che consentirà loro di girare in tutti i Paesi dell'area Schengen.
Siccome la stragrande maggioranza di quelli che sono qua, nelle interviste che abbiamo fatto, dicono di voler andare a ricongiungersi con i loro parenti, amici e familiari in Francia e in altri Paesi europei, e volendo evitare quello che il Ministro dell'interno francese ha già definito una crociata contro l'Italia - e non mi pare il caso - lo incontrerò per definire un sistema di intervento comune, che su iniziativa di Italia e Francia possa finalmente coinvolgere tutti Paesi europei.
Il DPCM esclude alcune categorie tra coloro che sono qui e che abbiamo già identificato: i soggetti socialmente pericolosi, ai sensi della legge n. 1423 del 1956 e della legge n. 575 del 1965, le quali escludono dal permesso di soggiorno temporaneo chi sia destinatario di un provvedimento di espulsione già notificato e chi risulti denunciato per una serie di reati. A costoro, che sono soggetti socialmente pericolosi, non verrà dato il permesso di soggiorno, verranno presi, messi nei CIE per procedere poi all'espulsione e al rimpatrio in Tunisia(Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Il deputato Zazzera espone un cartello con la scritta «Maroni assassino» - Il deputato Giancarlo Giorgetti si avvicina al deputato Zazzera e rimuove con forza il cartello - Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Si grida:«Vergogna»)!
PRESIDENTE. Onorevole Zazzera, la prego di togliere immediatamente quel cartello! Onorevole Zazzera!
ANGELO ALESSANDRI. Di Pietro vergognati!
PRESIDENTE. Onorevole Zazzera, la Presidenza sottoporrà al Collegio dei questori l'esame del suo comportamento che riteniamo francamente inqualificabile (Dai banchi dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania si scandisce: «Fuori Fuori!»).
Prego i colleghi di consentire di proseguire con i nostri lavori.
DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per dire che da parte del gruppo Partito Democratico naturalmente c'è lo scontro politico, ci sono le critiche, ma c'è la totale dissociazione da questo atteggiamento e da questo cartello (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Lega Nord Padania, Unione di Centro, Futuro e Libertà per l'Italia, Iniziativa Responsabile, Misto-Alleanza per l'Italia, Misto-Minoranze linguistiche).
ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO DI PIETRO. Ministro Maroni, intendo chiederle scusa a nome dell'Italia dei Valori (Applausi).
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