REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno VII n° 4 APRILE 2011 - EVENTI Al CCCS - Centro Di Cultura Contemporanea Strozzina |
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La cosiddetta "Network Culture" sta ridefinendo caratteri e confini della nostra identità sia personale che collettiva, imponendo un ripensamento delle nostre abitudini, attitudini, desideri, bisogni e valori. La nostra identità online sta diventando un’estensione dell’“io” fisico che creiamo per intrecciare relazioni e interagire con altri sulla rete. Il web 2.0 ha ormai conquistato la vita di tutti i giorni. Condividere pensieri, esperienze e informazioni della propria vita tramite blog e social network è diventata, specialmente tra le giovani generazioni, una pratica giornaliera comune e sempre più diffusa. Se da una parte, nell’odierna società dominata dallo sviluppo delle nuove tecnologie e di sempre più sofisticati mezzi di comunicazione, una persona sembra esistere solo se presente sulla rete, esposta e coinvolta in un costante flusso di informazioni e interazione, dall’altra sempre minore è la consapevolezza e la volontà di difendere la propria privacy o di proteggere il proprio anonimato. I primi studi teorici degli anni Novanta ritenevano che assumere identità diverse avesse un effetto costruttivo e liberatorio sull’individuo, oggi invece i diversi servizi online richiedono l’autenticazione dei propri dati con la nostra “vera” identità. Da quando il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg ha dichiarato che nel mondo di oggi la sfera privata è diventata obsoleta, possiamo constatare una sempre minore cautela da parte degli utenti nel gestire i propri dati personali e la propria identità online. Mentre per anni l’anonimato, la privacy dell’utente e la protezione della sfera privata erano considerati aspetti fondamentali, oggi la difesa di questi valori sembra destare sempre un minore interesse da parte degli utenti. Partendo dall’assunto che la continua relazione con i nuovi media implica per l’individuo un nuovo approccio verso computer e rete internet, le opere in mostra intendono affrontare, sia per un pubblico vasto che per esperti della cultura digitale, caratteristiche e contraddizioni di questa nuova relazione privata e personale dei singoli con il mondo virtuale, in una ricerca di identità, di autoaffermazione e di riconoscimento pubblico.
Nell’opera video “Immersion”, Robbie Cooper (Gran Bretagna) affronta il tema del feedback visivo ed emotivo tra individuo e mondo digitale, soffermandosi sulle reazioni a videogiochi di bambini, i cui volti divengono specchi degli accadimenti sullo schermo.
Tracciabilità e visualizzazione di dati personali sono anche al centro del lavoro del designer Nicholas Felton (USA), il quale crea diagrammi e tabelle per documentare meticolosamente tutte le azioni e i dati, dai più banali ai più significativi, che caratterizzano la sua vita quotidiana.
Il gruppo Les liens invisibles (Italia) si caratterizza per progetti online che, con ironia ma sempre puntando su un forte senso di attivismo politico, riflettono su distorsioni e paradossi nel rapporto con i social network. Il loro progetto “Seppukoo” permetteva di riprendere possesso della propria identità e del proprio anonimato commettendo il “suicidio” del proprio profilo su Facebook, che ha bloccato questa applicazione intraprendendo un’azione legale contro gli artisti. Il Sociable Media Group (USA) del MIT di Boston propone “Metropath(ologies)”, un’installazione multimediale che, tramite il semplice inserimento del proprio nome, permette la visualizzazione spaziale di frammenti di informazioni disponibili online di ogni persona, dimostrando la trasparenza e la visibilità dell’individuo sulla rete.
Approfondendo ulteriormente i temi della dissolvenza del singolo e dell’omologazione dell’individuo nella massa degli utenti online, l’opera “Mass Ornament” di Natalie Bookchin (USA) crea un’unica coreografia di movimenti unendo video tratti da YouTube, in cui singole persone ballano nella solitudine delle loro case private, davanti all’occhio della webcam.
La mostra ospita anche un progetto della fotografa iraniana Diana Djeddi (Iran/Germania) che ricostruisce il caso di Neda Agha-Soltan, la giovane studentessa uccisa a Teheran durante le manifestazioni del 2009, esempio delle potenzialità ma anche dei rischi legati alla diffusione di informazioni sulla rete. Questo episodio ha avuto infatti grande notorietà tramite i social network ma ha dato luogo a uno scambio di identità con un’omonima ragazza iraniana fisicamente molto simile, Neda Soltani, la cui fotografia del profilo Facebook è diventata icona della rivoluzione suo malgrado, costringendo la ragazza a lasciare il paese per paura di ritorsioni. Accompagna la mostra un catalogo bilingue (italiano/inglese) pubblicato da Silvana editoriale, con contributi di esperti del settore come Michael Wesch (Associate Professor of Cultural Anthropology, Kansas State University), Sherry Turkle (Professor of Social Studies of Science and Technology, MIT, Boston), Roberto Simanowski (Institut for Media Studies, Università di Basilea) e Antonio Glessi (ISIA, Firenze). Durante il periodo d’apertura, è previsto un calendario di lecture tenute da esperti di vari settori che apriranno spazi di confronto diretto con il pubblico. IDENTITA’ VIRTUALI / VIRTUAL IDENTITIES CCCS - Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, - Palazzo Strozzi, Firenze 20 maggio – 17 luglio 2011 Orari: martedì- domenica 10.00-20.00, giovedì 10.00-23.00. Lunedì chiuso. Biglietto: intero 5 euro, ridotto 4 euro, scuole 3 euro. Speciale ingresso gratuito: tutti i giovedì dalle 18.00 alle 23.00 Speciale biglietto congiunto con la mostra Picasso, Mirò, Dalì - Giovani e arrabbiati. La nascita della modernità: 10 euro Catalogo: Silvana Editoriale (www.silvanaeditoriale.it) INFO Tel. +39 055 2645155 www.strozzina.org www.palazzostrozzi.org
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