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L'Istat ci racconta

L'acqua e l'Italia

Quanta acqua viene immessa negli acquedotti? Quanta si perde? Qual è il giudizio degli italiani sul servizio? Quanta acqua minerale bevono gli italiani?

Di G.G.

l 22 Marzo è stata la Giornata mondiale dell’acqua, istituita dall’ONU, e per questa giornata l’Istat ha fornito, per l'Italia, un quadro di sintesi su questa fondamentale risorsa attraverso statistiche sul ciclo idrologico, sull’uso delle acque urbane e su alcuni fattori climatici. Informazioni raccolte con indagini condotte negli ultimi anni.

L'acqua prelevata per uso potabile nel 2008 a livello nazionale è stata di 9,1 miliardi di m3, l'1,7% in più rispetto al 2005, il 2,6% in più dal 1999. In termini di acqua pro-capite corrisponde a circa 152 m3 per abitante. Confrontando questo dato con quello d’altri grandi paesi della UE notiamo che l'Italia supera nettamente la Spagna (127 m3 per abitante), il Regno Unito (113 m3 per abitante) e la Germania (62 m3 per abitante).

Quando è disponibile acqua sotterranea si usa questa, che in genere non necessita di trattamenti di potabilizzazione. Le regioni che ricorrono maggiormente alla potabilizzazione sono Sardegna (89,2%) e Basilicata (80,5%), mentre Lazio (2,9%) e Molise (8,9%) presentano i livelli più bassi perché sono disponibili risorse sotterranee idropotabili di buona qualità.

L’89,4% dell’acqua prelevata a uso potabile, pari a circa 8,1 milioni di m3, viene effettivamente immessa nelle reti comunali di distribuzione. Complessivamente vengono immessi in rete 136 m3 di acqua per abitante, valore rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi dieci anni. Le regioni che immettono nelle reti comunali più acqua potabile per abitante sono Valle d’Aosta e Lazio (rispettivamente 182 e 172 m3 per abitante). Umbria e Marche, con poco più di 100 metri cubi per abitante, sono quelle che ne immettono meno.

L’acqua potabile consumata

Vi è un'accusa a molte Regioni di avere degli acquedotti colabrodo, che perdono acqua in modo assurdo. L'Istat ha misurato, a livello regionale, lo stato di salute degli acquedotti. La perdita media in Italia nel 2008 è del 47%, valore evidentemente elevato poiché una regione con un alto numero di abitanti, si pongono al di sotto del 30%: la Lombardia con 9.642.406 abitanti ha perdite solo del 27%. Altre regioni popolose hanno comunque perdite basse: Emilia Romagna 32%, Marche 34%, Toscana 38%, oltre al piccolo ma efficiente Trentino Alto Adige (27%). Vi sono poi le maglie nere: Puglia (87%), Sardegna (85%), Molise (78%), Abruzzo (77%), Friuli Venezia Giulia (68%). È importante a questo punto confrontare l'efficienza degli acquedotti con la quantità d'acqua erogata, cioè che raggiunge il consumatore.

L'Istat ci dice:

    Nel 2008 in Italia sono stati erogati 92,5 m3 di acqua potabile per abitante.La distribuzione dell’acqua potabile si presenta molto eterogenea sul territorio italiano. Con 107,1 m3 per abitante, il Nord-ovest è la ripartizione geografica in cui si rileva una maggiore erogazione di acqua potabile pro-capite da parte della rete comunale di distribuzione, circa 15 m3 in più rispetto al dato nazionale. Il Centro presenta un valore di 96,0 m3 per abitante, lievemente più alto del valore nazionale, con valori regionali compresi tra i 68,5 m3 per abitante dell’Umbria e i 111,3 del Lazio. Il Mezzogiorno è l’area geografica con la minore erogazione di acqua potabile: il volume annuo di acqua erogata per abitante è pari a 80,6 m3 e risente, anche in questo caso, di una forte variabilità regionale, con un valore massimo di 99,2 m3 in Calabria e uno minimo in Puglia, con 63,5 m3 (quest’ultima è la regione con il valore più basso di acqua erogata per abitante)

L'istituto di statistica non si permette di trarre conclusioni, ma a noi appare evidente come, specialmente nel meridione, non manchi l'acqua, ma l'inefficienza degli acquedotti impedisce un’erogazione sufficiente. La Puglia ad esempio, se avesse perdite solo del 30%, potrebbe erogare 91,34 mq per abitante. Ma anche Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, potrebbero migliorare la loro efficienza del 20-30% e non è poco e si potrebbero così ridurre i provvedimenti di razionamento.

Malgrado questo l'Italia con i suoi consumi intorno ai 92 m3 annui per abitante, presenta valori superiori alla media europea, pari a 85 m3 annui per abitante, ma osservando i dati forniti dall'Istat dobbiamo considerare che i paesi che consumano meno acqua di noi sono i paesi più a nord (Paesi Bassi (73 m3) e alla Germania (57 m3)) mentre la Spagna, più simile per clima a noi, consuma più di noi (100 m3).

La depurazione delle acque reflue urbane

Altro problema scottante è quello della depurazione. Secondo l'Istat, nel 2008, la capacità effettiva di depurazione degli impianti, ossia il carico inquinante proveniente dalle acque reflue urbane e trattato dagli impianti di depurazione, è pari a 59,0 milioni di abitanti equivalenti (Ae), il 26,6% in più rispetto al 1999 quando la capacità effettiva depurativa era pari a 46,6 milioni di Ae. Anche la capacità potenziale depurativa, misurata dagli abitanti equivalenti di progetto, è aumentata rispetto al 1999 passando da 61,4 milioni di Ae a 75,2 milioni di Ae del 2008 (+22,5%).

Ma quello che conta è la capacità effettiva di trattare gli effluenti urbani e leggiamo che la capacità effettivamente utilizzata è pari invece al 59,0% delle necessità di depurazione, quindi siamo ancor lontani dall'avere “acque pulite”.

È il Trentino Alto Adige a disporre della quota maggiore di impianti di depurazione rispetto alle necessità, poiché ha una capacità effettiva, in media annua, del 76,7%. Seguono la Valle d’Aosta una capacità effettiva del 72,5%, la Sardegna (63,1% di copertura effettiva), la Liguria (58,6%) e l’Emilia Romagna (69,8%). Nella coda di questa classifica ci sono le regioni Calabria (50,5%) e Sicilia (42%).

I gestori dei servizi idrici L'applicazione della decreto legislativo 152/2006 (la cosiddetta riforma dei servizi idrici) ha ridotto del 18,9% il numero di gestori dei servizi idrici, specializzati o in economia, operanti in Italia nel biennio 2007-2008. Rispetto al 1999 il decremento è del 57,2% (passando dai 7.826 a 3.351). Tra il 2007 e il 2008 la quota dei comuni in cui le società affidatarie gestiscono almeno una tipologia di servizio idrico (dal prelievo alla depurazione) passa dal 50,0% al 58,3%. Nel 2008 i gestori del Servizio idrico integrato (Sii) coprono una popolazione residente pari al 68,7 per cento, incrementando di 8,7 punti percentuali quella del 2007 e confermando la tendenza di molti comuni a trasferire la gestione dei servizi idrici, spesso effettuata in economia, ai nuovi gestori affidatari.

Il processo di riorganizzazione del servizio idrico integrato è ormai completato in Umbria e Basilicata. Quasi concluso in Puglia, Abruzzo, Sardegna, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio (oltre il 90% della popolazione è passata da gestione comunale o privata a gestione integrata). Parzialmente applicato in Veneto (79,6%), Marche (73,1%), Liguria (68%) e Lombardia (54%), mentre è in corso di attuazione in Campania (35,9%), Calabria (32%), Sicilia (29%) e Friuli Venezia Giulia (11,6%). Non ancora attuato in Molise e Valle d’Aosta.

Il giudizio delle famiglie sull’erogazione di acqua e la fiducia nel bere acqua di rubinetto e il consumo di acqua minerale

Nel 2010 lamentano irregolarità nell’erogazione dell’acqua il 10,8% delle famiglie. Questo problema è dichiarato soprattutto dalle famiglie residenti nel Mezzogiorno (18,7%), in particolare in Calabria (33,4%) e in Sicilia (28,3%). All’opposto, appena il 5,8% delle famiglie del Nord dichiara irregolarità nell’erogazione dell’acqua, con valori minimi pari all’1,6% nella provincia autonoma di Bolzano e all’1,9% nella provincia autonoma di Trento.

La diffidenza nel bere acqua di rubinetto si manifesta ancora elevata nel Paese: il 32,8% delle famiglie ha al suo interno uno o più componenti che dichiarano di non fidarsi a berla. Tale fenomeno raggiunge i livelli più elevati in Sicilia (64,2%), Calabria (52%) e Sardegna (49,8%). Sia il giudizio negativo delle famiglie sull’erogazione di acqua sia la diffidenza nel bere acqua di rubinetto hanno mostrato un cambiamento in positivo negli ultimi dieci anni. Le famiglie con un giudizio negativo sull’erogazione passano, infatti, dal 16,2% nel 2001 al 10,8% nel 2010. Anche le famiglie che annoverano al proprio interno uno o più membri che non si fidano a bere acqua di rubinetto diminuiscono dal 42% nel 2001 al 32,8% nel 2010.

Conseguenza di tali giudizi è il consumo di acqua minerale; infatti, nel 2009 il numero delle famiglie italiane che hanno acquistato acqua minerale si è attestato sul 63,4%, in calo rispetto agli anni precedenti (67,6% nel 2000, 64,2% nel 2008). La distribuzione territoriale è piuttosto uniforme: si passa dal 65,2% di famiglie del Mezzogiorno, al 62,5% di quelle del Nord e al 62,8% di quelle del Centro. La spesa media delle famiglie per l’acquisto di acqua minerale è pari a 19,71 euro mensili e, anche in questo caso, mostra un’alta omogeneità territoriale: si passa, infatti, da un massimo di 20,34 euro nel Nord a un minimo di 18,75 nel Mezzogiorno. In media la spesa delle famiglie per l’acquisto di acqua minerale risulta più bassa rispetto a quella sostenuta nel 2008 (21,14 euro).

Lo studio dell'Istat completa il quadro con i dati della metrologia e del deflusso di acque nei principali fiumi italiani. Omettiamo queste parti perché li riteniamo poco riutilizzabili nei discorsi comuni sui problemi dell'acqua e rimandiamo gli interessati al documento completo pubblicato dall'Istat. GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA LE STATISTICHE DELL’ISTAT

Argomenti:   #acqua ,        #acqua minerale ,        #acquedotto ,        #consumi ,        #depurazione ,        #istat ,        #italia



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