REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno VII n° 5 MAGGIO 2011 - TERZA PAGINA |
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Se guardi gli occhi di Enrico trovi le sfumature della sua isola: cuore di natura racchiuso tra il verde della flora e il blu del mare. Ci trovi anche i silenzi interrotti, di tanto in tanto, dallo scroscio del mare che si infrange sugli scogli. E ancora, il tempo che scorre lento sulla pelle bruciata dal sole e schiaffeggiata dal vento; i nomi, i pezzi di legno, le conchiglie, i dolori.
E' proprio grazie a loro che ho conosciuto Enrico Mereu. Dai racconti di Andrea, Pietro e Gianmario che mi descrivevano un uomo dotato di un potere quasi magnetico, che dà una sensazione di serenità fuori dal comune. E così, sul piazzale del carcere in cui ancora oggi vivono i cassintegrati - pochi, pochissimi, ma buoni: lo zoccolo duro della resistenza alle oppressioni di una classe politica incapace - ho conosciuto Enrico: capelli mossi e lunghi fino alle spalle, viso da indiano di Sardegna, stretta di mano sicura e delicata allo stesso tempo, occhi piccoli e chiari abituati al sole cocente dell'Asinara e al colore accecante dell'asfodelo che troneggia su tutta l'isola.
La tregua concessa a Neve è rappresentata da un coltellino - una resolza - che la piccola manovra agilmente sotto gli occhi di mamma e papà, impegnata ad intagliare un pezzo di legno. Figlia di babbo. Anche Enrico ha iniziato a scolpire da bambino, mentre i suoi coetanei si inseguivano nelle stradine polverose di Nurri, il paese natio.
Enrico scolpisce su pietra e su pietra e legno. La pietra la va a prendere sulla terraferma, nelle cave di granito e trachite, mentre il legno è la sua stessa isoletta a donarglielo. Il bagnasciuga delle tante calette dell'Asinara è ricoperto di tronchi di legno che il mare ha fatto viaggiare dalla Spagna, dal Marocco e da ogni altro angolo del Mediterraneo. Enrico non spezzerebbe mai un ramoscello da un albero vivo: aspetta che sia il mare a procurargli la materia prima alla quale poi lui dà forma, dando vita a uomini, donne, bambini e Cristi in legno con un'anima tutt'altro che morta. Enrico ha anche donato una statua, una delle più belle e complicate, ai suoi amici cassintegrati che occupano la Diramazione Centrale del Carcere di Cala d'Oliva e che con lui hanno condiviso momenti difficili e altri più sereni: si tratta di una scultura intitolata "Italia" e rappresenta una barca carica di uomini aggrappati con forza per non scivolare giù e non annegare. Questa è l'Italia, oggi, soprattutto a livello occupazionale: una barca alla deriva, dove, per sopravvivere, bisogna aggrapparsi ad un appiglio. Ed Enrico Mereu per chi ha scelto di recludersi per dare un forte segnale di sofferenza, ma anche di orgoglio, è stato un grande appiglio. La sua scultura, "Italia", verrà donata dai cassintegrati al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: sarà l'ennesimo pezzo di dolore che si stacca dall'Asinara, l'isola più bella e tragica che ci sia. La foto di Enrico Mereu è di Antrea Spanu
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