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 Anno VII n° 5 MAGGIO 2011    -   TERZA PAGINA



Lo scultore dell’Asinara: Enrico Mereu
Tra le sue sculture vi è “Italia”: una barca carica di uomini aggrappati con forza per non scivolare giù e non annegare, donata ai “Cassaintegrati dell’Asinara”, che la offriranno al Presidente della Repubblica
Di Silvia Sanna


Se guardi gli occhi di Enrico trovi le sfumature della sua isola: cuore di natura racchiuso tra il verde della flora e il blu del mare. Ci trovi anche i silenzi interrotti, di tanto in tanto, dallo scroscio del mare che si infrange sugli scogli. E ancora, il tempo che scorre lento sulla pelle bruciata dal sole e schiaffeggiata dal vento; i nomi, i pezzi di legno, le conchiglie, i dolori.

Enrico vive sull'isola dell'Asinara da trent'anni. Prima ci ha vissuto come guardia carceraria, a sfogliare tramonti dietro le sbarre blu del supercarcere, a contatto con detenuti semplici e altri più noti alle cronache come Totò Riina e Raffaele Cutolo. Una volta andato in pensione, ha deciso di restare sull'isola, unico abitante umano tra capre, mufloni, asinelli bianchi e le moltitudini di animali che popolano una delle isole più belle e tragiche che esistano.

 
Una delle scultura di pietra dislocate nelle varie diramazioni carcerarie dell'Asinara. Foto di Luana Scanu
L'Asinara ha visto passare malarici moribondi, prigionieri di guerra, carcerati e attualmente, da un anno e mezzo a questa parte, anche un manipolo di operai in cassaintegrazione che hanno deciso di autorecludersi con le proprie famiglie nell'ex carcere dell'Asinara, "perché senza lavoro non c'è libertà".

E' proprio grazie a loro che ho conosciuto Enrico Mereu. Dai racconti di Andrea, Pietro e Gianmario che mi descrivevano un uomo dotato di un potere quasi magnetico, che dà una sensazione di serenità fuori dal comune. E così, sul piazzale del carcere in cui ancora oggi vivono i cassintegrati - pochi, pochissimi, ma buoni: lo zoccolo duro della resistenza alle oppressioni di una classe politica incapace - ho conosciuto Enrico: capelli mossi e lunghi fino alle spalle, viso da indiano di Sardegna, stretta di mano sicura e delicata allo stesso tempo, occhi piccoli e chiari abituati al sole cocente dell'Asinara e al colore accecante dell'asfodelo che troneggia su tutta l'isola.

  Aragosta scolpita sul legno. Foto di Andrea Spanu
Parla piano, Enrico, sottovoce, come per non disturbare la quiete di quella terra madre che lo ha visto crescere come uomo e come artista. Il silenzio è interrotto da Deborah, la più piccola dei suoi cinque figli, che rincorre Neve, il capretto che riempie le sue giornate di unica bambina dell'isola, insieme a Lorenzo, piccolo principe dei cassintegrati.

La tregua concessa a Neve è rappresentata da un coltellino - una resolza - che la piccola manovra agilmente sotto gli occhi di mamma e papà, impegnata ad intagliare un pezzo di legno. Figlia di babbo. Anche Enrico ha iniziato a scolpire da bambino, mentre i suoi coetanei si inseguivano nelle stradine polverose di Nurri, il paese natio.

 
Una delle scultura di pietra dislocate nelle varie diramazioni carcerarie dell'Asinara. Foto di Silvia Sanna
Mereu è nato scultore e nonostante gli scappellotti paterni in seguito alle sue piccole malefatte di giovane scalpellino, che picchiettava le pareti in trachite dell'ex convento in cui viveva con la sua numerosa famiglia, ha inseguito la sua passione che si è trasformata in ragione di vita, insieme alla sua famiglia.

Enrico scolpisce su pietra e su pietra e legno. La pietra la va a prendere sulla terraferma, nelle cave di granito e trachite, mentre il legno è la sua stessa isoletta a donarglielo. Il bagnasciuga delle tante calette dell'Asinara è ricoperto di tronchi di legno che il mare ha fatto viaggiare dalla Spagna, dal Marocco e da ogni altro angolo del Mediterraneo.
Enrico non spezzerebbe mai un ramoscello da un albero vivo: aspetta che sia il mare a procurargli la materia prima alla quale poi lui dà forma, dando vita a uomini, donne, bambini e Cristi in legno con un'anima tutt'altro che morta.

Enrico ha anche donato una statua, una delle più belle e complicate, ai suoi amici cassintegrati che occupano la Diramazione Centrale del Carcere di Cala d'Oliva e che con lui hanno condiviso momenti difficili e altri più sereni: si tratta di una scultura intitolata "Italia" e rappresenta una barca carica di uomini aggrappati con forza per non scivolare giù e non annegare.
Questa è l'Italia, oggi, soprattutto a livello occupazionale: una barca alla deriva, dove, per sopravvivere, bisogna aggrapparsi ad un appiglio. Ed Enrico Mereu per chi ha scelto di recludersi per dare un forte segnale di sofferenza, ma anche di orgoglio, è stato un grande appiglio.

La sua scultura, "Italia", verrà donata dai cassintegrati al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: sarà l'ennesimo pezzo di dolore che si stacca dall'Asinara, l'isola più bella e tragica che ci sia.

La foto di Enrico Mereu è di Antrea Spanu



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