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IL LABIRINTO


Di Laura Lombardoni

Il labirinto, dopo la sua fantastica fioritura del ‘600–‘700, scompare in tutte quelle che furono le sue molteplici manifestazioni. L’800 e i primi anni del ‘900, provano indifferenza e disprezzo per questa figura ambigua, simbolo del rischio.
Ma l’età contemporanea diviene per molti aspetti il nuovo “regno” del labirinto, presente in campo simbolico, matematico, filososofico e artistico.

È il settore dell’elettronica il luogo in cui il labirinto celebra uno dei suoi massimi “fasti”, attraverso forme estremamente complesse e articolate. Abolito dall’universo ludico degli adulti, il labirinto è stato adottato da quello dei bambini, ad esempio nei videogiochi, che rappresentano al loro interno, un vero e proprio viaggio, con percorsi e spesso vicoli ciechi, un labirinto a volte già esistente, altre volte che si costruisce durante il cammino. La prova di abilità consiste non solo nel percorrere il tracciato fino alla fine trovando le giuste uscite, ma soprattutto nel superare particolari prove (magari proprio un combattimento con il mostro) che si presentano in determinati punti del percorso.

In psicologia l’uso di test labirintici per la valutazione di varie componenti psichiche umane iniziò già ai primi del novecento negli Stati Uniti e vennero poi utilizzati nella selezione attitudinale delle reclute dell’esercito nord–americano, mentre in Europa, venne sperimentato e applicato, con grande rigore di analisi, nella valutazione dell’intelligenza pratica del soggetto, cioè la sua capacità di adattamento positivo a situazioni nuove, alla capacità di risolvere problemi. L’importanza e il valore del labirinto è stata riconosciuta anche nella pedagogia e nella didattica. Attraverso l’elaborazione e l’esecuzione di attività ludiche date da percorsi, labirinti e mappe, si raggiunge l’acquisizione di alcuni concetti come la direzionalità, l’orientamento e la successione. Attraverso questi giochi, in cui prevale una geometria premetrica, nella quale cioè non si fa alcun uso di procedimenti che coinvolgono misure, si favorisce l’apprendimento di concetti come: sopra/sotto, dentro/fuori, davanti/dietro.
Il labirinto ricompare in questi ultimi anni in molti diversi ambiti culturali artistici, manifestandosi sia a livello figurativo che a livello di struttura.

In molti artisti contemporanei il labirinto ha assunto una notevole valenza in quanto è figura - struttura adottabile dal linguaggio pittorico per eludere la necessità del significato, l’abitudine logocentrica della ragione occidentale di trovare sempre una motivazione, una risposta, seppure travestita dal decoro dell’immagine, alle urgenze dell’immaginario L’arte contemporanea vive tutta sotto il segno del labirinto. Il labirinto si configura quindi come metonimia del linguaggio artistico, sentito come governato da un’erranza assoluta, erranza che l’artista assume come modalità, avendo abbandonato ogni orientamento che potesse guidarne i passi. Vertigine, assenza di centro, nomadismo, tracce e sconnessioni che costituiscono i punti di inabissamento che portano l’occhio dentro i giardini vertiginosi del labirinto: queste le caratteristiche di molta parte della pittura contemporanea che si trasforma in campo di duello dello sguardo e dell’eterno disorientamento”.

Anche nel cinema l’apparizione del segno labirintico assolve a molteplici funzioni, dal valore poetico ed estetico al richiamo mitologico archetipico più profondo, rivelando la semanticità del simbolo anche attraverso la sua pregnanza visiva.
Il labirinto diviene l’immagine strutturale del sapere: sapere aperto, iter–disciplinare, in movimento e sempre soggetto al rischio della perdita della capacità di orientarsi ma anche alla possibilità–libertà di accrescersi creativamente.
La presenza del labirinto spazia in diversi ambiti della realtà di oggi. La cultura contemporanea sente affine il labirinto, figura che vive in quanto espressione concettuale, al di fuori del tempo e perciò stesso dentro tutte le epoche.

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