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Il Labirinto e la Land Art: Peter Halley, James Turrel, Richard Long, Ilya Kabakov, Robert Smithson La loro opera si ricollega la natura e l’uomo. Il labirinto inteso come simbologia dalla nascita dell’uomo alla
morte e lo spazio che ci circonda Di Natascia Zanon
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In questi ultimi anni, in diversi ambiti culturali e artistici il ’Labirinto’
ritorna in scena come ‘attore protagonista’, sia a livello figurativo, sia
strutturale.
Nella pittura contemporanea il Labirinto trasferisce nella tela il duello dello sguardo e l’eterno disorientamento, si percepisce un’immagine tesa verso il rischio di confondere l’osservatore, di sconnettersi in alcune sue parti dal contenuto ma allo stesso tempo è un’immagine libera, viva, crescente di creatività e innovazione. Il mondo odierno sente affine il Labirinto, espressione concettuale al di fuori del tempo e perciò stesso dentro tutte le epoche. Scelti da Laura Lombardoni, i quattro artisti contemporanei che fruiscono del labirinto nelle loro opere come metafora sulla vita dell’uomo moderno. Queste opere sono un mezzo per comunicare e denunciare una situazione di solitudine, appiattimento, chiusura dell’uomo imprigionato in una labirintica esistenza altamente tecnologica, ma vuota nella sua essenza. Ad un attento osservatore vogliono suggerire un’ancora di salvezza, una via d’uscita dal labirinto data dalla ricerca di una Ri-scoperta e un ri-appropriarsi di quel legame innato tra uomo e natura, un legame semplice e rispettoso della natura stessa che permetterebbe all’uomo di vivere in modo migliore. In Peter Halley possiamo vedere come la geometria diviene metafora per esprime la società contemporanea perché ‘la geometria definisce e limita la nostra vita quotidiana’. Questo pittore americano e teorico dell’arte ha studiato la società post-industriale e le sue opere sono l’espressione visiva dei fenomeni sociali. L’artista utilizza la geometria nelle sue opere per raccontare la metropoli americana così squadrata, perfetta geometricamente nell’intersezione delle sue strade,dei cunicoli sotterranei, nelle costruzione di piccolo gabbie abitabili tali da voler rendere anche l’uomo che assume le sembianze di un quadrato. Il quadrato è il tema principale delle composizioni di P.Halley quindi l’uomo che è isolato, chiuso e solo. L’artista pone una ferocie critica contro internet che fa comunicare, raggiungere qualsiasi cosa ma in realtà chiuso sempre dentro i lati-sbarre del suo quadrato alienato e solo. Ogni suo opera è un avvertimento sociale di quello che sta accadendo nella realtà, dai colori brillanti, spesso acidi e fluorescenti che sono ‘placcati’ dai tono più tenui, le composizioni geometriche che partono dal quadrato/cella tagliato da linee verticali/sbarre, ripetuto ossessivamente creando un gioco ipnotico di labirinto soffocante senza nessuno uscita. Nell’artista americano James Turrel il Labirinto è fondamentale per poter dirigere la luce creando atmosfere e illusioni degne di un mago. Le opere che lui realizza sono pure forme di luce messe in relazioni con l’ambiente circostante come il cielo, la terra ed il sapere del mondo. Dal 1972 lavora ad un’opera grandiosa, il progetto di trasformazione del Roden Crater, un vulcano sito sul lato sud occidentale del Paited Desert nel nord dell’Arizona. La particolarità è che il cratere di P.Halley diviene una esaltazione della Percezione sfruttando la luce e gli effetti planetari. La luce entra in questo cratere naturale attraverso diverse aperture e gallerie labirintiche invisibili però dall’esterno, studiate da astronomi per allineamento celeste e da architetti e ingegneri per la loro costruzione. Questo cratere diviene opera d’arte visitabile che porta, partendo del vano scala ad immergere l’osservatore di luce attraverso anche l’uso di specchi d’acqua mentre invece proseguendo il cammino attraverso percorsi labirintici egli può vedere la luce del sole o della luna arrivare sino all’interno e creare particolari atmosfere. Per creare le stanze sotterranee è stato utilizzato il cemento mentre per i percorsi e gli spazi per l’arte anche pietre locali come basalto, arenaria e la cenere vulcanica. Il cratere si raggiunge attraverso la distesa di Paited Desert, si può camminare fino alla gola della fumarola seguendo un percorso pedonale, al culmine di questa fumarola vi sono le varie aperture delineate con i pianeti e che catturano tutti i loro cambiamenti importanti perché modificano la struttura visiva costantemente.
Da una prima visione della distesa desertica mentre si cammina nella fumarola si arriva poi ad un tunnel, lungo trecentoquindici metri, che percorre il cratere, orientato in modo da catturare il tramonto della luna quando si trova nella sua posizione più meridionale; così si percepisce una sensazione di spazio chiuso all’ingresso di questo tunnel, a causa del passaggio intermedio in una piccola stanza. La sensazione cambia quando si prosegue il percorso verso il centro del cratere e ci si muove verso l’esterno e verso l’alto e regala la possibilità di credere di essere a cielo aperto. Se si sale lungo il cono interno, verso la cresta, la volta celeste non apparirà più circoscritta dal cratere, ma si espanderà all’esterno verso l’orizzonte e produce la sensazione della massima ampiezza dello spazio. Gli spazi al livello della spianata interagiscono principalmente con il sole o sono in relazione con la precisione della stella polare. A livelli successivi la luna e altre parti astronomiche diventano centrali per i giochi di luce. Lo spazio denominato “Sun and Moon Space” è caratterizzato da una sezione trasversale circolare a cui vi si accede tramite rampe sotterranee. Qui vi sono due ingressi posti l’uno di fronte all’altro e nel mezzo della stanza vi è una lastra in pietra bianca, il tunnel di accesso funziona come ‘Proiettore’ delle immagini del sole o della luna su l’una o l’altra faccia della lastra in pietra. Ogni 18,61 anni, quando la luna raggiunge la sua declinazione più meridionale, la sua immagine, compresi i grandi crateri, sarà visibile all’interno della stanza, mentre le proiezioni del sole si potranno vedere due volte all’anno, in occasione dei solstizi. In quei momenti, il disegno della superficie del sole con i buchi neri sarà visibile, ma solo per due secondi per poi tornare una luce uniforme. Altro punto fondamentale è l’”Eye of the Crater” uno spazio concavo concepito come telescopio naturale sito a undici metri sotto la superficie del cratere per meglio accogliere i visitatori e farli scoprire le meraviglie del cielo. L’artista inglese Richard Long esprime nelle sue opere la volontà di ritornare alla natura, di ricercare il legame tra l’uomo e la natura stessa. Egli infatti riesce a scoprire luoghi inesplorati e privi di presenza umane, cammina anche per giorni, viaggia ed esplora percorsi ignoti, cerca di cogliere le sensazioni che nascono dentro di sé grazie a quei luoghi, lasciandole libere di invadere la creatività. Questa creatività dalle forme molto varie che utilizza spesso la natura che tante emozioni gli regala, dal fango e la terra raccolti per dipingere, alle fotografie, alle pietre ed elementi naturali di altro tipo trovati nel suoi viaggi. Long si dichiara un ‘viaggiatore’. Il viaggiatore percorre lo Spazio, attraversa il ‘Tempo’, egli non mortifica la natura non la rovina, ma cerca di dargli un’anima, di renderla viva attraverso simboliche opere. Il suo primo lavoro ‘a line made by walking’ del 1967 è una linea tracciata che effettua il suo percorso, un continuo andare e ritornare lungo la stessa retta in un prato della campagna inglese. La linea è forse metaforicamente l’artista o in generale l’uomo stesso che percorre i sentieri labirintici della propria vita; questi si completano e si fondo con la natura stessa rappresentata dal prato. Durante anni 70 egli costruisce sculture per spazi chiusi; utilizza però materiali che provengono dall’esterno, naturali, disponendole spesso in una sequenza di forme geometriche primarie come strisce o cerchi posati a terra. Egli vuole ri-celebrare in ogni opera il legame inscindibile tra il genere umano e la natura. Un altro artista che esprime il disagio della società odierna attraverso l'utilizzo simbolico del labirinto è Ilya Kabakov. Con i primi lavori racconta la situazione di crollo dell’ex-Unione sovietica e negli anni con le sue opere conferma il disagio e costrizione dell’uomo moderno di oggi. Con la moglie fedele aiutante costruisce installazioni spesso progettate su disegni o collages, con la finalità di cercare di comunicare all’osservatore un’utopia di un mondo migliore. Nell’opera ‘In Treatment with Memories’ del 1997 ricostruisce un lungo corridoio labirintico di un ospedale russo che dà accesso a varie stanza, ognuna di queste contiene diapositive di eventi importanti nella vita dell’autore e la moglie stessa lì racconta tramite un megafono. I ricordi individuali divengono terapia medica, portando lo spettatore a riflettere sull’importanza dei ricordi nella propria vita. Un’altra opera, ‘Looking up reading the words’ del 1997, trova la sua collocazione nel parco di Munster. È un’alta antenna trasmittente con un componimento poetico sulla cima. Questo componimento poetico invita gli osservatori a fermarsi e sdraiarsi a terra e guardare il cielo per vivere una esperienza straordinaria di legame con la natura così semplice come azione, ma così ignorata, e da valore simbolico e vivente alla terra, all’erba ed al cielo. Il più importante e vasto progetto di Kabakov è una installazione totale che è ancora in costruzione. Quest’opera è un vero e proprio labirinto con stanze. È tridimensionale, a grandezza naturale, sotterraneo senza porte o finestre. Kabakov crea questo labirinto geometricamente perfetto e contrappone nei suoi corridoi l’inconscio imperfetto. Rappresenta il genere umano nella sua varietà di persone e caratteri, ma anche i ricordi che si rifanno alla sua prima opera del corridoio dell’ospedale russo. Nel suo progetto anche all’interno del labirinto, un’altro piccolo labirinto a spirale che è dedicato al diario della madre, ma che vuole assumere anche vari significati quali: il rapporto madre-figlio, i meandri più difficili del nostro inconscio e magari la possibilità di governare i ricordi complicati dell’età infantile. L’ultimo artista che esaminiamo è l’americano Robert Smithson uno dei protagonisti della Land Arte. Egli infatti rappresenta una delle figure leggendarie della Land Art proprio per l’utilizzo degli elementi naturali,per l’osservazione dei paesaggi naturali ma doveroso ricordare anche il suo interesse per i luoghi artificiali e le fabbriche industriali in disuso. Realizza nel 1967 le sue prime sculture fatte di elementi naturali come la roccia, il cristallo, il sale e specchi, sempre in relazione al luogo scelto sulla cartina geografica. La sua opera più famosa ed evocativa è ‘Spiral Jetty’ del 1970, una spirale di pietra e basalto che dalla costa si sviluppa nel nel Lago Salato nello Utha. La spirale è stata scelta dell’artista come simbolo primordiale di vita. Questa è rappresentata dall una passerella di roccia che penetra l’azzurro del Lago. L’acqua contenuta all’interno della spirale di roccia ha iniziato a popolarsi di microrganismi marini, che con gli anni hanno ricoperto interamente la roccia della spirale. Ora l’opera è visibile solo dall’alto, inoltre a causa del il tempo e della concentrazione salina del Lago, si venuto a creare un naturale gioco di colori dell’acqua: più rosso al centro della spirale, violacea più esternamente e blu sui bordi. Una ragione particolare per cui Smithson ha scelto questo particolare Lago Salato è proprio perché è sede di antiche credenze. I coloni mormoni ritenevano infatti, che esso fosse una sorta di mostro senza fondo, collegato all’Oceano da un enorme canale sotterraneo e le sue acque formassero continue spirali e gorghi di intensa potenza. Si ringrazia Laura Lombardoni per il materiale e le indicazioni fornite. Argomenti: #arte , #arte contemporanea , #halley , #installazione , #kabakov , #labirinto , #land art , #long , #smithson , #turrel Leggi tutti gli articoli di Natascia Zanon (n° articoli 21) |
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