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 Anno VII n° 6 GIUGNO 2011    -   FATTI & OPINIONI



Considerazioni sull’omofobia
Leggendo “Mia figlia follia” di Savina Dolores Massa
Di Silvia Sanna


A ridosso delle varie manifestazioni in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia, voluta dall’Unione Europea, mi ritrovo con i quotidiani in una mano e un libro – un bel libro – nell’altra. E una smorfia di disgusto che poi va dritta fino allo stomaco. La Commissione Giustizia della Camera di questa nazione che – a parole - è libera, liberale, democratica e intrisa di cristianità, ha bocciato per la seconda volta di seguito un testo di legge contro l’omofobia. Trovo quasi più normale – visto che in questo paese ormai “lo schifo” sta diventando “la normalità” – che si approvino leggi ad personam. Che so, qualche ordinamento che tenga lontani dalle celle i delinquenti in base al curriculum, al patrimonio, allo status sociale e alle conoscenze che contano. Che so, impedire di ficcare il naso nei tabulati telefonici dei delinquenti e nei loro conti in banca fuori porta. Ma che si bocci – probabilmente a prescindere, senza neanche averla presa in considerazione – una legge contro l’omofobia, è quanto meno agghiacciante.

L’omofobia non è una semplice “paura dell’omosessuale”, casomai è “paura di sé stessi”, in quanto è ormai risaputo e comprovato che spesso le persone, che si riempiono la bocca di ingiurie nei confronti dei gay, possiedono un tasso di omosessualità repressa da guinnes dei primati.

L’omofobia, quindi, non è una semplice “paura”, ma un reato vero e proprio: lo è, perlomeno, in nazioni come Danimarca, Francia, Islanda, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia. E’ agghiacciante anche, è vero, che ci sia una legge che “protegga” le persone che vengono attaccate, insultate, molestate e uccise per il solo motivo di amare una persona dello stesso sesso.
Chi ama non deve aver bisogno di essere protetto da una legge. Non in un paese normale, non in una società normale. Noi non vi apparteniamo, a quanto pare. Lo intuisco, per mantenerci alle notizie di questi giorni, dalle scritte filonaziste sui muri dell’Università Bocconi di Milano a pochi giorni dall’aggressione – verbale, ma altrettanto violenta - di uno studente. «I froci si curano a Zyklon B», che richiama il gas utilizzato nei campi di sterminio e «L'Hiv la vostra punizione» sono due delle scritte comparse alla Bocconi, a spiegare se ce ne fosse bisogno, che cultura non vuol dire necessariamente civiltà.

Ci si dovrebbe indignare – tutti – e compatti, reagire di conseguenza con qualcosa di costruttivo, propositivo, necessario, logico. Umano.

E la Commissione Giustizia della Camera della nostra nazione, cosa fa? Boccia la legge anti-omofobia. D’altronde siamo la nazione di chi va con le ragazzine e si giustifica dicendo che è meglio che essere gay. Siamo la nazione di chi pensa che il Gay Pride sia offensivo per il Papa, per la Chiesa, per i credenti. Siamo la nazione che pensa che chi mette le mani sui chierichetti sia omosessuale anziché pedofilo. Siamo la nazione in cui un politico viene attaccato per i gusti sessuali, per l’orecchino e l’anello al pollice da chi è ben vestito ma dovrebbe avere l’anello al naso – e non parlo di piercing - per le sue idee primitive. Siamo anche la nazione che si indigna, però. Possiamo esserlo. Saremo una minoranza, ma forte e compatta. E orgogliosa. Pride vuol dire orgoglio, non a caso. E nei prossimi giorni, saremo quella forte, colorata, indipendente e pulita minoranza che scenderà in piazza non a chiedere, ma ad imporre che ognuno sia libero di amare ed essere amato.

Il libro è rimasto nell’altra mano, quella sinistra, all’altezza del cuore: si intitola “Mia figlia follia” e, anche se indirettamente, ha a che fare con l’ignoranza e l’omofobia.


Vedi la recensione di Mia figlia follia")



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