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Attenti alle statistiche Non basta essere primi nella produzione di vino! L'unico “entusiasta” della notizia è il ministro Saverio Romano; i produttori di vini non sono invece contagiati da questa statistica e buttano acqua sul fuoco Di Luana Scanu
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La notizia che l'Italia ha superato la Francia per la produzione di vino ha scombussolato gli equilibri stabili e annoiati dell'enologico.
Come sempre, dopo una buona notizia che crea un'inevitabile frenesia, c'è chi pensa positivo ed esulta e c'è chi, invece, rimane coi piedi ben saldi per terra e si concentra sull'argomento principale: la vendita. Un esempio potrebbe essere la dichiarazione di Lucio Mastroberardino, il produttore campano presidente nazionale di Unione Italiana Vini: “Mi sembra un dato statistico, più che politico, tra l’altro non cambia nemmeno molto gli equilibri che ormai si sono consolidati tra Italia e Francia negli ultimi dieci anni”. Non è molto ottimista Mastroberardino, che sottolinea che probabilmente il sorpasso dell'Italia potrebbe essere anche una conseguenza di una gelata in uno dei territori francesi, oppure molto più semplicemente di un adeguamento repentino dei francesi alla riforma Ocm europea, che consiste nell'espiantare per abbattere l'offerta e dare quindi maggiore consistenza ai prezzi. Un'altra voce importante del mondo del vino, l’assessore regionale alle Politiche Agricole abruzzesi, Mauro Febbo, dichiara: “Sono tra quelli che non tengono particolarmente a questo record. La gara non è a chi produce di più ma a chi vende di più”. Ecco quindi che il problema fondamentale viene ancora sottolineato: è completamente inutile produrre più vino se poi rimane nelle cantine. Abbiamo più volte evidenziato che gli italiani bevono molto meno vino in confronto agli anni passati. Precisamente, negli anni settanta il consumo pro capite era di 100 litri, mentre nel 2007 i litri erano 45, sino ad arrivare ai 40 litri a testa di oggi. E sembra che questa discesa non sia destinata ad arrestarsi, anzi le previsioni anticipano un peggioramento entro il 2015. Dati alla mano quindi non si può parlare di pessimismo da parte degli “addetti ai lavori”, ma solamente di un giusto e giustificato (dai numeri) allarme. Le motivazioni potrebbero essere molteplici, dalle restrizioni in materia di “guida sicura”, alla diseducazione dei giovani italiani, che probabilmente al vino preferiscono la birra o i cocktail da discoteca. Oppure, ottimisticamente parlando, gli italiani bevono meglio e preferiscono acquistare meno vini, ma di qualità e costo superiore. E' anche vero che il 2010 è stato l'anno dell'aumento dell'export. Il 12 per cento in più rispetto agli anni precedenti e il fatturato di 3,93 miliardi di euro ha sicuramente incoraggiato i numerosi produttori italiani, ma non basta. Ottimista e soddisfatto invece è il ministro per le Politiche agricole, Saverio Romano che dichiara: “Con orgoglio possiamo annunciare di essere il primo produttore mondiale di vino. Un dato esaltato dalle ottime performance che i nostri vini stanno ottenendo all'estero, come confermato dall'aumento, a febbraio 2011, del 31% delle vendite negli Usa”. Poi Romano ha proseguito sottolineando che nei prossimi tre anni “il vino italiano potrà contare su un budget complessivo di quasi 500 milioni da spendere sui paesi terzi per sostenere le vendite e promuovere l'eccellenza”. Rimango comunque dell'avviso che, nonostante il sorpasso sulla produzione, per i grandi vini rossi e spumanti, il numero maggiore di Docg e Doc, l'Italia ha ancora tanto da imparare dai cugini francesi. Un esempio? La dichiarazione di Federico Castellucci, direttore dell'Organisation Internationale de la Vigne et du Vin (Oiv) parla chiaro: “La produzione è importante, ma il confronto in termini di prezzo medio delle bottiglie è ancora a tutto vantaggio dei francesi”. A buon intenditore, poche parole. Argomenti: #agricoltura , #attualità , #economia , #vino Leggi tutti gli articoli di Luana Scanu (n° articoli 41) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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