ATTENZIONE  CARICAMENTO LENTO


Camera dei Deputati 20/7/2011 bozze non corrette in corso di seduta

Parla il relatore onorevole Palomba

Autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Papa


Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta per le autorizzazioni propone alla Camera di concedere l'autorizzazione all'esecuzione della misura cautelare disposta dal GIP di Napoli nei confronti del deputato Alfonso Papa, sospesa in attesa di questa pronuncia.

Il voto sulla proposta è stato preceduto da un ampio dibattito, riprodotto nel resoconto in atti.

Questa relazione si giova dei preziosi interventi dei colleghi, che hanno votato per la proposta della Giunta.L'ineccepibile conduzione dei lavori da parte del presidente Castagnetti ha consentito che la Giunta si esprimesse. Non sarebbe stato giusto né dignitoso per un organismo della Camera non pronunciarsi e non consentire a tutti i componenti di esprimersi su una vicenda così delicata, apparendo l'ipotesi alternativa del non liquet, con nomina del relatore da parte del Presidente della Camera, un'ingiusta punizione per la Giunta, che aveva dedicato al tema un lungo e competente dibattito.

Signor Presidente, siamo chiamati ad una decisione delicata, ma ineludibile, nella quale dobbiamo sottrarci al doppio rischio di fare giustizia politica sommaria, ma anche di fare apparire il Parlamento come il luogo del privilegio e dell'autoprotezione. I cittadini ci guardano e dobbiamo rassicurarli sulla serietà del ceto politico parlamentare. Perciò la Camera oggi deve essere il luogo della responsabilità, per una decisione scevra da implicazioni personali: né animosità preconcetta né inopportuna pietas a priori.

Il modo per sottrarsi a questi rischi è rifarsi alla valutazione degli atti di un'indagine breve e rigorosa, iniziata casualmente per le dichiarazioni spontanee dell'imprenditore De Martino nel luglio dello scorso anno, in margine ad altra inchiesta riguardante Trenitalia Spa. Sono seguite intercettazioni su utenze intestate a persone ignare, ma che dopo qualche mese si è capito essere in uso a Bisignani Luigi, al poliziotto Nuzzo, al carabiniere La Monica e al deputato Alfonso Papa, che aveva ottenuto le carte SIM da un funzionario infedele TIM, tutto ciò evidentemente allo scopo di ostacolare proprio le intercettazioni e l'individuazione degli interlocutori. Le intercettazioni verso l'utenza in uso a Papa si sono subito interrotte, mentre sono proseguite le indagini...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Palomba, pregherei i colleghi di prestare attenzione o perlomeno di consentire a coloro che vogliono prestare attenzione di poterlo fare.

FEDERICO PALOMBA. Grazie, signor Presidente. Sono invece proseguite le indagini condotte dai PM Curcio e Woodcock. Dopo pochi mesi detti magistrati hanno chiesto la custodia in carcere per i quattro predetti, elevando venti capi di imputazione. Il GIP con una rigorosa analisi della poderosa produzione documentale, con autonomia e differenziazione rispetto alle richieste dei PM, ha disposto gli arresti domiciliari per Bisignani (eseguiti ed in corso, confermati dal tribunale per il riesame), ha rigettato la richiesta per Nuzzo e ha disposto la custodia cautelare in carcere per Papa e La Monica, non ancora eseguite.

Il GIP ha posto a base della sua decisione dieci dei venti capi di imputazione o li ha rimodulati per imputazioni che vanno dalla rivelazione di segreti di ufficio al favoreggiamento personale, dall'abuso d'ufficio alla corruzione, dalla concussione all'estorsione ed al falso.

Ha anche adottato una rigorosa interpretazione della normativa sull'utilizzabilità delle intercettazioni nei confronti di un parlamentare e dei suoi interlocutori, falcidiando notevolmente le intercettazioni ammesse e fondando la sua decisione quasi completamente su strumenti tradizionali di indagine, quali interrogatori, dichiarazioni a verbale, riscontri anche documentali e con tabulati.

Nella sua ordinanza il GIP pone in evidenza, relativamente ai fatti ritenuti contestabili al Papa, un quadro di iperattivismo caratterizzato dalla strumentalizzazione dei suoi ruoli di magistrato, anche di vicecapo di gabinetto al Ministero della giustizia, e di parlamentare, nonché delle sue «entrature» presso gli uffici giudiziari, servizi segreti, e le forze di polizia.

Egli così esercitava una forza di pressione prevalentemente in danno di imprenditori ai quali talora prospettava la possibilità di inchieste penali a loro carico, talaltra offriva loro protezione. Tutto ciò a fronte di utilità che egli chiedeva, pretendeva, quali dazioni di somme in contanti, la possibilità di prelevare preziosi presso la gioielleria Cartier di Napoli, il pagamento della permanenza per sé e per alcune sue conoscenti in alberghi di lusso, il noleggio di autoveicoli, il pagamento del canone di locazione di alcune case (ne disponeva di tre a Roma), contratti di consulenza non veritieri, pagamento senza lavoro in favore di sue conoscenti, ed altro.

C'era poi un'attività di assunzione di informazioni, anche presso la banca dati riservata attraverso i predetti operatori delle forze di polizia, e di trasferimento di notizie ad una rete di scambi, che vedeva in ruolo centrale Bisignani e le sue amicizie, e si allargava anche ad altre personalità politiche. Si può richiamare il caso della commercialista Tucci legata al Bisignani per la quale il deputato Papa accertò che non sarebbe stata sottoposta ad una misura cautelare pur richiesta dal PM.

Insomma, secondo l'ordinanza l'onorevole Papa aveva accesso ad informazioni riservate direttamente o tramite poliziotti infedeli e le usava, da una parte, per acquisire credito presso le sfere politiche, dall'altra, per approfittare delle sue vittime prevalentemente imprenditori. Chiorazzo Angelo: gli fa stipulare una consulenza non veritiera per mille euro al mese in favore della propria assistente parlamentare, che stufa di non fare niente e preoccupata per gli aspetti non chiari della vicenda dignitosamente risolve il contratto; Gallo Alfonso: si fa dare soldi, gli pretende il pagamento del soggiorno in alberghi lussuosi, e pretende di prelevare preziosi nella gioielleria Cartier di Napoli; Fasolino Marcello: gli chiede soldi e preme per avere una partecipazione nella sua impresa a turbogas; Luigi Matacena: dal quale pretende il pagamento di alcune notti in alberghi di lusso; Casale Vittorio: si fa pagare il canone di locazione della casa a Roma; Boschetti Guglielmo: gli promette commesse facendosi promettere una provvigione sugli affari.

Gli imprenditori hanno qualche guaio con la giustizia o lo temono, e sono perciò particolarmente vulnerabili alle pressioni che lasciano il segno. Gallo dice: «mi è venuto sotto, il Papa mi ha fatto sempre molta paura (nel senso che ha sempre sottolineato i suoi rapporti con le autorità giudiziarie, con i servizi di sicurezza e con le forze di polizia), io mi sono sentito letteralmente costretto ad assecondare le sue reiterate pretese nel timore che se non l'avessi fatto lui avrebbe potuto utilizzare le notizie e le informazioni contro di me».

Fasolino: «mi si avvicinava con fare inquietante e torvo, il Papa mi fa una gran paura, faccio l'imprenditore e benché sia onesto c'è sempre il timore di incorrere in vicende giudiziarie». Matacena: «ero letteralmente terrorizzato».

Il deputato Papa ha eccepito la presenza del fumus persecutionis. Benché l'articolo 68, secondo comma, della Costituzione non detti un criterio al quale le Camere devono attenersi nel decidere se concedere o meno l'autorizzazione all'arresto la prassi ha generalmente visto prevalere la necessità della verifica dell'esistenza del cosiddetto fumus persecutionis quale parametro del giudizio delle Camere. I precedenti mostrano come il fumus persecutionis sia stato spesso inteso vuoi in senso soggettivo (cioè intento persecutorio dei magistrati che avanzano la richiesta), vuoi in senso oggettivo: carenze procedurali o motivazionali del provvedimento che si intende eseguire tali da farlo risultare oggettivamente ingiusto e perciò stesso persecutorio. A giudizio della Giunta non sussiste il fumus persecutionis oggettivo accampato nel senso di una particolare vis persecutoria posta in essere nei suoi confronti dai PM inquirenti Curcio e Woodcock. L'inimicizia con essi e con altri magistrati risalirebbe ad un'epoca nella quale egli supportava l'attività del procuratore Cordova, cioè agli inizi del 2000, mentre un'altra cordata di magistrati la contestava, tanto che sarebbero stati costituiti gruppi di pressione ad hoc quali «i ghibellini». Sempre secondo il deputato quando nel 2001 egli venne chiamato al gabinetto del Ministro della giustizia (allora era Castelli) vi sarebbe stata una contestazione dei magistrati napoletani attraverso una mailing list. Woddcock peraltro avrebbe avuto ragioni di risentimento nei suoi confronti perché era stato sottoposto a procedimento disciplinare nel 2003 ad iniziativa del Ministero della giustizia in relazione ad alcune sue richieste.

Tutto ciò, secondo il Papa, accerterebbe la volontà persecutoria nei suoi confronti ad opera dei PM inquirenti. Date tali premesse, ci si sarebbe aspettati che l'indagine fosse stata aperta direttamente nei confronti del Papa e nell'immediatezza rispetto ai contrasti ora denunciati o che fosse fondata sull'attività e sulle illazioni indimostrate dei PM e che essi avessero deciso la misura cautelare nei suoi confronti. Invece, niente di tutto questo si verifica. Infatti, l'indagine nasce casualmente, si indaga su utenze falsamente intestate a persone esistenti, ma ignare e senza che si sapesse che erano in uso al Papa. Solo alcuni mesi dopo il casuale inizio delle indagini, si viene a sapere che era coinvolto anche il deputato Papa. Le indagini si fondano essenzialmente su interrogatori e riscontri il cui controllo e la cui veridicità è l'unica cosa che conta. L'indagine avviene a molti anni di distanza dai fatti ricostruiti a posteriori dal Papa, che risalgono ad un'epoca ormai storicamente e culturalmente superata. Peraltro, essi, essendo prospettati come astrattamente riferibili a questioni personali correntizie, risalenti nel tempo ad epoca di molto anteriore all'inizio del mandato parlamentare del Papa, non sono riferibili alla sua scarna attività parlamentare consistente in quattro proposte di legge su materie di limitata importanza, tre interrogazioni ed un ordine del giorno. Nessuna di queste iniziative è collegabile con una pretesa persecuzione.

Il pubblico ministero indaga, ma non decide e, per queste ragioni, il PM non è ricusabile. La sua attività e le sue richieste devono passare al vaglio di un giudice terzo ed imparziale, in questo caso il GIP, sulle cui decisioni e proposizioni la Camera deve unicamente decidere. Il GIP ha vagliato con grande scrupolo, di cui è segno nell'ordinanza, ogni aspetto dell'inchiesta, ed ha reso giudizi spesso difformi da quelli degli inquirenti, motivando con estremo rigore le proprie valutazioni. Nulla il Papa ha potuto dire nei confronti del GIP circa un'eventuale sua animosità nei propri confronti o sua partecipazione e dissidi posti a base della prospettazione di fumus persecutionis. Il deputato ha evitato di proporre impugnazione contro il provvedimento restrittivo nei suoi confronti al tribunale del riesame che, peraltro, ha già respinto quella di Bisignani. Peraltro, in merito al suo riferimento a vecchi strascichi della vicenda del dottor Cordova, dagli atti del CSM relativi al trasferimento da Napoli per incompatibilità ambientale, mai compare il nome di Alfonso Papa, né quello di Henry Woodcock, né i due hanno mai esercitato funzioni giudiziarie nello stesso ufficio e nello stesso tempo. Il Papa non era in prima linea neanche nel contrastare le iniziative del PM Curcio dirette a contrapporsi al dottor Cordova.

Secondo la Giunta per le autorizzazioni, non esiste neppure il fumus persecutionis soggettivo, nel senso di una irragionevolezza o della mancanza di motivi oggettivi e solidi per la richiesta di esecuzione delle misure cautelari.

I fatti, convalidati dall'ordinanza, dimostrano la piena sussistenza dei sufficienti indizi di colpevolezza.

Le perplessità che sono state avanzate riguardano solo quelli richiesti dall'articolo 274 del codice di procedura penale, ossia inquinamento delle prove, reiterazione dei reati, pericolo di fuga, necessari per l'applicazione di una misura cautelare.

Ma il GIP ha ampiamente motivato su tutte e tre gli elementi, in particolare lo ha fatto in ordine al pericolo di inquinamento probatorio, affermando che ricorrono situazioni concrete ed attuali di pericolo per l'acquisizione o la genuinità delle prove, richiamando che il Papa, sapendo che la Valanzano doveva essere sentita dagli inquirenti, le ha chiesto di vederla prima, andando addirittura a cercarla inutilmente nel posto di lavoro, dove lei non ha voluto incontrarlo.

Evidentemente ciò per avere notizie o cercare di influire sulle dichiarazioni di essa e, quindi, sull'inchiesta.

Papa dice a Bisignani, che lo vedeva preoccupato, che si sarebbe informato sull'inchiesta che lo riguardava anche attraverso il generale Bardi della guardia di finanza.

Qualche giorno dopo, gli disse che aveva accertato l'esistenza dell'indagine e ne avrebbe parlato con il suo amico, il magistrato Miller.

Sperandio Giovanna e Chiorazzo Angelo dicono di avere detto al Papa di essere stati convocati in procura dagli inquirenti.

Dopo che Fasolino Marcello è stato a sua volta sentito, il Papa lo ha inseguito in piazza San Silvestro, evidentemente per avere notizie sull'indagine, ma egli si sottrasse.

Della Volpe Patrizio afferma che il La Monica gli aveva riferito di aver appreso dal Papa che costui aveva assunto informazioni sull'inchiesta attraverso il dottor Miller, capo dell'ispettorato al Ministero, chiedendogli di fare degli accertamenti presso la procura di Napoli.

Infine, in una delle sue audizioni alla Giunta per le autorizzazioni, il Papa, Pag.

112dimostrando di conoscere alla perfezione gli atti e gli sviluppi dell'inchiesta, ha detto che si stavano ancora compiendo accertamenti su di lui.

È evidente, dunque, ritiene il GIP, la sua propensione ad esercitare un'influenza sulle indagini.

Peraltro, la sua capacità di avere conoscenze e, forse, influenze, negli uffici giudiziari e delle forze di polizia e nel torbido mondo delle relazioni deviate, è conclamata negli atti e costituisce il terreno elettivo per le ipotesi di inquinamento probatorio.

La personalità dell'imputato e il suo vasto reticolo di riferimento sono stati considerati dal GIP gli elementi che gli hanno fatto ritenere adeguata la misura della custodia in carcere, dato che gli arresti domiciliari non impedirebbero né l'inquinamento probatorio né la reiterazione dei reati nella fuga.

La motivazione dell'esistenza dei presupposti per l'applicazione della misura cautelare al Papa è, quindi, da considerarsi totalmente esaustiva, a giudizio della Giunta.

Semmai, si può osservare che qualsiasi altro cittadino non parlamentare, che avesse strumentalizzato in modo così forte il proprio status di magistrato e di parlamentare e che potesse esercitare in maniera deviata pressioni ed influenze sulle indagini, avrebbe avuto eseguita la misura cautelare.

Con le cose serie non si scherza.

Insomma, da nessun elemento la Giunta ritiene che si possa desumere che sia un perseguitato politico chi assume le condotte in atti.



Al contrario, può riscontrarsi un obbiettivo e rilevante scostamento dai modelli comportamentali, tanto di illustri membri del Parlamento, che hanno onorato ed onorano la propria funzione, quanto di quei magistrati che hanno dato la vita per adempiere al proprio giuramento di fedeltà alle leggi e alle istituzioni; come Borsellino e Falcone, signor Presidente, di cui, in questi giorni, ricorre la memoria di eroi della Repubblica, che possiamo con orgoglio additare ai giovani come esempio.



Queste considerazioni la Giunta rassegna alla Camera, con la serenità di chi sa di aver fatto fino in fondo il proprio dovere (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo e di deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).




vedi anche

Dichiarazioni di voto dei rappresentati dei partiti per la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Papa
Parlano: ANTONINO LO PRESTI (FLI), SILVANO MOFFA. (IR, MPA…), PIERLUIGI MANTINI (UDC), CAROLINA LUSSANA (Lega Nord), ALESSANDRO MARAN (PD), MAURIZIO PANIZ (PDL)
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Misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Papa - Dichiarazioni di voto a titolo personale e di Alfonso Papa
Parlano: Calogero Mannino, Rita Bernardini, Alfonso Papa
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Argomenti:   #autorizazione ,        #camera dei deputati ,        #casta ,        #corruzione ,        #papa ,        #parlamento ,        #politica

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